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Cgil, Governo complice di delitto industriale, assiste a dismissione chimica di base


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BRINDISI – “Il piano di Eni Versalis, più che un piano di trasformazione, è un delitto industriale, l’ultimo atto del processo di uscita dalla chimica attuato da Eni negli ultimi decenni, un colpo durissimo per l’intero sistema industriale italiano. L’azienda partecipata di fatto certifica di voler perseguire esclusivamente i propri interessi, abbandonando via via l’industria, considerata non più profittevole. Un’operazione che avrà ricadute su oltre 20.000 lavoratori diretti e dell’indotto, e, potenzialmente, sui circa 200.000 addetti della filiera petrolchimica, che rischia di crollare per l’effetto domino della chiusura degli ultimi due impianti di cracking in Italia, a Brindisi e Priolo. Ma il Governo e il Ministro Urso assecondano questa strategia, rinunciando a ogni visione industriale”. È quanto hanno denunciato Cgil nazionale e Filctem Cgil oggi, nel corso della conferenza stampa tenutasi questa mattina a Roma e poi nella prima parte dell’audizione presso la X Commissione Attività produttive della Camera dei deputati. L’audizione proseguirà mercoledì 21 maggio per dare modo ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali di rispondere alle domande poste dai Commissari. 

“Eni – hanno dichiarato il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario generale della Filctem Marco Falcinelli – giustifica queste scelte come necessarie a causa della presunta ‘crisi irreversibile della chimica di base europea’. Ma i fatti smentiscono questa narrazione: Lyondellbasell, leader globale del settore, sta investendo proprio in Europa in impianti di cracking e poliolefine, segno che il business è tutt’altro che in crisi. Scelte – aggiungono – ancor più incomprensibili e per il Governo incongruenti se consideriamo che l’Italia è tra i paesi firmatari del ‘non paper’ sulla chimica, che chiede di mettere al centro della strategia industriale europea la produzione di alcune di quelle molecole che proprio Eni Versalis vuole smettere di produrre nella Penisola”.

“L’azienda – proseguono – non è più credibile dal punto di vista industriale, e non mantiene gli impegni presi, motivo per cui non abbiamo sottoscritto il protocollo a marzo”. A dimostrarlo, spiegano Cgil e Filctem nella memoria depositata alla Camera, è la storia recente: “negli impianti di cracking di Porto Torres, Gela e Porto Marghera, per i quali erano stati sottoscritti protocolli che prevedevano incrementi occupazionali ed investimenti, nell’ultimo decennio sono stati persi quasi 5000 posti di lavoro tra dipendenti diretti ed indotto e gli investimenti promessi non sono arrivati a destinazione”. 

“Nonostante tutto questo, il Governo continua ad avallare il piano di Eni Versalis e il ministro Urso – ricordano Gesmundo e Falcinelli – sostiene perfino che la chiusura dei cracking sia funzionale alla decarbonizzazione, perché senza quegli impianti si produrranno meno tonnellate di anidride carbonica. È una bugia di comodo: ma i siti dovranno approvvigionarsi all’estero, e lo stoccaggio e il trasporto di etilene e poliolefine produrrà un quantitativo maggiore di Co2 rispetto alla produzione in Italia”. 

Per Cgil e Filctem “serve una svolta immediata, per questo chiediamo al Governo di fermare il piano Eni-Versalis e definire un nuovo piano nazionale per la chimica di base e sostenibile. O, in alternativa, di favorire la cessione degli impianti a un gruppo industriale internazionale realmente interessato allo sviluppo del settore e non alla sua dismissione. La chimica – concludono – non è il passato, è il futuro dell’industria italiana. Se il Governo non interverrà, sarà complice della distruzione di un asset strategico nazionale, con danni irreversibili per l’economia, l’occupazione e la sovranità industriale del Paese”.

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