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Data center, un’occasione da 23 miliardi per PMI: perché l’Italia è strategica




Fonte foto: 123RF


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In un mondo in cui il volume dei dati è destinato a triplicare entro il 2028 – passando da 149 a oltre 394 zettabyte, secondo le proiezioni diffuse da Statista e IDC (International Data Corporation) – i data center rappresentano la spina dorsale invisibile dell’economia digitale, infrastrutture fondamentali per l’elaborazione, l’archiviazione e la distribuzione dei dati.


Nel cuore della rivoluzione digitale globale, l’Italia si trova in una posizione strategica per cavalcare questo cambiamento, con una potenziale ricaduta positiva su tutto il sistema produttivo, in particolare sulle piccole e medie imprese (PMI).

Perché i data center rappresentano un’opportunità per l’Italia

Secondo i dati pubblicati di Teha Group, il nostro Paese è oggi il quinto mercato europeo e il dodicesimo a livello globale per infrastrutture digitali, con una quota pari al 7,6% del totale europeo. Un risultato significativo che fotografa un’Italia sempre più attrattiva per gli investimenti in data center, grazie a un insieme di condizioni favorevoli che vanno dalla disponibilità di aree connesse e idonee alla costruzione, alla bassa latenza di connessione — tra le migliori in Europa — fino alla presenza di un modello energetico diversificato.

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Questi elementi, secondo l’analisi condotta dalla Community “Data Center Italia: il motore del futuro digitale del Paese”, promossa da Teha Group con il supporto di partner come Engie e Microsoft, potrebbero generare investimenti e un ritorno economico pari a 23 miliardi di euro, tra capitale pubblico, privato o misto destinato a realizzare un insieme di interventi in questo determinato settore (tra cui costruzione, approvvigionamento e messa in funzione di nuove infrastrutture server).

Non si tratta solo di tecnologia, ma di un’occasione concreta di rilancio economico. Il settore, secondo le stime, è destinato a triplicare l’occupazione nei prossimi 5 anni, generando nuove professionalità e offrendo sbocchi lavorativi qualificati, soprattutto per i giovani.

Un’occasione per le PMI

In questo scenario, le piccole e medie imprese italiane (PMI) — che rappresentano il 99% del tessuto produttivo nazionale — possono trarre enormi vantaggi dalla nuova ondata di investimenti. L’accesso a data center avanzati significa maggiore efficienza nell’elaborazione dei dati, maggiore sicurezza informatica e la possibilità di adottare tecnologie come l’intelligenza artificiale, il machine learning, l’Internet of Things e la blockchain senza dover sostenere direttamente i costi di infrastrutture complesse.

Molte PMI, soprattutto in settori come il manifatturiero, l’agroalimentare, il turismo e i servizi, potrebbero così accelerare la propria trasformazione digitale, rendendosi più competitive sui mercati internazionali. L’infrastruttura abilitante rappresentata dai data center potrà inoltre alimentare lo sviluppo di piattaforme digitali, e-commerce, sistemi gestionali basati su cloud e nuovi modelli di business.

Le sfide da affrontare

L’espansione dei data center in Italia, però, non è esente da ostacoli. La fotografia scattata da Teha Group evidenzia infatti alcuni punti critici che è urgente affrontare per non perdere questa finestra di opportunità.

Il primo nodo è quello della connettività. Sebbene in miglioramento, l’Italia soffre ancora di una copertura a macchia di leopardo, con aree industriali e zone rurali che faticano ad accedere a connessioni ultraveloci.

Il secondo riguarda la burocrazia. I processi autorizzativi per la realizzazione di nuove infrastrutture sono spesso lenti, complessi e non uniformi sul territorio. Serve una normativa chiara, orientata alle best practice, che favorisca gli investimenti, riducendo tempi e incertezze.

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C’è poi il nodo energetico, probabilmente il più delicato: il prezzo dell’elettricità per le imprese in Italia è oggi il più alto al mondo, con circa 0,54 euro per kWh, un costo che rischia di compromettere la competitività dell’intero sistema. In un settore ad alta intensità energetica come quello dei data center, l’elevato costo dell’energia rappresenta una barriera significativa.

Infine, la questione delle competenze: l’Italia è ancora indietro nella formazione in ambito scientifico e tecnologico. Solo il 18,5% dei giovani italiani tra i 20 e i 29 anni possiede una laurea in materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica), contro una media UE del 23%. Questo dato suggerisce la necessità di investire nella formazione tecnica e universitaria, per creare una forza lavoro all’altezza delle sfide del digitale.

Quindi, quello che emerge è un messaggio chiaro: l’Italia è a un bivio. Se saprà superare le barriere esistenti e cogliere il potenziale offerto dalla rivoluzione dei data center, potrà trasformare il proprio ruolo nel panorama digitale europeo e globale, creando benefici tangibili per le imprese e per l’economia.

Per le PMI, questo è il momento di guardare avanti, investire in competenze digitali, aprirsi all’innovazione e collaborare con gli attori dell’ecosistema. I 23 miliardi di investimenti non rappresentano solo una cifra: sono la misura di una trasformazione in atto che può portare l’Italia — e le sue imprese — a giocare da protagoniste nella nuova economia dei dati.





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