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MAGISTRATURA: le riforme necessarie post la “Separazione delle Carriere”


 RIFORME NECESSARIE SULLA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE, DOPO LA MODIFICA COSTITUZIONALE  

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IN UN RECENTE INTERVENTO ”Scontro tra Magistratura e Carta Costituzionale?” (su Consul Press /13.03.25) abbiamo rappresentato e dimostrato che la riforma della Costituzione relativa alla separazione delle carriere ed alla istituzione di due CSM ed una Alta Corte di Giustizia non ha alcun intento di sottoporre il Pubblico Ministero all’Esecutivo (cosa, peraltro, non del tutto antidemocratica visto che è propria di democrazie, quali la Francia).

I pubblici ministeri sono, talvolta, sottoposti a poteri molto più cogenti ed incisivi di una riforma che non tocca, minimamente, tale aspetto ed il loro ruolo.
Ci riportiamo ai nostri scritti sul tema  (Consul Press / 23.02.25) per non dover ripetere cose già dette, analizzate con il rischio di appesantire l’odierna esposizione.
Avrete notato che i media hanno molto enfatizzato la riforma costituzionale ed i vertici di ANM (che ribadiamo è solo un sindacato che non raccoglie nemmeno tutti i magistrati) l’hanno criticata quasi portando lo scontro ad un livello di “tifoseria da stadio” con METODI – e lo abbiamo già scritto – che non apprezziamo e non condividiamo; METODI però che piacciono ai politici che non leggono ed a taluni vertici di ANM che non “vogliono leggere”  il testo della riforma.

Ma ad un certo punto tutto si è placato; una calma apparente.  E, forse, taluni avranno ritenuto che tale fase discendente sia dipesa dal fatto che la maggioranza in Parlamento è solida e che la riforma costituzionale è “quasi certa”. 
Noi che viviamo i Tribunali ogni giorno sappiamo bene che di sicuro nel mondo della Giustizia non c’è proprio nulla. Questa quiete, però, potrebbe avere un’altra spiegazione. 
Da un lato il fatto che la Politica (non avveduta) pensi di avere fatto “scacco matto” con la riforma costituzionale e dall’altro con ANM che sa bene che senza una modifica dell’ordinamento giuridico non si arriva da nessuna parte. 
Quello che deve essere notato e fatto notare non tanto al Ministro, che è un giurista esperto e sopraffino ed al quale va tutta la nostra stima, ma al Parlamento è che occorre andare di pari passo con l’adeguamento e con modifica dell’ordinamento giudiziario.  Altrimenti, lo diciamo in modo barbaro, è come se per costruire una casa si iniziasse a fare il tetto per primo e, solo in seguito, si ponessero le opere di fondazione.
Il tutto deve andare di pari passo ed il tutto deve prendere una forma organica.  Senza questa organicità, senza il cambiamento della legge ordinaria e, quindi, dell’ordinamento giuridico non si arriva alla modifica voluta e tracciata dalla legge costituzionale.

Ribadiamo che tale modifica è essenziale perché in primo luogo è l’unico modo per rendere parte il PM e terzo il Giudice (che non sono colleghi, ma sono soggetti distinti), in secondo luogo si deve arrivare a concorsi separati e professioni separate, in terzo luogo occorre che il PM ed il Giudice non siano mai dalla stessa parte come è adesso. 
Forse, con il tempo dovremo avvicinarci ad un PM eletto e che deve rendere conto dei suoi risultati (come negli USA) pena la sua non rielezione. I tempi non sono ancora maturi, ma se non si vuole ritornare ad una “sacra” (o laica) inquisizione sarà il caso che ci si pensi seriamente. La riforma del 1989 non può restare “bruco”, ma deve diventare “farfalla”. 

Come abbiamo già scritto, il vero motivo per il quale la riforma è del tutto osteggiata riposa su due prerogative che ANM ritiene suo diritto:

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  1. la scelta dei magistrati (oggi PM o Giudici) nei ruoli apicali di Procura e Tribunali;
  2. il c.d. “potere disciplinare”.

La riforma metterebbe “fuori gioco” il sistema correntizio da queste due leve di potere. Ad ANM (e non alla magistratura) non va bene perché i poteri ha ben capito come esercitarli e quei due pilastri sono essenziali.
ANM sa che la riforma costituzionale senza una riforma dell’ordinamento giudiziario è cosa sterile e priva di un reale contenuto ed efficacia.
Infatti a parte qualche esternazione della nuova giunta di ANM (anche molto fuori luogo) tutto si è “appianato”.
Il motivo è presto detto: credono che la Politica abbia sì fatto il tetto della casa, ma si sia dimenticata di costruire le fondamenta. Ecco, questo non deve accadere e non accadrà.

Si deve realizzare la modifica all’ordinamento giudiziario, nel quale si applicano e si fanno precipitato tecnico le riforme ed i principi costituzionali. ANM non può ribellarsi a modifiche che comportino lo svolgimento e l’andamento della Giustizia ed anche su questo ci rifacciamo a quanto già scritto (Consul Press / 7.02.25).
La Politica, però, deve fare un passo avanti su di un tema molto sentito dalla opinione pubblica e dal mondo civile: la responsabilità civile dei magistrati. 

Appare assolutamente necessaria la riforma della legge sulla responsabilità civile dei magistrati essendo l’unica categoria professionale che non risponde personalmente dei propri errori. Ovvio che la legge dovrà contemplare la colpa grave ed il dolo (anche se questo sarà molto difficile che una compagnia lo copra).

La legge deve obbligare tutti i magistrati, o per meglio dire, tutti i pubblici ministeri e tutti i giudici (vista la separazione delle carriere) a stipulare personalmente assicurazioni private pagate di tasca propria che possano coprire taluni errori professionali. 
Non è tollerabile quanto accade oggi che con la vigente normativa il pubblico ministero o il Giudice non risponda direttamente, ma sia lo Stato a coprire le sue “malefatte” e poi – del caso – va a recuperare la somma liquidata. 
Non riteniamo che debbano esserci delle categorie professionali esenti da responsabilità e nel nostro Paese anche senza citare Enzo Tortora i magistrati sono gli unici a godere di tale posizione (Consul Press / 13.01.25).

Molti dicono che così facendo la penna dei magistrati sarebbe tremolante ed incerta; noi riteniamo di no. 
Se il Giudice o il PM non è sicuro il primo assolve ed il secondo chiede l’archiviazione. Il sistema prevede ciò ed in “dubbio (sempre) pro-reo”. 
Pertanto, si impone una riforma, nel senso sopra esposto, a completamento di un quadro di riforme che appare non solo necessario, ma assolutamente non differibile oltre e che nel quadro politico oggi appare realizzabile.

 



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