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Le imprese meridionali guardano all’area Opec e ai mercati orientali


Da quando è scoppiata la guerra commerciale, dice Nicola Giorgio Pino, patron del Gruppo Proma, leader dell’automotive con quartier generale alle porte di Caserta e oltre il 60% di export, «su tutti i mercati mondiali prevale l’incertezza, gli investimenti e la loro pianificazione sono in stand by, non si capisce cosa succederà domani. Così non va bene». Soprattutto per chi, come la sua azienda, vende componenti auto anche in Messico e Canada (per colossi come Mercedes, Audi e Bmw), Paesi finiti nel mirino di Donald Trump sin dalla prima fase dell’accelerazione sui dazi.

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È per questo che la notizia della tregua tra Usa e Cina strappa all’industriale di origini calabresi un pizzico di ottimismo, il primo da mesi: «È un segnale incoraggiante dice Pino anche se bisognerà capire cosa dicono i nuovi accordi nel dettaglio. Naturalmente a noi interessa soprattutto che si rassereni il clima generale e si chiariscano i rapporti con l’Ue: non credo che al presidente americano convenga frenare le sue esportazioni in un mercato di 450 milioni di consumatori». Navigazione ancora a vista, insomma, sperando che il clima si rassereni anche nei rapporti tra Stati Uniti ed Europa. Di sicuro i principali settori dell’export meridionale, dall’agroalimentare al farmaceutico, che contribuiscono alla crescita sempre più rilevante delle vendite del Made in Italy all’estero (anche sui mercati extra Ue, come di recente certificato dall’Istat) provano a non restare del tutto alla finestra.

Il dialogo

«Abbiamo sempre sostenuto che la strada del dialogo fosse quella giusta per andare oltre la logica dei dazi e l’intesa tra Usa e Cina sul rinvio fa presagire una fase nuova da parte degli Usa, un clima diverso in cui ci sia spazio per annullare definitivamente l’imposizione di nuovi dazi anche sui prodotti del Made in Italy agroalimentare, come la nostra mozzarella di bufala campana Dop», dice Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di tutela. E aggiunge: «Gli Stati Uniti sono un mercato dalle straordinarie potenzialità, ancora da esplorare per noi, alle prese con le difficoltà logistiche di un prodotto fresco, ma su cui stiamo investendo. Non a caso a fine giugno saremo al Fancy Food di New York ancora una volta per diffondere l’unicità della Bufala Dop, anche rispetto a quelle prodotte in loco».

Nel caso della mozzarella di bufala campana Dop è però soprattutto il precedente del 2019 a incidere in chiave positiva sulle previsioni: «Già nel 2019 conferma Raimondo – proprio grazie a un costante dialogo con l’Us Dairy, che nel tempo abbiamo mantenuto, riuscimmo ad essere esclusi dalla lista dei prodotti destinatari di nuovi dazi. Stavolta è andata per ora diversamente ma teniamo vivo quel filo rosso che ci lega agli amici americani e contiamo sul comune interesse a incrementare il business tra le rispettive realtà». Rasserenare il clima con il dialogo è la strategia pressoché obbligata in questa fase. Ma intanto anche le imprese Sud che vanno all’estero si stanno guardando intorno, a caccia di nuovi mercati. «È una scelta fondamentale, sostenuta peraltro dal Governo e dal sistema Paese – spiega l’ambasciatore Mauro Battocchi, direttore generale per la promozione del Sistema Italia all’estero di cui è responsabile la Farnesina, ospite nei giorni scorsi del Festival nazionale del management svoltosi a Napoli – Bisogna far conoscere l’Italia in Paesi che hanno enormi opportunità per incrementare i nostri scambi commerciali.

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Penso all’India, dove si è svolta l’ultima missione organizzata dalla Farnesina, a Perù, a Zambia e Indonesia, realtà sulle quali punta il Piano varato dal ministro Tajani con tutte le Agenzie pubbliche che sostengono le imprese italiane all’estero. E il fatto che anche il Mezzogiorno sia coinvolto con le sue migliori aziende in questa strategia non può che allargare le possibili occasioni di investimento». Non è un caso che – in attesa del dettaglio sui dati regionali ci sia comunque molto Sud nella crescita dell’export italiano a marzo e nel primo trimestre 2025 nei Paesi extra Ue. Nel mese, l’incremento su base annua è stato del 7,5% per effetto soprattutto del forte aumento delle vendite di beni di consumo non durevoli (+20,7%) e beni strumentali (+10,4%), con un avanzo commerciale pari a +5.958 milioni di euro (+5.770 milioni nello stesso mese del 2024) e marcati aumenti per le vendite non solo verso gli Usa ma anche verso Paesi Mercosur (+28,9%) e Paesi Opec (+24,9%). Anche con la Cina, nonostante una evidente frenata, le possibilità restano consistenti: la Camera di commercio italiana nel Paese del dragone ha ricordato che a febbraio scorso il commercio bilaterale nei primi due mesi ha raggiunto un valore di 11,5 miliardi di euro, con un incremento del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. «Di sicuro chiosa Alessandro Fontana, direttore del Centro studi di Confindustria, intervistato ieri in video da Milano Finanza l’intesa con gli Usa risolve almeno per tre mesi il problema cinese di non sapere dove collocare la sua superproduzione qualora i mercati Usa fossero rimasti inaccessibili per via dei super dazi». Ripartire da qui, in chiave europea, è già qualcosa.





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