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Dazi, Trump tratta con l’Europa dopo l’accordo con Londra: gli accordi


Il Regno Unito e gli Stati Uniti si sono accordati su un patto commerciale che, tra retorica patriottica e pragmatismo da esportazione, si presenta come “storico”. La firma cade con tempismo da manuale: l’anniversario della vittoria in Europa del 1945, giusto per aggiungere pathos. Keir Starmer ha parlato di “omaggio” all’alleanza transatlantica, mentre Donald Trump, con il consueto entusiasmo da piazza, ha celebrato “un grande accordo” che aprirebbe le porte del mercato britannico a miliardi di dollari di merci americane, in particolare agricole. Starmer, in collegamento, ha fatto la sua parte nel duetto, promettendo commercio florido, posti di lavoro salvi e altri in arrivo.

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Mentre Londra brinda, a Bruxelles si contano i potenziali danni collaterali. L’accordo a due, che scavalca il mercato unico e ignora qualsiasi coordinamento con l’Unione Europea, arriva come un colpo di clacson nel traffico diplomatico europeo.

L’Italia si ritrova in una posizione ancora in bilico: esposta su settori chiave, dal meccanico all’agroalimentare. I dettagli dell’intesa restano nebulosi, ma le conseguenze iniziano già a delinearsi. A cominciare da un nuovo disequilibrio competitivo che rischia di spostare flussi commerciali e investimenti fuori dal perimetro comunitario.

Cosa prevede l’accordo Usa-Uk sui dazi

Secondo quanto trapelato, Washington toglierà immediatamente i dazi del 25% su acciaio e alluminio britannici, mentre le auto made in Uk beneficeranno di uno sconto tariffario generoso: dal 27,5% al 10%, ma solo per le prime 100 mila unità l’anno. Oltre quella soglia, tornano i vecchi balzelli. In cambio, Londra mette mano al portafoglio e promette 10 miliardi di dollari in ordini Boeing. Non solo: Downing Street promette di sbrogliare il groviglio di norme che finora hanno tenuto lontane le aziende americane.

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Dentro l’accordo ci finiscono anche i prodotti agricoli e i farmaci Usa, che troveranno un’accoglienza più morbida, a differenza dell’Italia, grazie a standard armonizzati e corsie preferenziali. Il tutto avvolto nel rassicurante packaging della “sicurezza delle filiere strategiche”. Da segnalare, per chi cerca sostanza oltre l’etichetta, che si tratta ancora di un accordo quadro: i dettagli sono in fase di lievitazione.

Pressione sugli alleati Ue: Trump rilancia la sfida del commercio bilaterale

L’accordo sui dazi tra Washington e Londra segna il debutto più rumoroso dell’ennesima stagione protezionista americana. Trump, proprio nei primi giorni del mandato, ha ripreso a colpire Bruxelles, accusandola di giocare sporco e minacciando dazi a pioggia. Poi ci ha ripensato, poi ancora ha cambiato idea. A poche ore dalla stretta di mano con Londra, ha annunciato di voler sedersi anche con l’Europa, ma a modo suo: prima le condizioni, poi il dialogo.

A Bruxelles, la risposta è stata a metà tra la compostezza istituzionale e l’irritazione strategica. La Commissione ha tirato fuori il libretto delle regole, attivando un ricorso al Wto, e intanto ha lucidato una lista da 95 miliardi di euro in ritorsioni commerciali, parcheggiata ma pronta a scattare.

Sul tavolo anche il piano B: dialogo, ma senza concessioni gratuite. Tajani a tal proposito ha ricordato che serve un fronte europeo coeso, per non farsi travolgere da una dinamica che parla più americano che multilaterale.

Europa a rischio: impatto economico dell’accordo Usa-Uk sull’export Ue

L’accordo Usa-Uk introduce un cortocircuito competitivo che rischia di penalizzare l’industria europea con una certa brutalità. I produttori britannici, grazie a corsie preferenziali su acciaio e alluminio, si ritrovano con un vantaggio tariffario che le imprese siderurgiche dell’Ue possono solo guardare da lontano.

Intanto, Londra e Washington si abbracciano anche su tecnologia e aerospazio. Più che un’intesa, un invito a cena esclusivo dal quale Bruxelles è stata elegantemente esclusa. I fornitori europei rischiano di finire fuori menù.

E sul versante agroalimentare, l’apertura del mercato britannico alle carni e al mais americani esclude chiaramente i prodotti continentali.

Quanto può perdere l’Italia: stime su export, Pil e occupazione

Uno scenario di guerra dei dazi con Washington potrebbe frenare la crescita dell’export italiano, con impatti su occupazione e investimenti. Bankitalia e Confindustria stimano che dazi prolungati possano sottrarre fino a qualche decimo di Pil nel 2025.

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Il governo italiano, per ora, mantiene una linea prudente. Il Ministro dell’Economia Giorgetti ha chiesto un coordinamento a livello G7 e maggiore flessibilità Ue sul bilancio per eventuali aiuti alle imprese colpite. Tajani spinge per una risposta europea unitaria e per negoziati serrati con Washington, mentre si discutono possibili misure di sostegno e promozione sui mercati alternativi.





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