Con l’ordinanza n. 8120 del 27 marzo 2025, la Corte di Cassazione interviene nuovamente su un tema cruciale del diritto tributario italiano: l’inerenza dei costi ai fini della loro deducibilità fiscale.
La pronuncia ribadisce un orientamento che va oltre gli aspetti formali legati agli atti societari, ponendo l’accento sulla sostanza economica delle operazioni poste in essere dall’impresa.
Inerenza per il costo deducibile: la rilevanza della concreta operatività dell’impresa
Il giudice di legittimità ha ribadito che per poter considerare un costo deducibile è necessario che esso si leghi funzionalmente all’attività economica realmente esercitata dall’impresa. Il criterio guida è rappresentato dalla relazione tra il costo sostenuto e la produzione del reddito, che deve essere concreta, indipendentemente dalla corrispondenza formale con lo statuto o con l’oggetto sociale.
Questa impostazione mira a contrastare ogni approccio meramente formalistico, valorizzando invece l’effettiva dinamica economica dell’impresa. L’attività concretamente svolta, più che la semplice enunciazione statutaria, rappresenta il parametro per verificare la coerenza tra spesa e reddito d’impresa.
Inerenza: un principio “inespresso” ma fondamentale
Nel dibattito giurisprudenziale e dottrinale, si è spesso associata la nozione di inerenza della spesa all’articolo 109, comma 5, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Tale norma prevede che le componenti negative siano deducibili solo se correlate ad attività o beni da cui derivano ricavi fiscalmente rilevanti.
Tuttavia, secondo l’interpretazione più recente delle sezioni tributarie della Cassazione, questo riferimento normativo non esaurisce il tema. Piuttosto, esso riguarda un principio distinto: quello della non deducibilità dei costi afferenti a ricavi esclusi o esenti.
Il concetto di inerenza, pur privo di una formulazione esplicita nel corpo legislativo, trova fondamento in principi generali del sistema fiscale.
Esso è implicito nella determinazione del reddito d’impresa, ed è legato al principio costituzionale di capacità contributiva, sancito dall’art. 53 della Costituzione. In questa prospettiva, la spesa è inerente se vi è un collegamento oggettivo con l’attività di impresa, intesa come processo produttivo finalizzato alla generazione di reddito.
L’orientamento giurisprudenziale sulla prova dell’inerenza
Uno degli aspetti centrali chiariti dalla recente ordinanza riguarda il riparto dell’onere probatorio. È il contribuente a dover dimostrare che i costi sostenuti siano effettivamente inerenti alla propria attività produttiva. Tale prova deve riguardare non solo l’esistenza della spesa, ma anche la sua natura, la motivazione economica e la concreta destinazione alla produzione del reddito.
La Corte precisa che, nel valutare l’inerenza, non va attribuito rilievo né all’utilità effettiva o potenziale del costo, né alla congruità della spesa rispetto al risultato ottenuto. La verifica dell’inerenza si sviluppa su un piano qualitativo, che tiene conto del nesso funzionale con l’attività d’impresa, escludendo valutazioni di tipo quantitativo.
Discrezionalità imprenditoriale e limiti fiscali
L’impostazione accolta dalla Corte Cassazione lascia spazio alla discrezionalità dell’imprenditore nella gestione delle risorse aziendali, ma entro i confini dettati dalla logica produttiva. L’impresa è libera di sostenere spese anche non immediatamente remunerative o non strategiche, a condizione che esse siano collegate alla sfera economica aziendale.
La spesa, anche se apparentemente “inutile” o non direttamente proficua, può essere comunque riconosciuta come deducibile, se funzionalmente inserita nel ciclo operativo dell’impresa. L’elemento dirimente è che essa non sia estranea alla finalità imprenditoriale di produzione di reddito.
Il ruolo della giurisprudenza nella costruzione del concetto
L’evoluzione giurisprudenziale ha avuto un ruolo determinante nel definire i confini del principio di inerenza. Le pronunce della Suprema Corte – tra cui si può citare anche la n. 450/2018 – hanno consolidato l’idea che l’inerenza non sia una variabile accessoria, ma una componente essenziale nella qualificazione del reddito d’impresa.
Ciò significa che un costo può dirsi deducibile non perché contemplato dallo statuto societario o formalmente rientrante nell’oggetto sociale. Ma solo se rientra nel perimetro operativo effettivo dell’impresa. Questo approccio evita manipolazioni o distorsioni strumentali legate a formalismi statutari.
Inerenza costi: verso una visione sostanziale della fiscalità d’impresa
La recente ordinanza della Cassazione rafforza una linea interpretativa orientata alla sostanza economica dell’attività imprenditoriale. In quest’ottica, la deducibilità fiscale dei costi non può che passare da una verifica concreta della loro pertinenza al ciclo economico dell’impresa.
L’assenza di un vantaggio diretto o l’apparente sproporzione della spesa non costituiscono ostacoli alla deduzione, purché la stessa sia giustificata e documentata come funzionale alla produzione del reddito.
In definitiva, la pronuncia n. 8120/2025 rappresenta un importante punto di riferimento per professionisti, imprese e operatori fiscali. Essa riafferma un principio di chiarezza e coerenza, con cui il sistema tributario italiano persegue l’equilibrio tra autonomia imprenditoriale e legalità fiscale.
Riassumendo
- La Cassazione valorizza la sostanza economica dell’attività rispetto alla forma statutaria.
- Un costo è deducibile se funzionalmente collegato alla produzione del reddito.
- L’inerenza è un principio implicito, legato alla capacità contributiva dell’impresa.
- Non serve un vantaggio economico diretto per dimostrare l’inerenza.
- L’onere della prova sulla deducibilità grava interamente sul contribuente.
- La discrezionalità imprenditoriale è ammessa solo se coerente con l’attività produttiva.
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