Assistenza e consulenza

per acquisto in asta

 

Industria acciaio: la sfida della rinascita tra integrazione di filiera e intelligenza artificiale. Con Bernabè, Marcegaglia e…


Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

Stabilimento di Marcegaglia, uno dei principali player della siderurgia italiana.

L’acciaio? In Europa abbiamo smantellato la capacità di programmazione industriale. Ora dobbiamo ricostruirla, con strumenti adeguati e strategia a lungo termine». Lo pensa Franco Bernabè, manager, economista, presidente di Acciaierie d’Italia ed ex dirigente pubblico italiano, noto soprattutto per il suo ruolo ai vertici di grandi aziende come Eni, Telecom Italia, FB Group e altro. La governance di Bruxelles è “accusata” di aver cancellato ogni capacità di visione strategica, soffocando le imprese con burocrazia e norme scollegate dalla realtà produttiva. A questo si aggiunge la mancanza di coesione tra Stati membri, dominati da logiche nazionalistiche, e un approccio ideologico alla transizione ecologica.

L’acciaio incarna tutte le contraddizioni del sistema manifatturiero continentale; e il comparto siderurgico è un termometro preciso delle fragilità e delle sfide dell’industria europea nel suo complesso. I numeri dicono tutto. Nel 2024, la produzione di acciaio in Italia ha registrato un ulteriore calo, confermando il trend negativo iniziato nel 2022.

Secondo i dati di Federacciai, la produzione italiana si è attestata attorno a 20 milioni di tonnellate, con una flessione di circa il 3-4% rispetto al 2023, penalizzata soprattutto dal rallentamento della domanda interna, dagli alti costi energetici e da un contesto geopolitico incerto. A livello europeo, la situazione non è migliore: l’UE27 ha chiuso l’anno con una produzione complessiva intorno a 126 milioni di tonnellate, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Ma quali “strumenti” occorrono per risollevare le sorti dell’acciaio europeo e quindi italiano? Ci sono due leve fondamentali.

Made in Steel 2025 ha superato le aspettative, come sottolineato nel proprio intervento il ceo di siderweb che ha organizzato l’evento. Quest’anno hanno partecipato 387 aziende espositrici, il 21% in più rispetto all’edizione del 2023, il 35% proveniente dall’estero.

Anzitutto, per l’acciaio europeo, innovare non è più un’opzione ma una necessità vitale. Intelligenza artificiale, digitalizzazione e nuove competenze sono gli strumenti per affrontare un mondo in rapido cambiamento. Lo pensa, ad esempio, il presidente e ceo di Marcegaglia Steel Antonio Marcegaglia: «L’acciaio ha un futuro, purché sappia – come già dimostrato – innovare, ridefinirsi, adattarsi». In secondo luogo, l’integrazione: la filiera siderurgica deve superare frammentazioni storiche e individualismi per diventare un ecosistema coeso. L’integrazione tra imprese, territori e tecnologie è l’unico modo per affrontare le sfide ambientali, geopolitiche e produttive. Senza una visione condivisa, il rilancio dell’acciaio europeo resterà solo un’illusione.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

L’articolo trae spunto dall’evento “Industria & Acciaio 2050: sguardo al futuro” tenuto nel contesto di Made in Steel, la più importante conference & exhibition del Sud Europa dedicata alla filiera dell’acciaio. È organizzata da Siderweb – La community dell’acciaio, una piattaforma italiana di riferimento per l’informazione e l’analisi del settore siderurgico. All’evento di qualche giorno fa a Milano hanno partecipato, oltre che i citati Franco Bernabè e Antonio Marcegaglia, anche il docente di Economia Aziendale all’Università di Brescia Mario Mazzoleni, il membro del comitato esecutivo di Ori Martin Roberto De Miranda, la presidente di Abs e vice-presidente del Gruppo Danieli Camilla Benedetti, il presidente del gruppo Manni Francesco Manni, e l’amministratore delegato di Pipex Italia Luigi Cuzzolin.

Senza una strategia industriale europea la filiera siderurgica rischia il declino

Franco Bernabè, manager ed economista, ha guidato grandi aziende come Eni, Telecom Italia e FB Group, lasciando un segno nel panorama industriale italiano.

Come accennato, Franco Bernabè punta il dito contro il vuoto strategico lasciato dalle istituzioni europee negli ultimi trent’anni. Un vuoto che oggi si traduce in mancanza di visione, assenza di strumenti concreti e confusione normativa, proprio in un momento in cui l’industria avrebbe più che mai bisogno di certezze per affrontare sfide epocali come la transizione energetica, la crisi delle materie prime e la concorrenza dei giganti asiatici. Antonio Marcegaglia invita però a evitare derive protezionistiche e nazionaliste, riconoscendo la necessità di un’azione strategica che guardi oltre i confini dell’Unione. «Dobbiamo evitare una chiusura autarchica» afferma, spiegando come oggi siano le alleanze di filiera, anche internazionali, a rappresentare l’unica strada possibile per rafforzare il posizionamento europeo in uno scenario sempre più globale e frammentato. Per entrambi, la debolezza dell’Europa non è legata alla mancanza di potenziale, ma a limiti strutturali e culturali. «La produzione di norme, decreti, regolamenti da parte dell’Unione europea soffoca l’impresa», continua Bernabè, che pur riconoscendo i segnali positivi di un nuovo dialogo tra Commissione e imprenditori, denuncia una burocrazia paralizzante che impedisce alle aziende di investire con visione e rapidità. Marcegaglia, da parte sua, individua nel deficit di coesione tra gli Stati membri e nel peso preponderante di alcuni Paesi, in particolare la Germania, un ostacolo all’elaborazione di una vera politica industriale europea: «Prevalgono nazionalismi e interessi dei singoli Paesi. Serve coesione nelle politiche e coraggio nelle scelte industriali». Un coraggio che, secondo l’industriale, non significa distribuire sussidi a pioggia, ma mettere in campo investimenti abilitanti, norme chiare e standard comuni, capaci di generare valore e attrarre capitali.

Antonio Marcegaglia, ceo di Marcegaglia Steel.

A proposito di norme, molta preoccupazione desta tra gli industriali dell’acciaio il Cbam, (Carbon Border Adjustment Mechanism), o Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, uno strumento introdotto dall’Unione Europea con l’obiettivo di evitare la “fuga del carbonio”, cioè la delocalizzazione della produzione verso paesi con standard ambientali più permissivi. In pratica, il Cbam impone un costo sulle importazioni di determinati beni – tra cui l’acciaio – calcolato sulla base delle emissioni di CO₂ incorporate nei prodotti provenienti da paesi extra-UE. Per Marcegaglia «a partire dal 1° gennaio 2026 saremo tutti coinvolti nel pagamento del Cbam — chi in misura maggiore, chi in misura minore, sia chi importa sia chi non importa. Ma non abbiamo ancora regole certe: persino tra le aziende europee regna incertezza su chi sarà soggetto al Cbam e chi no. Non c’è chiarezza su un meccanismo che potrebbe avere effetti molto pesanti sull’intero settore». Senza una strategia europea coesa, conclude Bernabè, «il rischio è che a pagare siano proprio quelle imprese che oggi, con competenza e dedizione, tengono in piedi la manifattura europea». E per Marcegaglia, la strada è tracciata: «Solo una filiera forte, aperta e integrata potrà garantire la tenuta e la crescita dell’acciaio europeo nel lungo periodo».

L’acciaio del futuro si forgia con innovazione e intelligenza artificiale

Si accennava al fatto che nel cuore delle trasformazioni che attraversano l’industria europea, l’innovazione emerge come la leva decisiva per affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento. A ribadirlo è Franco Bernabè: «La priorità assoluta è l’innovazione. Dobbiamo destinare risorse strutturate alla ricerca, allo sviluppo, all’innovazione tecnologica e culturale. Se continuiamo a sottovalutare il capitale umano, pagando un giovane ingegnere 1300 euro al mese, è inevitabile che perderemo talento e competitività». L’allarme è anche un appello: senza investimenti strutturati e continui nella capacità innovativa, l’Europa rischia di rimanere indietro, perdendo progressivamente il suo peso industriale. D’altra parte per Antonio Marcegaglia «l’acciaio deve essere in grado di innovare, trasformarsi e rispondere con flessibilità ai cambiamenti. È un percorso che abbiamo già intrapreso, e in cui ci troviamo in una posizione di vantaggio». Ma l’innovazione, oggi, ha un volto preciso: quello dell’intelligenza artificiale, che non può essere ignorata né temuta. «Sarebbe fallimentare cercare di ostacolarla. Dobbiamo porci delle regole, ma dobbiamo utilizzarla, affiancarla».

Mario Mazzoleni, docente di Economia Aziendale all’Università di Brescia, ha ribadito l’importanza di ma di costruire una vera e propria “intelligenza ibrida”, in cui l’elaborazione algoritmica supporta e potenzia l’intuito umano.

A delineare il ruolo dell’IA nel nuovo assetto industriale è Mario Mazzoleni. L’intelligenza artificiale non è una minaccia, ma un alleato, a patto di saperla integrare con consapevolezza. «Non dobbiamo temerla, ma usarla con la nostra intelligenza» afferma. Il cuore del cambiamento sta nell’approccio: non si tratta di delegare decisioni alle macchine, ma di costruire una vera e propria “intelligenza ibrida”, in cui l’elaborazione algoritmica supporta e potenzia l’intuito umano. Questa forma di intelligenza, spiega Mazzoleni, «non è una semplice somma tra la capacità umana e quella algoritmica, ma un nuovo modo di operare» in cui la tecnologia «amplia e accelera le intuizioni dell’uomo, senza sostituirle». In questo senso, l’innovazione non è solo tecnologica: è culturale, organizzativa, formativa. Richiede apertura mentale, investimenti nelle competenze, e soprattutto una visione capace di guardare oltre il breve termine. L’intelligenza artificiale, allora, non è un fine in sé, ma un mezzo per costruire un’industria più resiliente, reattiva e sostenibile. Una metodologia, non solo uno strumento: «un approccio che permette di valorizzare i dati e gli strumenti digitali mantenendo intatta l’autonomia del pensiero umano. Non si tratta di delegare alle macchine, ma di integrare le loro capacità nella visione, nella creatività e nel pensiero critico delle persone».
Oggi, più che mai, innovare significa mettere in relazione tecnologia, persone e strategia. Per il settore siderurgico – storicamente radicato ma in continua evoluzione – questo passaggio rappresenta una rivoluzione silenziosa ma profonda, che può fare dell’Europa non solo una testimone del cambiamento, ma una sua protagonista.

L’integrazione di filiera come leva strategica per la ripresa dell’acciaio europeo

Si diceva che in un contesto industriale sempre più instabile, segnato da turbolenze geopolitiche, pressioni ambientali e mutamenti strutturali della domanda, la filiera dell’acciaio europeo è chiamata a ripensarsi radicalmente. La parola chiave che emerge, con straordinaria convergenza da voci autorevoli del mondo industriale e accademico, è una sola: integrazione. Un’integrazione che non è solo tecnica, ma culturale, strategica e organizzativa, e che può rappresentare una delle principali leve per rilanciare la competitività dell’acciaio europeo nei prossimi anni. Mario Mazzoleni insiste sulla necessità di superare i modelli tradizionali di supply chain, basati su processi globali standardizzati e impersonali. L’attuale frammentazione delle catene del valore non è più sostenibile: «Il futuro sarà segnato dalla capacità di costruire alleanze strategiche di filiera, flessibili e interconnesse». Non si tratta solo di logistica o di efficienza produttiva, ma di «rivedere l’intero modello relazionale tra fornitori, produttori, clienti e territori», costruendo reti collaborative che garantiscano adattabilità e innovazione continua. In questo scenario, le “nicchie” assumono un ruolo chiave. «Sono spazi in cui l’economia di scala lascia il posto all’economia di scopo, in cui la personalizzazione del prodotto e la conoscenza del mercato fanno la differenza». Lungi dall’essere una possibilità marginale, le filiere rappresentano – afferma Mazzoleni – «non un’opportunità, ma una necessità». Ed è proprio nella visione di un sistema interdipendente che si colloca la possibilità di costruire un futuro industriale resiliente e sostenibile.

Camilla Benedetti, Luigi Cuzzolin, Roberto De Miranda e Francesco Manni durante l’evento “Industria & Acciaio 2050: sguardo al futuro” tenuto nel contesto di Made in Steel.

Una visione ampiamente condivisa da chi opera quotidianamente all’interno del settore. Ad esempio Roberto De Miranda, riferendosi alla frattura oggi esistente tra i grandi assemblatori di veicoli e il resto della catena, afferma che «vediamo una dicotomia molto profonda tra gli Oem, quindi i produttori di auto come Stellantis, Renault, Mercedes, e tutta la filiera». E ammonisce: «Dobbiamo metterci insieme, dobbiamo ragionare in ottica di verticalizzazione. Siamo tutti dalla stessa parte del fiume». Un appello alla coesione, anche per difendere quelle stesse “nicchie” di mercato che oggi, aggiunge, «sono attaccate anche dall’import da Turchia, Cina e India». Un passo avanti sul piano operativo lo propone Camilla Benedetti, che interpreta l’integrazione come una sinergia tra competenze e tecnologie. Parla del nuovo impianto Abs, esempio concreto di innovazione e interconnessione: «Una sala di controllo dove competenze diverse – di produzione, qualità e manutenzione – si uniscono per prendere decisioni in modo veloce e consapevole». L’integrazione, dunque, come processo di convergenza tra uomo e macchina, efficienza e sostenibilità, territorio e impresa. Una visione avanzata che si concretizza anche nella gestione del rottame, elevato a «materia prima strategica da governare in modo centralizzato, automatizzato, digitale».

Per Francesco Manni occorre spostare il discorso su un piano culturale e organizzativo. Per lui, l’integrazione non è solo verticale, ma anche strutturale: «Il futuro parlerà di integrazione. Noi abbiamo realizzato un modello atipico con una joint venture 50/50, superando gli individualismi di una generazione che non avrebbe potuto farlo col cuore, anche se forse con la mente sì». A livello operativo, denuncia la lunghezza e inefficienza della filiera nel settore edilizio e rilancia l’edilizia off-site: «Produrre fuori dal cantiere, portando in cantiere elementi già pronti, riduce tempi, costi, scarti e infortuni». In questo nuovo scenario, i centri di servizio non devono più essere fornitori passivi, ma «fornitori di soluzioni costruttive», capaci di integrarsi con le acciaierie sin dalla fase progettuale: «Se già in fase di progetto si potesse ipotizzare una campagna di laminazione, si risparmierebbe tempo e si eliminerebbe il turismo dell’acciaio».

Prestito personale

Delibera veloce

 

Anche Luigi Cuzzolin punta il dito sulla necessità di ridefinire il perimetro strategico dell’industria europea: «Ci potete dire onestamente quali sono le filiere industriali che volete mantenere in Europa?». Invita a «disegnare insieme delle mappe» nei mercati emergenti e chiede che anche il modo di fare impresa cambi dall’interno: «La filiera si deve integrare, produciamo tutti tutto, ma non possiamo più continuare a farlo ognuno per conto proprio». E, come molti altri, riconosce nell’intelligenza artificiale uno strumento cruciale per il cambiamento, a patto che sia compresa e adottata con consapevolezza: «L’intelligenza artificiale entra quando le aziende sono pronte, non è una minaccia ma un’opportunità». In definitiva, l’integrazione di filiera non è solo una risposta alla crisi, ma un progetto industriale per il futuro. Un modello in cui l’efficienza logistica incontra l’economia della conoscenza, la tecnologia si fonde con la cultura d’impresa e l’innovazione diventa il linguaggio comune. In questa prospettiva, l’acciaio europeo non è destinato al declino, ma a una nuova centralità, a condizione che sappia fare sistema e cogliere fino in fondo la sfida della trasformazione.

 

Acciaieria elettrica da 2,1 milioni di tonnellate, produzione diretta di acciaio e… Il futuro di Marcegaglia Steel con Antonio Marcegaglia

Con 800 milioni di euro il Gruppo avvia in Francia una produzione diretta di acciaio. Obiettivo: coprire un terzo del fabbisogno interno e rafforzare l’integrazione della filiera. Focus su decarbonizzazione con il progetto Adriatic CO₂. Nuovi materiali con il lancio del brand Cromatica e prospettive di crescita nel 2026. Nel 2024 ricavi a 6,8 miliardi ed Ebitda a 430 milioni. Ne abbiamo parlato con Antonio Marcegaglia, Ceo di Marcegaglia Steel



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura