In Italia, chi lavora in modo regolare continua a essere gravato da un carico fiscale superiore alla media dei paesi avanzati. È quanto emerge dal nuovo rapporto “Taxing Wages” dell’Ocse pubblicato ieri e relativo al 2024, che misura ogni anno la distanza tra il costo del lavoro per le imprese e il reddito netto effettivamente percepito dai lavoratori.
Per un lavoratore senza figli e con uno stipendio medio, il cuneo fiscale è stato pari al 47,1 per cento del costo totale del lavoro: l’aumento rispetto all’anno precedente è di 1,6 punti percentuali ed è il più significativo tra tutti i paesi analizzati. L’Italia si colloca così tra i paesi con il prelievo più elevato, dietro solo a Belgio, Germania e Francia, ben al di sopra della media Ocse del 34,9 per cento.
Il dato migliora per le famiglie con figli, grazie a detrazioni e trasferimenti. Per una coppia con due figli e un solo reddito, il cuneo scende al 35,4 per cento, comunque sopra la media Ocse del 25,7 per cento.
I salti di aliquota
Una novità di quest’anno, che emerge da una lettura dei dati dell’Ocse, riguarda la dinamica del salario medio: in Italia, il lavoratore “tipo” ha registrato un aumento retributivo in grado di far crescere il salario reale al netto dell’inflazione ma che ha portato il salario medio nominale poco sopra i 35.000 euro, una soglia cruciale. Fino a 35.000 euro, infatti, è prevista una riduzione sui contributi sociali a carico dei lavoratori, misura introdotta come intervento temporaneo nel 2023 e prorogata per il 2024.
Tuttavia, superare anche di poco quella soglia comporta la perdita completa del beneficio. Questo spiega perché, nel 2024, l’Italia risulta il paese Ocse dove il cuneo fiscale per un single al salario medio è cresciuto di più rispetto all’anno precedente. Non perché siano cambiate le aliquote o le regole fiscali, ma perché la crescita dei salari ha fatto “scivolare” il lavoratore medio sopra la soglia dello sconto contributivo.
Dal punto di vista del disegno delle politiche fiscali, questa struttura presenta importanti criticità. Avere una soglia netta oltre la quale il beneficio sparisce del tutto — invece di prevedere una riduzione graduale solo sul reddito eccedente — crea tassi marginali effettivi localmente molto alti.
In pratica, guadagnare anche solo pochi euro in più può ridurre in modo sproporzionato il reddito netto disponibile. Questo rischia di disincentivare l’aumento dei salari, incoraggiare forme di retribuzione alternativa (come i buoni pasto) o alimentare pratiche elusive. È un problema noto nel disegno dei sistemi fiscali, dove si preferisce, per ragioni di efficienza, evitare bruschi salti di imposizione.
Se c’è un aspetto positivo, è che questa dinamica contribuisce a riportare l’attenzione su una distorsione che si è cristallizzata nel tempo: l’estensione di anno in anno di misure nate come temporanee per alleggerire il costo del lavoro sui redditi più bassi, senza però una revisione strutturale del sistema.
Gli altri aspetti del sistema
Accanto a questo, continua il processo di razionalizzazione dei trasferimenti familiari. L’Assegno unico e universale per i figli, introdotto nel 2022, ha sostituito bonus e detrazioni frammentate. L’importo massimo nel 2024 è stato aggiornato a 199 euro al mese per i redditi più bassi, riducendosi progressivamente fino a circa 57 euro per quelli più alti.
Secondo l’Ocse, la misura ha reso il sistema italiano più simile a quelli di altri paesi europei. Resta infine il tema della complessità: l’intreccio di Irpef, addizionali locali, detrazioni e crediti d’imposta rende difficile per i contribuenti comprendere il proprio carico fiscale effettivo. A Roma, ad esempio, l’addizionale regionale e quella comunale insieme superano il 4 per cento, senza contare l’Irpef nazionale.
Lezioni per il governo
In sintesi, il rapporto Ocse invita a non considerare chiuso il capitolo delle riforme fiscali. Nonostante i progressi, l’Italia resta un paese dove lavorare regolarmente comporta un peso fiscale elevato, specialmente per i redditi medio-alti.
Il rapporto Ocse mostra infatti come negli ultimi 25 anni il carico fiscale sia sceso per i redditi sotto la media, sia rimasto stazionario per quelli intorno alla media e sia invece salito per quelli sopra la media: e, se l’Italia si colloca tra i paesi che più hanno abbattuto il costo del lavoro per i redditi medio-bassi, appartiene anche al gruppo in cui più è aumentato il peso fiscale sui medio-alti. Questo è quindi un primo urgente fronte di intervento per il governo e il parlamento.
Il secondo riguarda invece il disegno degli strumenti redistributivi, che mostrano ancora elementi di rigidità e iniquità che sarebbe necessario correggere con interventi più strutturali. Per esempio, il rapporto Ocse segnala come in Italia, e similmente in altri paesi, il sistema delle deduzioni abbia un effetto regressivo, operando cioè una redistribuzione al contrario che avvantaggia i redditi più alti (mentre invece le detrazioni aumentano la progressività del sistema).
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