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Alimentare, diminuiscono gli investimenti anche se è il 30% del Pil: cosa succede


di
Francesco Di Frischia

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Presentato in Senato il Primo rapporto sulla trasformazione tecnologica della filiera agroalimentare. Il contributo della startup economy». Federalimentare e Confagricoltura chiedono di rilanciare il settore

Diminuiscono nel 2024 gli investimenti in Italia in startup agri&foodtech: infatti ammontano a poco più di 100 milioni, in netto calo rispetto al valore delle risorse messe in campo nel 2023 (poco più di 140 milioni; -28%) e nel 2022 (poco più di 150 milioni). Un chiaro decremento (meno 36% dal 2024 su 2022). E questo è avvenuto nonostante la filiera, dal campo alla tavola, pesi per circa il 30% del Pil italiano. E’ chiaro a tutti quindi che il potenziale della startup economy per la trasformazione tecnologica dell’agroalimentare made in Italy sia ancora in gran parte inespresso. 

E’ questo il bilancio emerso oggi, 14 maggio 2025, in Senato dove Federalimentare ha presentato il «Primo Rapporto sulla trasformazione tecnologica della filiera agroalimentare. Il contributo della startup economy». Lo studio è stato sostenuto da Confagricoltura e realizzato dal Centro di ricerca Luiss-X.Ite, con la collaborazione degli esperti di Linfa agrifoodtech fund. Gli addetti ai lavori hanno quasi in coro sostenuto che, nonostante il fermento del settore, sia necessario un investimento di attenzione e risorse da parte di tutti gli attori istituzionali e imprenditoriali che hanno a cuore un’accelerazione dell’agri&foodtech che consenta di mantenere la leadership italiana nell’agroalimentare.




















































Il cado di investimenti

Il calo di investimenti – è stato fatto notare – dipende da una tendenza solo in parte spiegata dall’emergenza Covid, che nel 2022 aveva spinto gli investimenti su startup in grado di innovare il mondo del commercio e dei servizi legati al cibo. Ecco che un’inversione di questo trend e un deciso cambio di passo – hanno osservato da Federalimentare e da Confartigianato – è divenuto ormai urgente, anche per accelerare l’integrazione delle startup nei processi economici della filiera coinvolgendo piccole, medie e grandi imprese che già operano sui mercati nazionali e internazionali. 

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Il confronto con Regno Unito, Germania, Francia e Spagna

Regno Unito, Germania, Francia e Spagna investono più dell’Italia e, rapportando questo differenziale rispetto al peso che l’agroalimentare ha sul Pil dei diversi Paesi, il divario appare davvero abnorme. Confrontando quanto investito in Italia con la media di quattro paesi europei di riferimento, emerge che per colmare il gap, per esempio, in rapporto al valore produzione agricola, il valore degli investimenti 
agri&foodtech dovrebbe essere oltre 500 milioni di euro annui
. Ben 5 volte di più rispetto al dato reale del 2024. Un divario che urge colmare con interventi molteplici da parte di tutti gli attori coinvolti. Anche perché l’ecosistema dell’agri&foodtech in Italia cresce ed è effervescente. Nel rapporto sono state mappate ben 550 startup, di cui 280 hanno avuto accesso ad almeno un round di investimento, seppure in gran parte in fase pre-seed o seed. Ecco che maggiori capitali e più investitori, sia professionisti del venture capital sia corporate – hanno auspicato gli esperti intervenuti all’incontro – dovrebbero essere attratti e incentivati. 

L’innovazione e la tutela dell’ambiente

Deve essere sempre ricordato che le innovazioni agri&foodtech quasi sempre (oltre l’80% dei casi) vanno a beneficio della de-carbonizzazione e quindi del clima, ma anche della produzione di energia e del migliore uso di risorse ambientali quali acqua e terra; e naturalmente della salute e del benessere, della produzione di nuovi materiali («smart» e circolari) e, infine, della riduzione di disuguaglianze e quindi della giustizia sociale.

Paganella: «Opportunità da cogliere»

Andrea Paganella, segretario di presidenza del Senato, ha sostenuto che «il rapporto è incentrato sulle sfide di un comparto, quale la filiera agroalimentare, che rappresenta l’eccellenza del made in Italy nel mondo e che incide in maniera significativa sul Pil italiano. È importante aver posto l’attenzione sulle potenzialità e sulle opportunità inespresse che il sistema Paese può e deve cogliere». Luigi D’Eramo, sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, ha detto che «il rapporto pone un’attenzione particolarmente significativa sul ruolo delle startup la cui presenza è un indicatore di vivacità dell’economia. Le startup rappresentano un tipo di impresa che sa cogliere i cambiamenti sperimentando strade e soluzioni diverse. Il ministero sta lavorando per supportare l’agricoltura 5.0 nella consapevolezza che l’innovazione tecnologica costituisce un’opportunità preziosa per il settore in termini di sostenibilità, trasparenza e aumento della capacità produttiva a vantaggio della competitività del nostro Paese. In tal senso, i dati record del settore agroalimentare sull’export sono incoraggianti». Mirco Carloni, presidente della commissione Agricoltura della Camera, ha osservato: «Il rapporto ci costringe a fare una riflessione seria sul trasferimento tecnologico in agricoltura, che è strettamente legato al ricambio generazionale. I giovani portano nuove competenze, consentendo al tessuto imprenditoriale di compiere un salto innovativo. Il principale trasformatore dell’innovazione tecnologica è proprio il ricambio generazionale».

Mascarino: «Incentivare dialogo tra innovatori, imprese e istituzioni»

Per Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare «il rapporto è uno strumento fondamentale per mappare, raccogliere e rendere visibili le sperimentazioni in corso da parte delle startup italiane e dei centri di innovazione. L’Osservatorio sarà una piattaforma strategica per facilitare la conoscenza condivisa, mettere in rete le soluzioni più promettenti e incentivare il dialogo tra innovatori, imprese e istituzioni. Stiamo già lavorando per costruire una partnership europea finalizzata ad accedere ai fondi di Horizon Europe dedicati all’agroalimentare e si tratta di un passaggio cruciale per potenziare la nostra proiezione internazionale e rafforzare la competitività del settore su scala globale». In parallelo, così come avvenuto di recente con la costituzione della Rete per la Ricerca, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico – ReRitt, promossa dal Cluster Agrifood Clan, «sono stati avviati contatti con il ministero dell’Università e della Ricerca per costruire una collaborazione strutturata che rafforzi il cofinanziamento nazionale e la sinergia con le politiche europee – ha precisato Mascarino -. Per le imprese che investono in ricerca è fondamentale che esista un contesto favorevole, stabile e prevedibile, in cui il sostegno pubblico agisca da moltiplicatore degli investimenti privati».

Grisanti: «Il mondo cresce, ma cambiano i consumi»

Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, ha sottolineato: «I dati fotografano un mondo che cresce ma in cui cambiano i consumi. In questa dinamica, si inserisce il tema dell’approvvigionamento al fine di assicurare la sicurezza alimentare. In tale contesto, chi riuscirà a produrre di più si avvantaggerà della crescita demografica. Gli imprenditori sono quelli più aperti a confrontarsi con la tecnologia, la scienza e la ricerca. La differenza sta nella capacità di stare dentro al mercato per capacità produttiva e competitiva. Il sistema delle imprese ha bisogno della ricerca e della scienza, per cui sarà importante continuare a lavorare insieme alle università e alle istituzioni per supportare i giovani nel favorire i processi di innovazione. In tale prospettiva è necessario proseguire il dibattito partendo dalle proposte condivise con Federalimentare». 

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