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Botteghe, locande e idee giovani: ecco i segreti per lavorare sulle montagne del Canavese


La Valle Soana e la Valle di Susa sono le protagoniste di un bando per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile e montana promosso dalla Compagnia di San Paolo ed affidato, per la sua attuazione, ad un’associazione che ha il preciso scopo di aiutare le nuove imprese: Réseau Entreprende Piemonte. 

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L’iniziativa è stata illustrata domenica 11 maggio agli aspiranti imprenditori della Valle Soana, con un incontro tenutosi nel Teatro Comunale di Ronco. Ai presenti sono state illustrate finalità, regole e modalità di partecipazione. I tempi sono stretti perché la scadenza è fissata al 31 maggio; le procedure  però sono apparse piuttosto semplici e rapide: si tratta di compilare un  modulo on-line e di inviarlo a www.reseau-entreprendre.org/piemonte. 

La Compagnia di San Paolo sanno più o meno tutti cosa sia; meno nota al grosso pubblico è Réseau Entreprendre, associazione senza scopo di lucro nata nella nostra regione nel 2010: in Italia è stata la prima ma si ispira ad un modello presente da decenni in altri Paesi. A Ronco erano presenti il presidente Christian Zegna, la direttrice Lisa Orefice e la projet manager Negar Makarram Dorri mentre la Compagnia di San Paolo era rappresentata dalla consulente Alessia Zabachino. 

Il progetto  “APICE – Giovani, partecipazione e imprese per le Alpi” mira a stimolare la nascita di attività produttive attraverso un significativo contributo economico (25.000 euro) ma anche – cosa forse ancora più importante – a sostenere, consigliare, guidare gli aspiranti imprenditori dai  primi passi alla fase di consolidamento della nuova impresa. L’obiettivo finale è quello di contrastare lo spopolamento, rilanciando l’agricoltura, il recupero dei beni pubblici, la riqualificazione di immobili e la creazione di servizi di comunità. 

I destinatari sono i giovani con meno di 40 anni che abbiano idee  innovative ma possono partecipare anche i titolari di imprese già avviate da meno di 3 anni.

 I dieci progetti giudicati più interessanti potranno usufruire del supporto citato mentre i sei di maggior impatto sull’economia locale riceveranno anche i 25.000 euro a fondo perduto.

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In cosa consiste il percorso di accompagnamento? Ci saranno attività individuali ed altre collettive. Quelle individuali comprendono 20 ore di tutoraggio per redarre il business-plan ed altre 8 ore in cui l’aspirante imprenditore si confronterà con un gruppo di esperti selezionati in base alle specificità del progetto. Fra le attività collettive si svolgeranno 6 sessioni formative di 2 ore ciascuna su temi  cosiddetti <verticali> per mettere a confronto i vari progetti e generare sinergie; 4 incontri <ispirazionali>; un momento finale di presentazione dei risultati, in cui tirare le somme.

Molta flessibilità e poca burocrazia

Il bando “APICE” è interessante per diversi aspetti. Innanzitutto prevede una selezione basata non sull’impeccabilità della presentazione formale ma sul valore sostanziale: “Non preoccupatevi – è stato detto – di scrivere un progetto perfetto e di utilizzare un linguaggio da <progettese> anche perché è proprio questo uno degli aspetti che scoraggiano. A vincere sarà la motivazione: esprimete la vostra idea, quello che avete in testa. Provvederemo poi insieme a precisare il percorso”. Sono 4 gli elementi principale di cui si terrà conto: la coerenza con i fabbisogni del territorio; le potenzialità di crescita  futura; le motivazioni; l’utilità che il contributo economico potrà offrire  allo sviluppo dell’impresa. Ci sarà poi un occhio di riguardo per l’imprenditoria femminile. 

La forma societaria che si vorrebbe adottare va indicata nel modulo ma “non è vincolante, serve più che altro a farci capire  le vostre intenzioni. Magari, parlandone, ci si accorgerà che non è adatta ed arriveremo insieme a scegliere quella più opportuna”.

Non c’è rigidità: “Tutte le proposte sono rimodulabili: se sarà necessario cambiare qualcosa in corso d’opera, lo faremo. Il calendario degli incontri verrà concordato: le ore di mentoring e di accompagnamento dovranno conciliarsi con le vostre esigenze, soprattutto se si tratterà di imprese già avviate. Sarà un po’ più complicato farlo per gli incontri collettivi ma cercheremo date ed orari adatti a tutti. Se poi si rendessero necessarie delle ore in più, Reseau si mette a disposizione. Non è che risolviamo tutti i problemi ma vogliamo costruire insieme, essere lo strumento dei vostri disegni e, una volta terminato APICE, contiamo di seguirvi ancora, con altri programmi, nel biennio successivo, anche attraverso la costituzione di un fondo di garanzia per chi avrà bisogno di sostegno al credito”. 

Le risposte fornite alle domande del pubblico hanno confermato l’intento di mettere a disposizione uno strumento duttile e flessibile con due sole condizioni imprescindibili: un’età sotto i 40 anni e la sede dell’impresa, che dev’essere in uno dei tre comuni della Valle Soana. Qualcuno ha posto il problema della sede legale: “Accade che chi apre un’attività nei piccoli centri scelga lo studio di un commercialista ubicato altrove. Cosa succede in questo caso?”. Il sindaco di Ronco Lorenzo Giacomino su tale aspetto si è mostrato possibilista, precisando: “L’essenziale è che la sede operativa sia qui e che non possa essere spostata altrove. Quello che si vuole scongiurare è veder aprire delle attività solo per percepire il contributo”.    

Per passare alla fase attuativa dei progetti i tempi saranno brevi: “Vogliamo partire prima delle ferie estive!” – hanno specificato i responsabili delle due società. 

Rispetto a tanta chiarezza d’intenti, un po’ stona la fumosità di alcune denominazioni (come mentoring one-to-one o hackathon)  che danno per scontata la conoscenza dell’inglese burocratico e fanno apparire complicato ciò che non lo è!

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La presentazione del progetto per l’imprenditoria montana

Quale economia per la Valle Soana?

Al termine della presentazione del progetto APICE, il presidente dell’Associazione Operatori Turistici della Valle Soana, Sandro Francesconi,  ha espresso una serie di valutazioni riguardanti il tipo di economia su cui basare il futuro dei tre comuni valsoanini: Ingria, Ronco, Valprato. 

Si è chiesto: “Può una valle vivere solo di turismo?” e si è dato una risposta negativa. “Abbiamo un esempio – ha sottolineato – quello di Piamprato”. Piamprato è una delle frazioni di Valprato, nota tra l’altro perché in passato aveva puntato molto sullo sci destinato alle famiglie. “E’ un luogo – ha proseguito – affollato nei fine settimana ma deserto gli altri giorni, soprattutto in inverno. Va bene il turismo ma perché una località resti viva occorrono dei rapporti sociali, che si instaurano solo se c’è una comunità di residenti stabili. Servono i servizi di base: la scuola elementare, l’asilo, il nido, la biblioteca. Li abbiamo e dobbiamo tenerceli stretti: senza di essi è difficile fare impresa. Col turismo del fine settimana porti su della gente che  consuma il suolo e poi se ne va via”.  Con tono accorato ha proseguito: “Piamprato è una bellissima località maahimé, l’ho detto prima – d’inverno, nei giorni feriali, non c’è nessuno.  Passi in mezzo a quelle case abbandonate  e ti parlano, ognuna ha la sua storia da raccontare. Non sono di qui e non ho conosciuto le persone che le abitavano ma mi parlano lo stesso. Vedere la frazione così ridotta mi fa venire in mente quelle località artificiose costruite a duemila metri d’altezza con l’unico scopo di accogliere gli sciatori”.

Lorenzo Giacomino, sindaco di Ronco, ha replicato: “Lì però non è il turismo ad aver allontanato i residenti: se ne sono andati spontaneamente!”. Il suo collega  di Valprato Francesco Bozzato  ha tracciato un quadro della situazione e dei problemi che la caratterizzano. “Piamprato è l’ultima frazione del nostro comune, la più elevata (sorge a 1450 metri di altitudine) e quella con più problemi, legati alla necessità di scendere a fondovalle per lavorare con tutte le conseguenze collegate. Si va  a dormire con il cielo stellato e ci si sveglia con mezzo metro di neve: chi entra in fabbrica per le 6, rischia di dover partire alle 4 per fare cinquanta chilometri. C’è chi resiste ma deve crederci fortemente”.

Ha riaperto l’ex bar ristorante Centrale

Un nuovo ristorante ha aperto da poco i battenti a Ronco: si chiama “Le Samare”. Nuovi sono però solo il nome e i gestori perché i locali sono quelli del ben noto “Bar-Ristorante Centrale”, che per oltre un secolo aveva rappresentato un punto fermo in paese e che purtroppo nell’ultimo decennio era rimasto chiuso. 

A ridargli vita sono stati Diego Bianchi  e la sua compagna Laura Tempesta: lei arriva dal Lago di Garda, lui è milanese ma trapiantato in Valle Soana da vent’anni. Benché laureato in Urbanistica e Pianificazione Territoriale, ha scelto da tempo di dedicarsi alla ristorazione ed in valle, spostandosi tra Ronco e Valprato, ha gestito diversi locali. Aveva iniziato nel 2005 con il “Bar Moderno”, sempre nel centro di Ronco; dal 2013, per tre anni, si era occupato del “Centrale”  , poi dello chalet di Piamprato (ovvero l’Albergo “Rosa dei Monti”). Nel 2024 ha lasciato lo chalet (di proprietà comunale) per tornare al “Centrale” , rinnovandolo ed introducendo novità significative anche in cucina come quella di preparare la pizza tutti i giorni. Una decisione che è piaciuta molto,. “In verità – spiega Laurafino a cinque giorni prima dell’apertura pensavamo di fare solo servizio ristorante, servendo anche la pizza nei fine settimana ma le richieste sono state così pressanti che abbiamo cambiato idea. A Valprato era richiesta soprattutto dai turisti, qui sono stati i residenti a manifestare tale esigenza”. 

Sembra strano che i gusti  e le abitudini cambino in modo sensibile in due paesi tanto vicini eppure è così. Quanto ai problemi che un’attività come questa deve affrontare, Diego sostiene che “le difficoltà ci sono ovunque. Qui l’aspetto peculiare è la forte stagionalità, insieme alla grande presenza di francesi durante le ferie estive e nelle festività. Vogliamo differenziare la clientela, attrarre gente da fuori: gli scambi di esperienze danno energia ma vivere qui è bello, ci piace, ci fa stare bene”. 

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Per loro che non sono nativi della Valle Soana è probabilmente più facile vederne i pregi che non per chi ci è nato  e vissuto e magari preferisce andarsene ma lui è pragmatico: “La voglia di vedere qualcosa di nuovo e di diverso fa parte dell’animo umano. Poi magari, dopo aver viaggiato, si torna  a casa e si apprezza di più ciò che si era lasciato”.

Una ristoratrice premurosa

Selena Aimonetto gestisce a Ronco la “Locanda della Luna- Camere, Ristorante, Bar”. L’esercizio commerciale è ospitato in locali vasti ed accoglienti, all’interno di una struttura costruita ex-novo dal Comune quand’era sindaco Danilo Crosasso, che sorge in posizione tranquilla ma comoda, a poca distanza dalla piazza principale. Ha a disposizione sette camere.

Selena è di Sparone ma vive nel paese valsoanino insieme al marito – che lavora  in Comune – e ai figli. E’ evidente che la sua professione le piace e dimostra di aver capito bene (addirittura eccedendo in disponibilità) uno dei principi sui quali si dovrebbe fondare un’attività commerciale di qualsiasi tipo per avere successo in un piccolo centro: tenere aperto anche quando, se si guardasse al guadagno immediato, converrebbe abbassare le serrande. “Ho iniziato il 1 luglio 2021 – racconta – ed avevo deciso che nei primi sei mesi non avrei effettuato il riposo settimanale perché dovevo capire quale fosse il giorno più adatto. Sono passati quasi quattro anni e continuo a non chiudere… tranne  domenica scorsa per la Prima Comunione di mio figlio”. Aggiunge: “D’inverno, in certi giorni, non c’è proprio nessuno. Però capita  comunque l’avventore occasionale, il corriere che deve consegnare un pacco e non trova il destinatario, chi chiede informazioni. E’ giusto esserci”. L’orario è impegnativo: “Dalle 7 alle 23-24 e, quand’è il caso, anche fino all’1 o alle 2. A volte mi tocca coprire i turni di chi si assenta perché non è facile trovare personale disposto a venire tutti i giorni fin quassù”. 

Si vede che proviene da una famiglia di ristoratori: i nonni paterni erano titolari del Bar-ristorante “Stella Alpina” di Sparone, poi passato allo zio. Il suo atteggiamento comunque paga perché ha 5 dipendenti,  tutti assunti con un regolare contratto e – dice – “non c’è da arricchirsi ma sono soddisfatta del mio lavoro”. 

Due nuovi gestori per la casa-vacanze

Chiara Dutto ed Andrea Moioli gestiscono una Casa-vacanze nella frazione valpratese di Piamprato.  Nessuno dei due è originario del luogo ma, come spesso accade, vi si sono affezionati ed hanno deciso di portare avanti quest’attività, iniziata dai nonni di lui. Per ora vivono altrove ma non escludono di poter decidere, in futuro, di trasferirsi lassù.

A loro è sempre piaciuta questa valle – dice – ci venivano con degli amici, poi affittarono un  alloggio,  iniziarono ad acquistare un pezzetto di terreno, via via si allargarono e costruirono a loro volta degli appartamenti dandoli in affitto annualmente o per la stagione estiva. Ultimamente abbiamo preso noi in mano le redini”.

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Chiara precisa: “Abbiamo cercato di offrire servizi innovativi, dei quali in precedenza non si sentiva la necessità, come i collegamenti hi-fi o un supporto informativo sul cosa fare: abbiamo cominciato  a camminare e a mostrare sui social proposte di itinerari. Abbiamo in mente di acquisire altri caseggiati, sempre per darli in affitto, ma anche di ridurre le dimensioni degli alloggi esistenti, troppo grandi per la maggior parte dei clienti, adattandoli alle loro diverse esigenze”.

I turisti arrivano da varie parti: “Ce ne siamo resi conto con grande stupore – dice – Certo ci sono tantissimi piemontesi e lombardi ma giungeva gente da Verona, dalla Toscana. Per anni abbiamo avuto degli inquilini che tutti i week-end arrivavano quassù da Genova, sobbarcandosi tre ore e mezza di viaggio: non riuscivamo a spiegarci perché lo facessero! All’epoca non c’erano nemmeno Internet ed i telefonini non <prendevano> per cui si restava proprio fuori dal mondo. Ora arrivano anche degli stranieri e, visto che sappiamo un po’ le lingue, cerchiamo di giostrarci. Abbiamo un sito dedicato, che si sta allargando e attraverso il quale cerchiamo di promuovere il territorio, suggerendo dove recarsi e cosa fare”.

Per ora Andrea e Chiara vivono altrove  ma non escludono di poter decidere, in futuro, di trasferirsi lassù.

La fascinosa bottega di Ivan Chabod

A conclusione dell’incontro tenutosi domenica 11 maggio a Ronco, dopo la visita ad alcuni esercizi commerciali del paese e della vicina Valprato, ci si è spostati nella frazione di Campiglia, dove ad accogliere gli incuriositi visitatori c’era un negozio quanto mai particolare. Una bottega, per dirla con il nome più appropriato, una vera bottega d’altri tempi, completamente diversa da quelle che siamo abituati a vedere.

E’ stata ricavata da una stalla e dal vicino fienile, che hanno dismesso la loro funzione ma non il loro aspetto. Lo sguardo vaga intorno osservando la mangiatoia per il fieno, i salamini appesi alle basse volte, i ben allineati formaggi di produzione locale, i vecchi attrezzi del mestiere come il contenitore per il latte accanto  a qualche inevitabile oggetto della modernità come l’affettatrice. E non si può fare a meno di ammirare le splendide volte e le pareti in pietra grezza. 

Era dagli Anni Ottanta che a Campiglia non c’erano negozi ed è stato grazie all’impegno del proprietario Ivan Chabod  se si è potuto riaverne uno ma anche grazie ai finanziamenti del bando regionale per le piccole attività di montagna, che due anni fa riconobbe l’iniziativa degna di essere sostenuta. Va da sé, vista la descrizione precedente, che non si tratta di un negozio qualunque, destinato alla vendita di prodotti di origine industriali: agli acquirenti si propongono formaggi e salumi di produzione locale, confetture, liquori.  

Va da sé anche che la bottega non resta aperta tutti i giorni – sarebbe insostenibile! – ma solo nei fine settimana.  

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