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Perché una proroga del Pnrr non deve far paura


Una regolarità costante delle previsioni macroeconomiche è che l’incertezza ha sempre effetti negativi sulle scelte degli “agenti”, un nome tanto tecnico quanto generico con cui gli economisti si riferiscono a famiglie, imprese e governi. L’incertezza deprime i consumi e gli investimenti, toglie capitali al mercato e spesso porta a un utilizzo delle risorse, pubbliche e private, non efficiente. È per questa ragione che, seppur i dazi trumpiani siano al momento più annunciati che applicati, il loro effetto sulla crescita futura si fa già sentire. Questo, almeno, è quanto affermato dalla Commissione europea, che proprio ieri ha aggiornato le stime sui dati di crescita economica nei paesi dell’Unione. I numeri, almeno per l’Italia, non sono così negativi, per quanto nemmeno eccitanti: ma le stime precedenti sono state riviste al ribasso; il che, anche in termini di aspettative e di ottimismo, due variabili fondamentali per il benessere delle persone e dell’economia, ha un effetto tutt’altro che positivo. I paesi dell’area euro cresceranno in media dello 0,9% nel 2025 e dell’1,4% nel 2026; nello specifico, il tasso di crescita dell’economia italiana sarà dello 0,7% quest’anno e dello 0,9% l’anno prossimo, a fronte di un deficit finalmente sotto quota 3% nel 2026. Anche il tasso d’inflazione in Europa continuerà a scendere, tornando sotto il 2% nel corso del prossimo anno. Risultato che nel nostro Paese era già stato raggiunto nel 2024.

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Eccellenti per l’Italia le previsioni sul tasso di disoccupazione, sotto il 6%. Bisogna ammettere, comunque, che l’incertezza non può essere certo considerata un’eventualità così rara, specialmente negli ultimi anni. In poco più di un lustro, infatti, abbiamo dovuto imparare a fare i conti con una pandemia, due conflitti alle porte del continente, tasso d’inflazione e prezzi alle stelle e ora anche una nuova minaccia al libero scambio commerciale. Sono cosiddetti shock che chi prende le decisioni di politica economica non può che subire. Ma limitarsi a un atteggiamento passivo e di attesa non farebbe altro che peggiorare la situazione.
Come reagire, quindi? Alcune indicazioni vengono fornite dalla stessa Commissione europea nel suo report sulle previsioni economiche di primavera. Si suggerisce, per esempio, di integrare al più presto i propri mercati dei capitali. E, per farlo, di renderli luoghi appetibili (cioè profittevoli) per gli investimenti provenienti da tutto il mondo. È possibile aggiungere a questa strategia altre possibili ricette. Innanzitutto, la Commissione nota come la revisione negativa delle sue stime sia dovuta proprio all’effetto che i dazi potrebbero avere sulle esportazioni di merci. L’export, però, non diminuirà, bensì crescerà a tassi inferiori al previsto. E cresceranno anche le esportazioni nel settore dei servizi, che non dovrebbero essere intaccate dai dazi. Ciò suggerisce che il mercato globale, nonostante tutto, continua ad avere necessità e desiderio di prodotti europei.

E quindi anche, e per alcuni paesi soprattutto, di quelli italiani. Sarebbe quindi utile impostare una adeguata strategia di politica commerciale, volta a diversificare e ad ampliare il numero e la localizzazione dei nostri partner commerciali. Semmai, più dei dazi, il pericolo per le esportazioni europee è la progressiva perdita di competitività dei suoi prodotti. La quale, a sua volta, richiede un’opportuna dose di politica industriale, specialmente orientata su alcuni settori deboli come quello dell’automobile, e di politica energetica. Infine, varrebbe anche la pena che a Bruxelles ci si doti di un calendario e si provi a ragionare sul destino che si vuole dare ai Piani nazionali di ripresa e resilienza. Non si suggerisce necessariamente che le scadenze vengano riviste. Tuttavia, sarebbe utile porsi la seguente domanda: scordandosi una volta tanto del rispetto di vincoli che hanno solo un valore burocratico, renderebbe più efficace la spesa mostruosa effettuata in questi anni il rispetto delle scadenze o un loro invio? E ancora: se per il completamento o il prolungamento di alcuni progetti particolarmente riusciti servissero risorse aggiuntive, si potrebbero trovare facilmente? Una vecchia massima giapponese suggerisce che bisogna accettare ciò che non si può cambiare. Può essere un suggerimento utile per la felicità dei singoli individui. Per chi ha responsabilità di governo, invece, l’ambizione deve essere quella di non limitarsi a subire gli eventi bensì di coglierne appieno ogni potenzialità. Una sfida che l’Europa e il nostro paese devono saper cogliere. Nonostante l’incertezza presente e futura.

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