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Nuove pressioni per la sovranità tecnologica e digitale europea


C’è una grossa alleanza fra associazioni e aziende di tutte le grandezze che operano nei comparti del digitale e delle telecomunicazioni, le quali da mesi hanno trovato nell’iniziativa EuroStack il vettore delle proprie richieste. Bruxelles viene messa sotto pressione affinché si incammini seriamente nella direzione di una concreta sovranità e autonomia strategica in questi settori.

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Già da qualche anno il tema è entrato nel dibatitto dei vertici europei, ma lo scorso settembre c’è stato un passo avanti quando intorno ad esso si è riunito una sorta di think tank che ha lanciato l’idea dell’EuroStack. Il nome è ispirato al progetto India Stack, per lo sviluppo di una infrastruttura digitale indiana, e il senso è più o meno lo stesso.

Tra i principali promotori di questo gruppo ci sono figure tutt’altro che secondarie: Audrey Tang, ex ministra di Taiwan; Meredith Whittaker, a capo della Fondazione Signal, della piattaforma omonima di messaggistica istantanea; Alexandra Geese, europarlamentare dei verdi tedeschi; Francesca Bria e Cristina Caffarra, due rinomate economiste italiane.

Dopo qualche mese dal lancio dell’iniziativa, avvenuto attraverso una conferenza al Parlamento Europeo, nel gennaio 2025 è stato prodotto un documento che delinea gli scopi, i caratteri e le componenti generali di EuroStack. Esso dovrebbe arrivare a garantire tutta una serie di necessità che sono indispensabili per le più avanzate filiere produttive, “dai chip ai dati, dall’elaborazione alla connettività“.

In questo testo si legge in maniera esplicita che l’obiettivo è quello di “ridurre l’attuale dipendenza totale dell’Europa da attori non europei per i servizi ai cittadini, alle imprese e alle istituzioni europee, rafforzare la sicurezza, creare resilienza, migliorare le opportunità di innovazione e competitività digitale, stabilendo al contempo norme di governance europee“.

Lo scorso marzo, poi, il gruppo di studiosi e politici ha elaborato una lettera aperta indirizzata alla Commissione Europea, con la quale l’industria coinvolta nei settori del digitale e dell’intelligenza artificiale ha chiamato la UE a un impegno concreto. Sono state un centinaio le aziende e le associazioni che hanno sottoscritto tale richiesta, tra cui Airbus e le principali sigle delle telecomunicazioni.

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Ora, i promotori di EuroStack rincarano la dose con un ulteriore appello, accompagnato da un documento che individua nel dettaglio le azioni da svolgere prioritariamente. Questa volta, le firme raccolte sono intorno alle 200, e Caffara ha sottolineato l’approvazione arrivata anche dai governi tedesco e francese.

È sconcertante – ha aggiunto l’economista italiana – che l’Europa nell’ambito degli appalti pubblici e quindi con denaro dei contribuenti continui a puntare su soluzioni tecnologiche non europee, prevalentemente quelle in capo alle Big Tech americane, quando ci sono decine, centinaia di aziende europee che producono soluzioni e innovazione“.

In questa occasione, il nodo della competizione inter-atlantica emerge finalmente in maniera netta: è lo scontro con gli Stati Uniti, con la dipendenza dalle grandi società statunitensi per i servizi digitali, in cloud, per l’elaborazione dati e così via, a preoccupare il sistema europeo e a richiedere che ci si doti di un’infrastruttura in un certo senso ‘sovrana’.

Con questo termine non si indica ovviamente una sovranità popolare, ma più un approccio finalizzato all’organicizzazione delle capacità presenti a livello continentale, secondo la massima draghiana del ‘più stato per il mercato’. Non a caso, il rapporto stilato per Bruxelles dall’ex capo di governo italiano è citato più volte dai documenti del think tank.

Nel testo dello scorso gennaio, si legge che EuroStack non ha a che fare con la proprietà pubblica, quanto piuttosto con una politica industriale che favorisca le imprese “nello sforzo di unire e federare gli assets“. La prospettiva è di un intervento centralizzato (col sostegno di istituzioni tra cui la Banca Europea per gli Investimenti) per superare la ‘piccolezza’ europea e garantire competitività.

Sempre nello stesso documento viene anche sottolineato come EuroStack possa diventare uno strumento per proiettarsi nella geopolitica delle tecnologie, per liberarsi dalla condizione di “vassallo degli Stati Uniti“. In particolare, il riferimento è ai servizi in cloud, dove a farla da padrone sono Google, Microsoft e Amazon.

In questo caso, sempre seguendo i consigli di Draghi che nel rapporto sulla competitività aveva valutato come impossibile ormai dare vita a dei ‘campioni europei’ del settore che garaggiassero con quelli stelle-e-strisce, la strada da percorrere sarebbe quella dello sviluppo di cloud settoriali che soddisfano ugualmente le esigenze di mercato senza dipendere da altri e mantenendo il controllo sui dati.

Insomma, se la finalità – dice il documento di gennaio – rientra nel perseguimento del “bene pubblico” (non della proprietà o del controllo pubblico degli investimenti, ovvio, ma di un generico bene che viene sovrapposto alla competitività dell’ecosistema aziendale), la ratio rimane quella dello scontro nell’arena della competizione globale.

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Così esplicita, nella rottura dell’equilibrio euroatlantico, la si trova scritta nero su bianco poche volte…

– © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO


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