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Automotive, Businaro (Novation Tech): «Pesa l’incertezza dell’Ue»


«Nel settore automotive continua a pesare il fatto che l’Unione europea non abbia ancora preso decisioni chiare e definitive sul Green Deal». Ne è convinto Luca Businaro, amministratore delegato della montebellunese Novation Tech, azienda specializzata nella lavorazione avanzata di materiali compositi e fibra di carbonio, un partner strategico per l’industria automobilistica europea e non solo. Ha chiuso il 2024 con ricavi consolidati pari a 117 milioni di euro confermando la validità del percorso di espansione strategica iniziato nel 2017.

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A suo giudizio qual è oggi lo stato di salute dell’economia tedesca, in particolare del settore manifatturiero?

«Vediamo segnali contrastanti. Alcuni settori stanno ripartendo, anche perché è diminuita l’incertezza legata ai dazi commerciali, e c’è la sensazione che un’intesa con gli Stati Uniti sarà raggiunta. Tuttavia, il comparto automotive tedesco continua a soffrire. In particolare, pesa il fatto che l’Unione europea non abbia ancora preso decisioni chiare e definitive sul Green Deal. La Commissione europea aveva promesso una revisione entro marzo, ma questo non è avvenuto. Il risultato? Molti investimenti sono fermi, e si è creata un’attesa dannosa. Le aziende stanno puntando sull’ibrido, ma manca una vera spinta sulla ricerca, e questo frena lo sviluppo».

Negli ultimi anni c’è stato un rallentamento in Germania. Secondo lei si tratta di una crisi congiunturale o di un cambiamento più profondo?

«Credo che siamo di fronte a un cambiamento strutturale. Dal dopoguerra, la Germania non aveva mai vissuto una crisi vera nel settore manifatturiero. Questa è la prima volta che deve affrontare una ridefinizione profonda del suo modello industriale. La soluzione, a mio avviso, passa da un piano massiccio di investimenti: mille miliardi di euro per rilanciare l’economia con una strategia industriale a lungo termine. Gli effetti, però, non si vedranno nel 2025, ma piuttosto nel 2026».

Ha notato cambiamenti significativi nella domanda da parte del mercato?

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«Il mercato tedesco è da sempre importante per noi in termini di volumi. Tuttavia, stiamo assistendo a un’evoluzione: oggi la domanda è più flessibile, meno concentrata su grandi lotti standardizzati. Anche in Germania si stanno adattando a un mercato che cambia rapidamente. Noi italiani, forse per indole o per storia, siamo abituati a questi cambi repentini. Chi, come noi, ha radici artigiane, è più portato ad adattarsi velocemente alle nuove esigenze dei clienti».

La transizione ecologica e digitale tedesca sta influenzando le vostre relazioni con i clienti?

«Le grandi case automobilistiche tedesche inizialmente hanno sposato con entusiasmo il Green Deal, investendo sull’elettrico. Ma si sono scontrate con la realtà: mancano le infrastrutture, a partire dalle colonnine di ricarica. In Germania, in alcune aree, ne è stata vietata l’installazione nei condomini per motivi di sicurezza. Così, si sono trovati in un vicolo cieco. L’elettrico oggi dipende quasi totalmente dalla Cina, sia in termini di batterie che di materie prime, e i costi rimangono troppo alti per una diffusione di massa».

Guardando ai prossimi anni, come immagina l’evoluzione del rapporto industriale tra Nord Est e Germania, anche alla luce della concorrenza asiatica?

«La Germania ha già una forte presenza in mercati asiatici come Cina e Vietnam, ma credo che stia emergendo una nuova esigenza di “glocalizzazione”. Il mercato è sempre più flessibile, e questo impone di avere una supply chain più vicina ai luoghi di produzione e consumo. In questo contesto, vedo l’Italia e in particolare il Nord Est ben posizionati, grazie alla capacità di reazione delle nostre Pmi. Allo stesso tempo, ci sarà bisogno di rafforzare nuove filiere produttive in paesi come Marocco e Tunisia, dove esistono competenze e condizioni favorevoli. La specializzazione resterà un nostro vantaggio competitivo, ma dovremo ribilanciare la catena del valore, avvicinandola ai mercati finali. Come spesso accade, nei momenti di incertezza si aprono anche grandi opportunità. Sta a noi saperle cogliere».



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