Otto top manager su 10 desiderano una collaborazione industriale maggiore fra i due Paesi. Benefici anche per l’Ue. L’indagine Ipsos-Cci
L’unione fa la forza, soprattutto fra vicini di casa e quando il contesto internazionale genera incertezza. I top manager delle aziende italiane e francesi si augurano di collaborare di più, perché l’intesa porta vantaggi: nell’innovazione di processo e di prodotto, per esempio, ma anche nella sostenibilità della filiera e, soprattutto, nel potere negoziale, leggi rapporti fra Stati Ue e fra Ue e Usa. Lo dice il sondaggio «Il valore della relazione tra aziende italiane e francesi», condotto da Ipsos per la Cci France Italie, la Camera di commercio Francia Italia, nel marzo scorso, su un campione di 200 imprese rappresentate nei due Paesi (100 francesi e 100 italiane) e interviste online ai manager apicali.
La ricerca sarà presentata il 6 maggio a Milano, a Palazzo dei Giureconsulti. I risultati non sono scontati.
L’effetto win-win
L’87% delle aziende francesi dichiara «desiderabile» (l’81% «abbastanza» e il 6% «assolutamente») una maggiore collaborazione industriale fra i due Paesi. Simile e più marcato il risultato delle aziende italiane: l’84% ritiene auspicabile una maggiore collaborazione, il 66% «abbastanza» e il 18% «assolutamente». Più della metà del campione (59% Francia, 56% Italia) ritiene che questo porti vantaggi reciproci, «win-win», in particolare nella «collaborazione strategica e geopolitica» (vuol dire maggior potere negoziale, filiera più competitiva, più scambi commerciali) e nell’«innovazione e competitività».
Già oggi il giudizio sulla collaborazione imprenditoriale Italia-Francia supera la sufficienza: da zero a dieci, danno voto 6,4 le aziende francesi e un po’ più alto — 6,6 — le italiane. Per tre aziende su dieci è soprattutto la qualità dei prodotti ad accomunare i due Paesi e se per più di una su due gli investimenti sull’intelligenza artificiale sono «un cruciale ambito di prossimità», è la spinta verso la transizione digitale «il maggior punto di contatto».
Il valore dell’Ue
«Si riconosce il valore implicito dell’Unione europea e il maggior potere negoziale che si ottiene lavorando insieme — dice Ilaria Ugenti, corporate reputation leader di Ipsos —. La collaborazione favorisce sia gli scambi sia le filiere, le sinergie sono concrete». Interessante il relativo ottimismo che emerge dall’indagine. Alla domanda: «Fra cinque anni come sarà la relazione fra aziende italiane e francesi?», la risposta è infatti: «Migliori» o «Decisamente migliori» per oltre quattro aziende su dieci (42% francesi e 48% italiane) . Tra i benefici nel medio periodo, oltre al «proseguimento nell’innovazione» e all’«aumento della solidità finanziaria», emerge (soprattutto da parte delle imprese italiane, in molte vi hanno investito) l’attenzione all’ambiente: «concordare standard ambientali comuni», «sviluppare prodotti che rispettano l’ambiente», «ridurre le emissioni», «favorire filiere sostenibili». I manager francesi dicono anche «trattare in modo equo i lavoratori».
I casi da Chiesi a Leonardo, da Essilux a Euronext
Fra gli investimenti significativi italiani in Francia, il Rapporto economico 2024 della Cci France Italie cita Chiesi, che ha investito dieci milioni generando 100 posti di lavoro nel proprio impianto nella Valle della Loira; Leonardo che con Atr, partecipata alla pari con Airbus, ha annunciato 150 assunzioni; Riva, acciaio, che ha investito 30 milioni nella decarbonizzazione di due impianti locali; Zambon, con 86 milioni d’investimenti previsti nel 2024-2028 e 90 occupati in un nuovo stabilimento; Marcegaglia, scelta dal Tribunale di Strasburgo per rilanciare il sito di Ascometal di Fos-sur-Mer. E tra le alleanze Italia-Francia sono indicate Essilor Luxottica, Euronext, Naviris (Fincantieri e Naval Group).
«I risultati dell’indagine confermano la profondità e la resilienza delle relazioni economiche tra i due Paesi — dice Denis Delespaul, presidente di Cci France Italie —. In un contesto sempre più competitivo, una più stretta collaborazione può incidere sui mercati internazionali e nei processi decisionali europei, può contribuire a un’Europa economica più forte e coesa».
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