Respinta dalla Commissione Europea la richiesta di prorogare la scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) oltre agosto 2026. E bocciata l’ipotesi di usare una parte dei suoi fondi non spesi per il riarmo. Ieri il governo Meloni ha incassato un altro avvertimento dalla Corte dei conti. Nella relazione semestrale sullo stato di attuazione del Pnrr si è appreso che, sugli oltre 194 miliardi di euro stanziati cinque anni fa nella pandemia, solo 63,9 miliardi tra sovvenzioni e prestiti risultano effettivamente investiti in Italia, cioè il 33% delle risorse complessive.
PRESENTATO, anche dall’attuale esecutivo, come il rimedio taumaturgico ai problemi italiani dovrebbe essere noto che il Pnrr non solo non li risolverà, ma ne creerà altri. Basti pensare all’uso scriteriato fatto dei fondi Pnrr nel creare una nuova bolla di lavoro precario nella ricerca. Entro agosto 2026 rischieranno il posto di lavoro migliaia di ricercatori assunti a tempo con i soldi europei. Tre governi (Conte 2, Draghi e Meloni) non hanno pensato che era necessario garantire un futuro dopo l’esaurimento della manna. La «messa a terra», neologismo tradotto dal project financing di Bruxelles, rischia di «lasciare a terra» parecchie persone. Ma questo, in fondo, non sembra essere un problema per il governo e la sua maggioranza.
GLI ASILI NIDO sono un altro caso. Un altro censimento ha confermato che, nonostante una nuova proroga al 30 aprile, le richieste non hanno superato il 50% dei fondi disponibili: 400 milioni su 800. I Comuni sanno che non avranno soldi per assumere le persone che dovranno fare funzionare gli asili nido. Non tutte le amministrazioni hanno le competenze per realizzarli. Non ci voleva molto a capirlo. Eppure il Pnrr è stato impostato per arrivare a questo fallimento: se non serve a finanziare il precariato, allora meglio non usare i fondi.
GLI APPELLI del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sono sempre più disincantati e preoccupati. Da aprile 2024 ha chiesto più volte la proroga del Pnrr. L’ultima tre giorni fa. Non bastano i 15 mesi restanti per spendere i soldi Pnrr, anche se mancano le capacità di farlo. Ma la Commissione Ue dice No perché serve l’unanimità degli altri Stati che non hanno alcuna intenzione di fare una cortesia a Meloni & Co. (Il Manifesto 15 maggio).
LA CORTE DEI CONTI ha osservato ieri che i 67 «obiettivi» del piano, e le «riforme» collegate, sono stati raggiunti nel 2024. Il governo avanza secondo le scadenze stabilite in accordo con Bruxelles che ha finanziato il Pnrr cinque anni fa mentre era in corso la pandemia. Tuttavia, ed è questo il vero problema, l’avanzamento della spesa «stenta» ancora «a mantenere il ritmo prefissato», si legge nella relazione. Con l’approssimarsi della scadenza del piano il livello della spesa crescerà anche grazie ai rimedi improvvisati per accelerarla. Si parla, in particolare, di una semplificazione dell’iter di rendicontazione. Ma ciò, presumibilmente, non sarà sufficiente per recuperare il tempo perduto, in particolare a causa della difficoltà del ministero dei trasporti guidato da Matteo Salvini a spendere le risorse a disposizione nella costruzione delle nuove linee dell’Alta velocità, soprattutto quelle verso Sud: i cantieri infiniti della Salerno-Reggio o della Roma-Bari. Nel primo caso la spesa del Pnrr è ferma al 3,54% rispetto all’8% preventivato; nel secondo caso, l’avanzamento del cantiere è al 34,76% rispetto al 59% atteso. Nella quinta revisione del Pnrr annunciata dal governo a marzo, di cui poco si sa tranne indiscrezioni senza contenuti, la Corte dei conti ha evidenziato la possibilità di rimodulare gli obiettivi di spesa. Dall’analisi degli investimenti sulle politiche dell’acqua e sul servizio idrico integrato (previsti interventi da 5,4 miliardi) è emersa una valutazione positiva. Si spera che, almeno gli acquedotti, perdano meno acqua nelle stagioni roventi in arrivo.
PENSATO DALL’ALTO per fare leva sul profitto dei privati, senza rendere protagonista la società, il Pnrr potrebbe fare ancora qualcosa nell’interesse pubblico. Il comitato europeo delle regioni ha chiesto di indirizzare i soldi non spesi (in Italia, dicono 14 miliardi) alla costruzione di case a prezzi accessibili. «Una casa è un diritto umano fondamentale» ha detto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Difficile che sia una priorità della Commissione Ue e del governo. Piuttosto i soldi andranno alle imprese. E non per costruire o riadattare l’edilizia popolare. Sempre che poi si riescano a spendere.
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