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Imprese e sindacati chiedono chiarimenti alla UE su paghe autisti


Cinque anni dopo l’adozione del Primo Pacchetto Mobilità dell’Unione europea e tre anni dalla sua piena applicazione, l’autotrasporto continua a navigare nell’incertezza riguardo alle regole sul distacco degli autisti. Pensate per garantire condizioni di lavoro eque in tutta l’UE, resse risultano ancora oggi complesse, frammentarie e scarsamente comprensibili. È in questo contesto che l’Iru e la Federazione Europea dei Lavoratori dei Trasporti Etf hanno lanciato un appello congiunto alla Commissione europea per chiedere una armonizzazione urgente delle informazioni sui salari minimi da corrispondere agli autisti distaccati.

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La richiesta è stata formalizzata in una lettera indirizzata a Roxana Mînzatu – vicepresidente esecutiva per i Diritti sociali, le Competenze, l’Occupazione di qualità e la Preparazione – e ad Apostolos Tzitzikostas, commissario europeo per i Trasporti sostenibili e il Turismo. Iru ed Etf, in qualità di partner sociali nel comitato europeo di dialogo sociale per il trasporto stradale, chiedono alla Commissione di farsi promotrice di un sistema più chiaro, uniforme e centralizzato per l’applicazione delle norme retributive.

Secondo Raluca Marian, direttrice per le attività di advocacy dell’Iru presso l’UE, il problema principale risiede nella mancanza di armonizzazione tra i 27 Stati membri: “Cinque anni dopo l’adozione del Primo Pacchetto Mobilità, datori di lavoro e lavoratori che operano attraverso i confini europei si trovano ancora a dover decifrare una miriade di normative nazionali”. Questa situazione compromette non solo la certezza del diritto, ma anche la concorrenza leale e il rispetto dei diritti degli autisti.

Il Primo Pacchetto Mobilità, approvato nel 2020, rappresenta la più ambiziosa riforma in materia di condizioni sociali per gli autisti nel settore del trasporto stradale. Le regole stabiliscono in quali circostanze un conducente è considerato “distaccato” in un Paese ospitante e, di conseguenza, ha diritto a una retribuzione non inferiore al minimo salariale previsto da quel Paese. Tuttavia, per attuare concretamente queste disposizioni, spetta ai singoli Stati membri definire in modo chiaro il livello minimo retributivo valido sul proprio territorio. Il risultato è un mosaico di regolamenti nazionali spesso difficili da comprendere, con informazioni disperse su siti diversi, talvolta obsolete o incomplete. Questa opacità normativa incide in modo particolare sulle piccole e medie imprese, che costituiscono la maggioranza del settore e non dispongono delle risorse necessarie per avvalersi di consulenze legali specialistiche.

Per superare questa situazione, Iru ed Etf propongono due strumenti concreti. Il primo è adottare un modello informativo unico a livello UE, da usare obbligatoriamente da parte di tutti gli Stati membri e diffusa da un portale unico della Commissione europea. Questo modello dovrebbe contenere dati completi, aggiornati e facilmente comprensibili sulla retribuzione minima nazionale e i suoi componenti. Il secondo strumento è un calcolatore europeo delle retribuzioni con relative linee guida, che consenta agli operatori di applicare le regole in modo omogeneo in tutta l’Unione.

Secondo le due organizzazioni, questi strumenti, se adottati, potrebbero ridurre significativamente l’incertezza legale, semplificare la vita agli operatori e rafforzare la coerenza del mercato unico europeo. “Il sistema attuale è così complicato che anche gli esperti fanno fatica a calcolare la retribuzione corretta”, ha affermato Marian. “Le aziende, soprattutto le più piccole, si trovano costrette a rivolgersi a consulenti esterni, con costi elevati e senza garanzie di evitare errori”.

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