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annullata la gara su acciaio green


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Altra tegola sulle ambizioni green dell’ex Ilva. Il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento dell’aggiudicazione a favore di Paul Wurth Italia dell’appalto per la realizzazione nell’area del Siderurgico di Taranto di un impianto per la produzione del cosiddetto preridotto (Direct Reduced Iron), una sorta di acciaio pulito, da due milioni di tonnellate annue, del valore di circa un miliardo di euro. E’ stato pure confermato l’annullamento dell’intera procedura di appalto avviata da Dri D’Italia spa (controllata da Invitalia). La gara, dunque, dovrà essere rifatta.

Lo scontro tra Mimit e magistratura

E mentre prosegue lo scontro istituzionale tra Mimit e magistratura sulla questione dell’altoforno sequestrato, continua lo stallo nella trattativa con Baku Steel per la vendita dell’ex Ilva. Gli azeri avrebbero comunicato al governo l’intenzione di ridimensionare la propria offerta proprio alla luce degli ultimi eventi. Il governo ha già convocato i sindacati metalmeccanici per mercoledì 21 maggio a palazzo Chigi «per un aggiornamento sulla situazione del Gruppo Acciaierie d’Italia». Il ministro per gli Affari Europei e Pnrr, Tommaso Foti non ha nascosco che «come governo siamo fortemente preoccupati» ricordando che «siamo in trattative in fase conclusivi perchè un soggetto privato si facesse carico dell’Ilva, magari con una presenza pubblica».

Lunedì il tavolo a Roma

Proprio lunedì prossimo è in programma a Palazzo Piacentini una riunione operativa presieduta dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con le associazioni d’impresa e le aziende che hanno manifestato il proprio interesse a sviluppare progetti industriali e d’investimento nell’area di Taranto. Al tavolo saranno presenti Fincantieri, Toto Holding-Renexia e Webuild Group. Da un lato ci sono i progetti di diversificazione, dall’altro la realtà di una fabbrica ai limiti della sopravvivenza con impianti fermi, produzione ridotta e l’aumento progressivo della cassa integrazione che alimenta tensioni e preoccupazioni tra i lavoratori. Resta viva anche la polemica sui lavori di messa in sicurezza dell’altoforno 1, sottoposto a sequestro probatorio dopo il grave incendio del 7 maggio scorso che, secondo i sindacati, avrebbe potuto provocare una strage. Il Mimit, replicando all’Anm di Lecce, osserva in una nota che «l’autorizzazione al colaggio dei fusi, richiesta oltre 220 ore fa, non risulta ancora concessa». E dunque, aggiunge, «non corrisponde al vero» quanto sostenuto dalla procura di Taranto in merito al via libera di messa in sicurezza dell’altoforno che ora «risulta compromesso». In attesa di novità sul negoziato per la vendita, si moltiplicano gli interventi sull’ipotesi di nazionalizzazione. «Noi – ha dichiarato la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola – siamo per la presenza dello Stato, che è cosa diversa dalla nazionalizzazione. Pensiamo che lo Stato debba poter esserci anche con una quota importante, perché deve essere l’elemento di garanzia». Per l’ex ministro del Lavoro e responsabile Politiche industriali Pd, Andrea Orlando, occorre «evitare che si determini uno stallo del gruppo. Per questo motivo noi diciamo una cosa semplice: lo Stato intervenga, il governo intervenga e nazionalizzi in via transitoria». Anche l’Usb è d’accordo: «Non ci sono alternative alla nazionalizzazione della fabbrica e bisogna farlo in fretta».

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