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Officine CST (Cerberus Capital Management) cambia pelle e si trasforma da servicer a investitore


Paolo Gesa

Officine CST, società presieduta da Roberto Nicastro, specializzata nella gestione di crediti sia in bonis sia deteriorati verso la pubblica amministrazione, il mercato retail e corporate, il cui azionista di riferimento è il fondo Cerberus Capital Management, cambia pelle e si trasforma da servicer a investitore finanziario con l’obiettivo di comprare soprattutto crediti commerciali problematici verso la PA.

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Lo ha spiegato a BeBeez l’amministratore delegato Paolo Gesa, che ha detto: “Sino a luglio 2024 gestivamo crediti che venivano acquistati da spv di cartolarizzazione, che emettevano note asset-backed, con le note senior che venivano sottoscritte da banche commerciali e le note junior direttamente da Officine CST. Tra conto terzi e conto proprio siamo arrivati ad avere oggi circa un miliardo di euro lordi di asset in gestione, suddivisi al 50%. Poi abbiamo deciso di dividere in maniera netta la gestione operativa, che resta in capo a Officine CST, dal portafoglio di investimento, che è stato trasferito a un fondo di diritto italiano di nuova costituzione, strutturato appoggiandoci a una sgr italiana e di cui Officine CST è advisor. Da quel momento abbiamo iniziato a investire nelle abs di cartolarizzazione soltanto attraverso il fondo, i cui quotisti sono i soci di Officine CST”. E quindi Cerberus e il management, in particolare il fondatore e vicepresidente Gianpiero Oddone.

Ha aggiunto Gesa: “Sinora Officine ha investito circa 220 milioni di euro dal 2018 (anno dell’ingresso di Cerberus), ha incassato quasi 300 milioni e ha ancora parecchio da incassare. Il focus di investimento sono soprattutto i crediti commerciali verso la PA in particolare verso le amministrazioni che pagano meno puntualmente, quindi quelle del Centro-Sud, ma una quota di investimenti va anche nei crediti fiscali”. Quanto alla piattaforma fintech Creho, costituita e gestita da Officine per intermediare in maniera automatica i crediti, “il suo ruolo è divenuto quindi marginale”.

La costituzione del fondo, questa che rende evidente anche che l’investimento di Cerberus in Officine CST è di tipo più strategico che finanziario, con il colosso Usa dell’asset management alternativo che attraverso le gestione di Officine CST andrà scommettere sull’incremento di valore del portafoglio di asset del fondo e sarà quindi quello a essere eventualmente rivenduto sul mercato oppure incassato, una volta lavorato.

“Le opportunità in questo mercato paiono ora ancora più interessanti, alla luce di una prima sentenza emessa lo scorso gennaio dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato lo stato italiano a pagare il debito in default di un comune in dissesto, debito che è ora dovuto a una banca, che l’aveva acquistato a suo tempo”, ha detto ancora Gesa, sottolineando che “si tratta di un precedente molto interessante per i creditori della PA, perché è la prima volta che questo principio viene riconosciuto anche quando il creditore è un investitore finanziario”. Detto questo, ha aggiunto Gesa, “la Corte non è un organo dell’Unione Europea, ha certo una valenza politica significativa e un governo non può ignorarla completamente, ma qui a dire che in automatico la sentenza verrà rispettata forse è troppo ottimistico”. In ogni caso, “proprio inserendoci in questo filone, anche noi come Officine CST abbiamo presentato ricorsi alla Corte su un monte crediti per diverse decine di milioni“, ha concluso Gesa.

La sentenza a cui fa riferimento Gesa è quella emessa lo scorso gennaio a favore di Banca Sistema, così come spiegato dalla stessa banca quotata a Piazza Affari in un comunicato stampa, in cui ha riferito che la sentenza è arrivata “a definizione del giudizio promosso nel 2023 dallo studio legale Ontier Italia per conto della banca e funzionale a far accertare dalla Corte la violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali“. Le violazioni in questione derivano dall’inadempimento da parte di un ente territoriale in dissesto alle obbligazioni di pagamento riconosciute anche in provvedimenti giudiziari definitivi e risalenti nel tempo, ottenuti per un ammontare di oltre 61 milioni di euro di capitale, oltre interessi di mora stimati, al 31 dicembre 2024, nella misura di 43,7 milioni e le spese legali. Con la Sentenza la Corte ha quindi espressamente dichiarato “che lo stato convenuto, entro tre mesi, deve garantire con misure adeguate l’esecuzione dei provvedimenti giudiziari interni ancora pendenti”. La nota di Banca Sistema spiega inoltre che, sulla base della normativa nazionale, lo Stato italiano, una volta effettuato il pagamento in favore della banca, potrà agire in rivalsa nei confronti del debitore originario. Non solo. In questo contesto, a oggi Banca Sistema ha già promosso dinanzi alla Corte altri ricorsi analoghi, che vedono come debitore originario inadempiente entità tutte riconducibili alla Pubblica Amministrazione (ivi compresi altri enti territoriali in dissesto), per un ammontare complessivo pari a ulteriori 27 milioni di capitale, che hanno prodotto interessi di mora, stimati al 31 dicembre 2024 in circa 19 milioni.

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