La mafia foggiana “non e’ piu’ la ‘mafia delle terre’, in breve tempo ha aggiunto al suo modo di essere rurale una modernita’ operativa pazzesca”. Lo ha detto la presidente della commissione Antimafia, Chiara Colosimo, intervenendo alla presentazione dell’ottavo Rapporto sulle agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Colosimo ha evidenziato come quella mafia foggiana un tempo rurale ha finito per il fare scuola con il nuovo modello operativo. Alcuni dati: dal 1978 ad oggi sono stati registrati 300 fatti di sangue, e l’80% di questi proprio nel settore agricolo; inoltre, nel periodo dal 2007 al 2019 “neanche un collaboratore di giustizia, era una mafia impermeabile”; la provincia foggiana conta 61 Comuni, “una decina di questi sono stati sciolti perche’ infiltrati dalla mafia, questa e’ la fotografia”; sono 600mila gli abitanti, ben 24mila le imprese agricole, “la criminalita’ organizzata ha trasformato la ricchezza del territorio nel modo con cui soggiogare le imprese”.
“Il caporalato diventa un pacchetto in ‘positivo’ o in negativo per coloro i quali cercano manodopera a basso costo e senza garanzie; ma lo diventa anche in negativo per tutto quello che poi ha di risultato. È evidente che nei territori, come quello del sud pontino, ma anche come quello del foggiano, questo deve essere centrale, perché solo sconfiggendo il caporalato noi evitiamo delle derive sull’ingresso dell’immigrazione irregolare e soprattutto sullo sfruttamento dell’immigrazione irregolare”, ha aggiunto la Colosimo, intervistata dai giornalisti oggi a Roma.
“Sono molto contenta di essere qui oggi- ha proseguito Colosimo- perché la Commissione che presiedo, per quello che la legge istitutiva gli ha assegnato, ha fatto un lavoro che forse per fotografarlo al meglio può partire da Foggia e da quella che voglio chiamare la ‘mafia delle terre’. Noi purtroppo conosciamo una mafia che è arcaica e allo stesso tempo moderna, che utilizza dei territori, come quello di Foggia, dove l’agroalimentare è centrale – teniamo conto che ogni sei/sette famiglie c’è un’azienda alimentare – per incutere timore. Lo fa in tanti modi, lo fa ovviamente con gli strumenti classici della criminalità organizzata, quindi con il controllo del territorio- ha concluso- ma lo fa anche e soprattutto utilizzando le nuove tecnologie”.
Il quadro delineato dal Rapporto sui crimini agroalimentare dice che il business delle agromafia è salito a 25,2 miliardi, raddoppiando il volume di affari nel giro di poco più di un decennio e recuperando in breve tempo il terreno perso con la pandemia ed estendendo la sua azione a sempre nuovi ambiti, dal caporalato alla falsificazione e sofisticazione dei prodotti alimentari, dal controllo della logistica all’appropriazione di terreni agricoli e fondi pubblici, fino all’usura, al furto e al cybercrime. E’ il quadro delineato dal nuovo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio agromafie presentato al Centro Congressi Palazzo Rospigliosi, sede di Coldiretti.
Il settore agroalimentare è diventato sempre più attrattivo per le organizzazioni criminali che, secondo quanto illustrato nel rapporto, aumentano sempre più i tentativi di estendere i propri tentacoli su molteplici asset legati al cibo. Un esempio è lo sfruttamento degli immigrati attraverso il caporalato, gestito da reti criminali italiane e straniere. Ma le agromafie usano le pieghe della burocrazia per promuovere il credito illegale, acquisire aziende agricole e riciclare denaro, mentre gli imprenditori subiscono minacce e danni per cedere terre e attività, anche a causa della crisi legata alle tensioni internazionali e all’aumento dei costi di produzione che ha caratterizzato questi ultimi anni, indebolendo molte imprese.
L’obiettivo principale sono i fondi pubblici e il controllo di mercati e appalti, con l’aiuto di professionisti compiacenti e documenti falsi. Ma le infiltrazioni si estendono a ristorazione, mercati ortofrutticoli e grande distribuzione, senza risparmiare vere e proprie le frodi alimentari, con prodotti adulterati o senza etichetta, spesso venduti nei discount. I settori più colpiti sono vino, olio, mangimi e riso, usando agrofarmaci vietati e false certificazioni bio da importazioni dell’Est Europa. Un capitolo a parte è poi rappresentato dal dilagare dell’Italian Sounding e delle frodi sul packaging.
“La crisi internazionale e i cambiamenti climatici stanno mettendo in crisi la filiera agroalimentare, che appare sbilanciata a favore della distribuzione e penalizza i produttori – sottolinea Gian Maria Fara, presidente di Eurispes -. Molte aziende agricole, pur operando nel contesto del successo del Made in Italy, faticano a sostenere l’aumento dei costi, la riduzione delle rese, i prezzi imposti dalla GDO e la difficoltà di accesso al credito. Le mafie, grazie alla loro liquidità, offrono prestiti usurari o acquistano aziende agricole in difficoltà, seguendo un modello simile al land grabbing. Questa nuova strategia punta direttamente alla terra e alla produzione primaria, ampliando il controllo lungo tutta la filiera: dalla produzione ai fondi pubblici, fino alla manodopera sfruttata”.
“Per Coldiretti la filiera agroalimentare parte dal lavoratore agricolo e arriva al consumatore: difenderla dalle mafie significa anche garantire il giusto prezzo lungo tutto il percorso – sottolinea il segretario generale di Coldiretti Vincenzo Gesmundo –. Se i consumatori comprano prodotti a prezzi stracciati, e se settori deviati della Gdo o dell’industria acquistano e vendono sottocosto, quel sottocosto qualcuno lo paga — e sono quasi sempre gli agricoltori e i lavoratori agricoli. Erano dieci anni che aspettavamo l’approvazione della proposta di legge elaborata dal procuratore Caselli che ancora nessuno aveva avuto il coraggio di fare e che invece l’attuale Governo ha avuto la determinazione politica di concretizzare, potenziando per la prima volta gli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine e della magistratura contro la criminalità dell’agroalimentare. Chiediamo ora che il Parlamento proceda a una rapida approvazione definitiva superando le resistenze trasversali che arrivano da pezzi della grande industria in mano alle multinazionali e da segmenti della Gdo”, conclude.
Un aspetto cruciale è la nascita di organizzazioni transnazionali, che operano a livello internazionale sfruttando manodopera migrante, in particolare dall’India e Bangladesh, in un sistema di “imprese senza terra”, dove i lavoratori sono costretti a pagare debiti accumulati per il viaggio in Italia, lavorando in condizioni di sfruttamento.
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