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Riparte la caccia agli stagionali: nell’Isola 46mila posti disponibili


La sete di lavoratori cresce, ma a restare a bocca asciutta ogni anno sono sempre più aziende. L’Isola lo sa bene con l’avvicinarsi dell’estate: di posti di lavoro disponibili ce ne sono a decine di migliaia, sempre di più. Ma a mancare sono i candidati idonei, anche per le mansioni meno qualificate.

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E così da qualche settimana è ripartita la caccia alle figure da impiegare durante la stagione turistica. Che siano camerieri tra i tavoli di un ristorante o autisti per i servizi di consegna pacchi, commessi per i negozi di abbigliamento o addetti alle pulizie negli alberghi.

I NUMERI – Il report mensile di Infocamere, basato sulle richieste che le stesse aziende fanno ai centri per l’impiego locali, conferma il cortocircuito: i contratti pronti a essere firmati in Sardegna entro giugno sarebbero oltre 46mila, quota record e circa 1.600 in più rispetto all’anno scorso. Il settore trainante come anticipato è il turismo, ma sulla scia del successo vacanziero prosperano anche i servizi alle imprese, la logistica, la manifattura e l’autotrasporto. Comparti che proprio ora cercano disperatamente di ingrossare gli organici in vista della stagione calda, ma che nel 46% dei casi, sempre secondo Infocamere, non riescono nell’impresa.

LE RICERCHE – «Molti imprenditori della ristorazione hanno ormai fatto di necessità virtù», ammette Emanuele Frongia, presidente regionale della Fipe-Confcommercio. «Si sono mossi in anticipo per cercare il personale necessario e chi non è riuscito a riempire tutte le caselle vuote ha rimodulato orari di apertura per restare aperti». Una penuria di personale che stride con l’altra faccia della medaglia del settore dove moltissimi imprenditori lamentano un fenomeno tanto paradossale quanto diffuso come quello di disertare i colloqui di lavoro. «Solo il 20% di chi fissa un appuntamento, poi lo rispetta», dicono alcuni ristoratori del centro di Cagliari. C’è comunque qualcosa di apparentemente inspiegabile nel mondo del lavoro perché la difficoltà di reperimento dei dipendenti coinvolge tutti i settori e non può essere giustificata solo dalla scarsa offerta economica proposta dalle aziende.

REBUS STIPENDI – Francesco Porcu, segretario regionale della Cna, lo ripete da tempo: «L’inadeguatezza dei salari è un fenomeno nazionale che colpisce più duramente il Mezzogiorno, e con esso la Sardegna, per la mancanza di un tessuto produttivo che spinga anche le retribuzioni». Il rappresentante delle imprese preme sullo stesso tasto: «Il turismo, sebbene trainante in Sardegna, non può di certo fare a meno della quota di precari e stagionali e per questo motivo ha margini di miglioramento produttivo limitato rispetto ad altri comparti come industria e manifattura perché può andare avanti con manovalanza poco qualificata la quale può ambire a sua volta a stipendi bassi». La strada da percorre è quindi necessariamente quella dell’innovazione: «L’Isola deve uscire da uno stato che potremmo definire di “sottosviluppo” produttivo», dice Porcu. «Senza investimenti non c’è produttività né innovazione, tantomeno crescita e quindi capacità di intercettare manovalanza qualificata ed esperta».

Futuro Vittorio Pelligra, professore ordinario di Politica Economica all’Università di Cagliari, ribadisce il concetto con ancora più concretezza. «L’aumento dei salari per milioni di italiani non è gratis ovviamente. Qualcuno dovrà pagarlo. E se le tasse possono servire ad aiutare le fasce più deboli a mantenere un potere di acquisto dignitoso, per il resto dei lavoratori l’unico modo è aumentare la produttività delle imprese che li hanno assunti e possono aumentare loro gli stipendi, ma solo con le condizioni giuste». L’economista sa però che non si tratta di un processo che può essere avviato dall’oggi al domani. «Aumentare la produttività di un Paese necessita decenni, indispensabili per investire sulla ricerca e l’innovazione per far crescere le imprese. Ma anche sull’istruzione e sulla dispersione scolastica per migliorare la formazione degli aspiranti lavoratori. Insomma, deve essere il frutto di un lavoro di lungo respiro che solo una strategia condivisa tra istituzioni, sindacati e aziende può portare avanti con successo»

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