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Sostenibilità e responsabilità degli amministratori


Il presente contributo si propone di analizzare i profili di responsabilità degli amministratori in materia di ESG, con specifico riferimento al nuovo quadro attuativo CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive).

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1. Introduzione

Questo articolo, dopo alcuni brevi cenni sulla normativa europea e nazionale in materia di reporting non finanziario sulla sostenibilità, si focalizzerà sui profili di responsabilità ad oggi configurabili in tema di ESG per i  componenti dell’organo amministrativo.

Il 5 gennaio 2023 è entrata in vigore la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)[1]. La CSRD ha sostituito la precedente Non Financial Reporting Directive (NFRD) relativa alla disclosure non finanziaria[2], che era stata recepita nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. 254/2016 (Decreto 254), con la quale per la prima volta venivano imposti agli amministratori obblighi di reporting su temi ESG[3].

Lo scopo della CSRD è quello di “garantire che gli investitori dispongano delle informazioni loro necessarie per comprendere e gestire i rischi ai quali le società partecipate sono esposte a causa dei cambiamenti climatici e di altre questioni attinenti alla sostenibilità[4]. L’Italia ha dato attuazione alla CRSD attraverso il D.Lgs. 125/2024 (Decreto 125).

La CSRD rappresenta un’evoluzione sostanziale rispetto alla NFRD, intervenendo sia sul contenuto delle informazioni da rendere pubbliche sia sull’estensione della platea dei soggetti obbligati, includendo anche imprese di Paesi terzi che operano nel mercato europeo. Infatti, il regime delineato dalla normativa europea non si limita alle società aventi sede all’interno dell’Unione Europea, ma si estende anche a quelle imprese che, pur essendo stabilite al di fuori del territorio dell’UE, soddisfano determinati requisiti e generano specifici volumi di ricavi all’interno del mercato europeo.

2. La CSRD e il Decreto 125

Le riforme adottate a livello europeo in materia ESG – in particolare nell’ambito del Green Deal[5], con la NFRD, la Shareholder Rights Directive[6] II e il Regolamento Tassonomia[7] – hanno contribuito ad ampliare in misura significativa gli obblighi degli amministratori delle società rientranti nel loro ambito di applicazione. Imponendo l’identificazione, la gestione e la comunicazione dei rischi e delle opportunità connessi alla sostenibilità, il legislatore europeo continua a manifestare la volontà di integrare la sostenibilità all’interno del diritto (societario). Tale evoluzione si è ulteriormente accentuata con la CSRD.

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Parallelamente si è sviluppata una cornice di soft law che sottolinea la centralità dell’informativa sulla sostenibilità per garantire la trasparenza, la responsabilità e la resilienza delle imprese, coerentemente con la sezione VI dei Principi di Corporate Governance dell’OCSE e dal G20 – intitolata “Sustainability and Resilience” – e, in particolare, con il principio VI.A. Questo orientamento è presente anche a livello nazionale. Ad esempio, in Italia, il Codice di Corporate Governance approvato dal Comitato per la Corporate Governance nel 2020, prevede che l’organo amministrativo deve guidare “la società perseguendone il successo sostenibile”, laddove per successo sostenibile deve intendersi “la creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società”.

Venendo alla CSRD, secondo l’articolo 5, gli Stati membri avrebbero dovuto recepire la Direttiva entro il 6 luglio 2024. Tuttavia, al 26 settembre 2024, la maggioranza degli Stati Membri non avevano ancora adempiuto, spingendo la Commissione Europea ad avviare le relative procedure di infrazione. Una lettera di notifica formale è stata inviata a 17 paesi, tra cui Belgio, Spagna, Germania e Austria, lamentando la mancata o solo parziale attuazione della CSRD.[8]

La Direttiva ha invece già trovato attuazione in Italia con il Decreto 125, che abroga il Decreto 254 (che recepiva la NFRD). Il Decreto 125 ha introdotto il concetto di rendicontazione societaria di sostenibilità e ha definito gli obblighi informativi relativamente a determinate questioni di sostenibilità[9].

Il Decreto 125 ha comportato significative modifiche rispetto al regime introdotto dal Decreto 254. In particolare, il Decreto 125:

  1. ha ampliato i destinatari degli obblighi, includendo: i) le grandi imprese; ii) le PMI quotate fatta eccezione per le microimprese quotate; iii) le imprese di paesi terzi che rispettino determinati requisiti;
  2. ha esteso l’ambito delle informazioni richieste;
  3. ha imposto l’obbligo di audit esterno (“assurance”) delle informazioni incluse nella rendicontazione di sostenibilità;
  4. ha previsto l’inclusione della rendicontazione di sostenibilità all’interno della relazione sulla gestione e non in una relazione distinta;
  5. ha previsto l’applicazione di un unico standard di rendicontazione, l’ESRS (European Sustainability Reporting Standard), il cui sviluppo è demandato all’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group).

Gli obblighi introdotti dalla normativa di attuazione trovano applicazione gradualmente per le diverse categorie di imprese. Infatti, ai sensi dell’articolo 17 del Decreto 125:

  1. le imprese di grandi dimensioni[10] che costituiscono enti di interesse pubblico con più di 500 dipendenti e agli enti di interesse pubblico che sono, altresì, società madri di un gruppo di grandi dimensioni e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio superano il criterio del numero medio di 500 dipendenti occupati durante l’esercizio, devono comunicare per la prima volta nel 2025 le informazioni per l’esercizio 2024;
  2. le altre imprese di grandi dimensioni e le altre società madri devono comunicare nel 2026 le informazioni per l’esercizio 2025;
  3. le PMI con valori mobiliari quotati nei mercati regolamentati dell’UE[11] devono comunicare nel 2027 le informazioni per l’esercizio 2026, con la possibilità di derogare agli obblighi di rendicontazione per gli esercizi 2026 e 2027; nella quarta fase, talune imprese di paesi terzi che svolgono attività nel territorio dell’UE il cui valore supera determinate soglie devono comunicare nel 2029 le informazioni per l’esercizio 2028.

L’articolo 3 del Decreto 125 prevede che si includano “in un’apposita sezione della relazione sulla gestione le informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità, nonché le informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione[12]. Queste informazioni comprendono una breve descrizione del modello e della strategia aziendali, una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità e delle loro competenze e capacità in relazione allo svolgimento di tale ruolo o dell’accesso di tali organi alle suddette competenze e capacità.

Più in particolare, l’obbligo di comunicare le informazioni richieste dalla normativa si sostanzia non solo “in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati e della sua situazione”, ma anche con riguardo a quelle “informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto delle attività dell’impresa sugli aspetti ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva […] è la cosiddetta prospettiva della «doppia rilevanza», nella quale il rischio che l’impresa affronta e l’impatto da essa prodotto rappresentano ciascuno una prospettiva di rilevanza[13]. È richiesto alle imprese di comunicare solo quelle informazioni la cui disclosure sia rilevante sulla base del principio di doppia rilevanza o doppia materialità.

Dunque, la transizione dal regime imposto dalla dal Decreto 254 a quello introdotto dal Decreto 125 ha rappresentato un’evoluzione significativa. Una delle modifiche più rilevanti è già insita nel titolo delle direttive da cui traggono origine i due decreti. Infatti, il concetto diinformazioni non finanziarie” è stato progressivamente ridefinito, poiché l’aggettivo “non finanziarie” avrebbe potuto suggerire, erroneamente, una loro irrilevanza dal punto di vista economico. Al contrario, si ritiene che tali informazioni assumano un valore centrale anche in ambito finanziario, influenzando strategie aziendali, decisioni di investimento e valutazioni di rischio. In questo contesto, le informazioni sulla sostenibilità non possono più essere presentate in modo separato, come era prescritto dal Decreto 254[14]. Il Decreto 125, introducendo la rendicontazione di sostenibilità, ha sostituito la precedente dichiarazione di carattere non finanziario e ha richiesto che tali informazioni siano incluse all’interno della relazione sulla gestione, affinché siano integrate con i dati finanziari e contribuiscano a offrire una visione complessiva e coerente della performance aziendale.

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Come si dirà meglio di seguito, l’articolo 10 del Decreto 125 pone in capo agli amministratori la responsabilità di garantire che le informazioni contenute nella rendicontazione di sostenibilità siano fornite in conformità con quanto previsto dal decreto stesso. Spetta, invece, ai componenti dell’organo di controllo “nell’ambito dello svolgimento delle funzioni a esso attribuite dall’ordinamento, vigilare sull’osservanza delle disposizioni stabilite nel presente decreto e ne riferisce nella relazione annuale all’assemblea[15].

3. Il regime di responsabilità e i doveri degli amministratori

Al fine di inquadrare il regime di responsabilità e i doveri degli amministratori, risulta necessario fare riferimento alle disposizioni contenute nel Codice Civile e nel Testo unico della finanza (TUF)[16] inerenti ai doveri degli amministratori e al regime della loro responsabilità civile, nonché a quelle contenute nel Codice Penale nel caso in cui le violazioni degli obblighi degli amministratori configurino anche illeciti penali.

Ai sensi degli articoli 2392 c.c. e seguenti gli amministratori agiscono con diligenza, prudenza e competenza. Inoltre, devono attenersi ai principi specifici applicabili alla relazione sulla gestione, desumibili dall’articolo 2428 c.c., che richiede un’analisi “fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società”. Assume rilievo anche l’articolo 2381, comma 6 c.c. che impone agli amministratori di agire in modo informato.

Inoltre, gli amministratori devono valutare ed adottare le necessarie modifiche agli assetti organizzativi, amministrativi e contabili ex articolo 2086 c.c. e considerare l’adeguatezza del modello di struttura organizzativa, dei piani industriali ed operativi adottati, nonché dei sistemi di controllo interno e di gestione dei rischi.

L’articolo 10 del Decreto 125 pone in capo agli amministratori dell’impresa obbligata alla rendicontazione la responsabilità di garantire che il processo di redazione della rendicontazione di sostenibilità segua tutte le normative previste, con l’obiettivo di fornire un quadro trasparente e affidabile di quanto fa la società in materia di sostenibilità.

Il Decreto 125 estende i poteri e le funzioni di vigilanza della CONSOB agli emittenti già soggetti a vigilanza dell’Autorità con riguardo alla rendicontazione finanziaria, e prevede un regime sanzionatorio per le società soggette alla vigilanza della Consob, per gli amministratori e i sindaci di queste ultime.

Le sanzioni previste sono di natura amministrativa. In particolare, l’articolo 10 del Decreto 125 dispone che, in caso di violazione degli obblighi di cui all’articolo 154-ter, comma 1-quater, del TUF, trovano applicazione le sanzioni amministrative previste dall’articolo 193, commi 1, 1.2 e 1.3, del medesimo.

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Per i primi due anni di applicazione della nuova disciplina viene prevista una riduzione dell’importo massimo delle sanzioni amministrative applicabili per i casi di violazione degli obblighi di pubblicazione in capo agli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro d’origine (ex articolo 193, commi 1, 1.2 e 3, TUF) e di violazione della disciplina in materia di assurance della rendicontazione di sostenibilità (ex articolo 26-quater del D. Lgs. 39/2010).

I primi due commi dell’articolo 193 del TUF contengono una clausola di sussidiarietà espressa rispetto alla sanzione penale (“salvo che il fatto costituisca reato”).

Veniamo quindi proprio alla responsabilità penale degli amministratori per la violazione dell’obbligo di rendicontazione di sostenibilità.

Lo schema di decreto di recepimento della CSRD[17] stabiliva che le violazioni dello stesso fossero punite con le sanzioni penali previste dalle norme sulle false comunicazioni sociali (articoli 2621 e 2622 c.c.) e con le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalle norme sul mancato deposito presso il Registro delle imprese (articolo 2630 c.c.).

Confindustria nel suo position paper pubblicato nel marzo 2024[18], individuava diverse argomentazioni per escludere che le sanzioni penali previste dagli articoli 2621, 2622 e 2630 c.c. fossero applicabili alla rendicontazione di sostenibilità. Innanzitutto, la natura delle informazioni contenute nella rendicontazione di sostenibilità resta distinta dalla natura della “informazioni sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria, cui si riferisce il Codice civile”, dal momento che la rendicontazione di sostenibilità “raccoglie informazioni, non solo di natura consuntiva, ma anche di natura prospettica che non sono qualificabili secondo lo schema meramente binario “vero/falso””. In secondo luogo, il primo step per individuare il novero di informazioni da fornire nella rendicontazione di sostenibilitàconsiste nell’analisi di materialità, secondo il criterio della doppia rilevanza. Trattasi di un’attività riconducibile a un processo di discrezionalità tecnica rientrante nella competenza degli amministratori. La valutazione in termini di responsabilità di questo processo dovrebbe essere condotta rispetto al metodo di analisi e non al merito delle scelte operate (tranne che nelle ipotesi di scelte manifestamente irragionevoli). In altre parole, secondo i principi della business judgement rule, se il metodo è corretto, la scelta conseguente sul fornire o non fornire determinate informazioni non può essere sindacabile e rappresentare la fonte di responsabilità”.

Il legislatore ha deciso di escludere dal testo definitivo del Decreto 125 ogni riferimento alle sanzioni penali e amministrative originariamente prevista dallo schema di decreto.

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Tuttavia, questa circostanza non sembra escludere l’applicabilità di un regime di responsabilità penale. Occorre infatti considerare che le informazioni contenute nella rendicontazione di sostenibilità costituiscono parte integrante della relazione sulla gestione, che a sua volta accompagna il bilancio d’esercizio. Ne deriva che qualora le stesse risultassero false o comunque idonee a indurre in errore i destinatari della comunicazione, potrebbe configurarsi l’ipotesi di reato di false comunicazioni sociali, disciplinato dagli articoli 2621 e seguenti c.c.. In simili ipotesi, se il reato è stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente, potrebbe inoltre configurarsi anche una responsabilità della società dal momento che, in ogni caso, il reato di falso in bilancio costituisce uno dei reati presupposto per la responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

Il dibattito sull’applicabilità del reato di false comunicazioni sociali si era già posto con riferimento al Decreto 254 che, all’articolo 8, comma 4, prevedeva una clausola di sussidiarietà (“salvo che il fatto non costituisca reato”) [19]. Secondo parte della dottrina certe falsità o omissioni nella dichiarazione non finanziaria potevano integrare gli estremi del reato di false comunicazioni sociali[20]. In ogni caso, l’impostazione prevista dall’art. 8 del Decreto 254 non risulta riprodotta nel nuovo impianto normativo previsto dal Decreto 125, il quale non contempla una sanzione penale autonoma per la comunicazione di fatti materiali non veritieri, né per l’omissione di fatti materiali rilevanti, come invece faceva l’articolo 8 del Decreto 254, che sanzionava autonomamente l’inadempimento agli obblighi di veridicità e completezza, distinguendolo dalla semplice non conformità formale della dichiarazione al Decreto 254.

Per poter valutare l’applicabilità della sanzione penale, in assenza di alcun ausilio interpretativo nel Decreto 125 è necessario verificare l’astratta configurabilità dei requisiti oggettivi previsti dalla norma in capo al contenuto della rendicontazione di sostenibilità[21].

Innanzitutto, la rendicontazione di sostenibilità è parte integrante della relazione sulla gestione e sembra quindi che possa essere qualificata come una comunicazione sociale.

È altresì ragionevole ritenere che possa contenere fatti materiali rilevanti; infatti, secondo la definizione ripresa anche dalle Sezioni Unite, è rilevante ogni informazione la cui “omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio dell’impresa[22]. Giova sottolineare che la veridicità e l’affidabilità delle informazioni sugli indici ESG potrebbero avere anche un effetto sulle poste del bilancio e pertanto potrebbero influenzare in modo significativo le decisioni finanziarie, le proiezioni di rischio e le azioni degli investitori.

Occorre inoltre interrogarsi sulla possibilità di ricondurre le informazioni contenute nella dichiarazione di sostenibilità al binomio “vero/falso”, come osservato anche da Confindustria nel position paper del marzo 2024[23] e, cioè, se le informazioni contenute siano compatibili con l’elemento oggettivo della corrispondenza, o mancata corrispondenza, al vero. Alcune informazioni incluse nella rendicontazione di sostenibilità non sembrano prestarsi a un giudizio oggettivo di veridicità, sia per il loro carattere prospettico, sia perché non direttamente verificabili dalla stessa impresa[24]. Tuttavia, le Sezioni Unite avevano chiarito che il reato di false comunicazioni sociali può sussistere anche in caso di “falso valutativo” e in particolare, quando l’agente si discosta consapevolmente da “criteri di valutazione normativamente fissati” o da “criteri tecnici generalmente accettati”, senza fornire un’adeguata motivazione, in modo concretamente idoneo a indurre in errore i destinatari[25]. Poiché i fatti economici riportati nel bilancio derivano da valutazioni, a volte legate a ipotizzati scenari futuri, il bilancio stesso deve essere inteso come il prodotto di un processo discrezionale. Si ricorda che con il Regolamento (UE) 2023/2772 sono stati adottati i principi e lo standard ESRS per la redazione della rendicontazione di sostenibilità che rappresentano parametri di riferimento vincolanti per l’elaborazione e la valutazione delle informazioni.

Bisognerà attendere lo sviluppo dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ricordando che, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’articolo 2622 c.c., è comunque necessaria la prova del dolo e di un ingiusto profitto, nonché dell’idoneità delle informazioni false a indurre concretamente in errore i destinatari.

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4. Il progetto di semplificazione

Il 26 febbraio 2025 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di proposte per semplificare l’attuale contesto normativo in tema di sostenibilità, stimolare la competitività e incrementare le potenzialità di investimento[26]. Per ciò che è qui di interesse, le proposte avanzate dalla Commissione sono tali da comportare una significativa modifica della disciplina europea in materia di sostenibilità e, in particolare, di rendicontazione di sostenibilità, nel senso di una sostanziale riduzione delle imprese interessate dagli obblighi di reporting e degli oneri amministrativi connessi al relativo adempimento.

In particolare, le due proposte, COM(2025)80 e COM(2025)81 modificano rispettivamente la CSRD e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD)[27]. In particolare, i) si rinviano di due anni (dal 2026 al 2028 per le grandi imprese e dal 2027 al 2029 per le PMI quotate) gli obblighi della rendicontazione di sostenibilità ai sensi della CSRD e ii) si restringe l’ambito di applicazione della CSRD, escludendo le imprese che posseggono determinati requisiti dalla rendicontazione (circa l’80%) e introducendo un principio proporzionale che può essere utilizzato su base volontaria.

Il 17 aprile 2025 è entrata in vigore la direttiva (UE) 2025/794 (cosiddetta “Stop the clock”) la quale:

  1. ha modificato l’articolo 5 paragrafo 2 della CSRD, rinviando di due anni l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione previsti per le grandi imprese che non hanno ancora iniziato la rendicontazione e per le PMI quotate;
  2. ha modificato l’articolo 37 paragrafo 1, commi 1 e 2 della CSDDD rinviando di un anno il termine di recepimento della Direttiva da parte degli Stati membri e l’avvio della prima fase applicativa.

Gli Stati membri dovranno recepire la Direttiva nel proprio ordinamento nazionale entro il 31 dicembre 2025. Ciò renderà necessario un intervento legislativo di modifica al Decreto 125.

 

[1] Direttiva (E) 2022/2464.

[2] Ai sensi del Considerando 9 della CSRD, destinatari degli obblighi informativi delle imprese sono gli investitori e gli attori della società civile.

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[3] R. Guglielmetti, Corporate governance la dichiarazione sulle informazioni non finanziarie: ruoli e responsabilità negli organi aziendali, in Rivista dei Dottori Commerciali, fasc. 4, 2017, 55 e ss.

[4] COM(2025)80.

[5] Il pacchetto di iniziative strategiche poste in essere dall’Unione Europea a partire dal 2019 per trasformare ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2030 e ottenere la neutralità climatica delle emissioni entro il 2050.

[6] Direttiva (EU) 2017/828.

[7] Regolamento (UE) 2020/2085 e successive integrazioni.

[8] European Commission – Infringements decisions, 26 settembre 2024; https://ec.europa.eu/commission/presscorner/api/files/document/print/en/inf_24_4661/INF_24_4661_EN.pdf.

[9] Ai sensi dell’articolo 1 del Decreto 125, sono definite “questioni di sostenibilità” i “fattori ambientali, sociali, relativi ai diritti umani e di governance, compresi i fattori di sostenibilità quali definiti all’articolo 2, punto 24), del regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019”.

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[10] Cioè le società che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti: 1) totale dello stato patrimoniale: euro 25.000.000; 2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: euro 50.000.000; 3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250.

[11] Ai sensi dell’articolo 3 del Decreto 125, le PMI quotate possono indicare nella rendicontazione solo alcuni dati informativi.

[12] Articolo 3, comma 1 del Decreto 125.

[13] Considerando 19 della CSRD.

[14] L’articolo 5 del Decreto 125 prevedeva che la dichiarazione di carattere non finanziario potesse essere inclusa in un documento separato dalla relazione sulla gestione.

[15] Articolo 10 del Decreto 125.

[16] D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.

[17] La legge di delegazione europea 2022-2023 ha attribuito al Governo la delega per attuare nel nostro ordinamento la CSRD, imponendo alcuni specifici criteri direttivi (articolo 13), tra cui: l’individuazione della CONSOB quale autorità di riferimento per le società quotate e l’attribuzione del potere di esercitare le opzioni previste nella direttiva, ove ritenuto opportuno. Il 16 febbraio 2024, il Dipartimento del Tesoro del MEF ha avviato la consultazione pubblica sullo schema di decreto di recepimento della CSRD alla quale Confindustria ha ritenuto di partecipare per contribuire a un’attuazione equilibrata della nuova disciplina.

[18] Confindustria, Osservazioni Confindustria sullo schema di decreto di recepimento della Direttiva 2022/2464 (CSRD) sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, 2024.

[19] L’articolo 8 comma 4 del Decreto 254 prevedeva che “salvo che il fatto costituisca reato, quando la dichiarazione individuale o consolidata di carattere non finanziario depositata presso il registro delle imprese contiene fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omette fatti materiali rilevanti la cui informazione è prevista ai sensi degli articoli 3 e 4 del presente decreto, agli amministratori e ai componenti dell’organo di controllo dell’ente di interesse pubblico si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 ad euro 150.000. La sanzione di cui al presente comma, ridotta della metà, si applica agli amministratori e ai componenti dell’organo di controllo, se presente, dei soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, quando presso il registro delle imprese è depositata una dichiarazione individuale o consolidata di carattere non finanziario, di cui è attestata la conformità ai sensi dell’articolo 7, comma 1, contenente fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero nella quale risultano omessi fatti materiali rilevanti la cui informazione è imposta dagli articoli 3 e 4 del presente decreto”.

[20] Vedi Simone Lonati, Postilla penale: la rendicontazione di sostenibilità è una comunicazione sociale suscettibile di integrare il delitto di false comunicazioni sociali? in Rivista delle società, 2024; Bertaiola, Acquarone, ESG e 231: Una possibile convivenza felice e la dura sfida dell’integrazione, in La responsabilità amministrativa della società e degli enti, 2024.

[21] È inoltre richiesto il dolo di ingiusto profitto e l’idoneità delle informazioni false a ingannare i destinatari.

[22] Cass., Sez. Un., 22474/2016.

[23] Vedi Lonati supra nt. 20.

[24] Ad esempio, ai sensi dell’articolo 3 del Decreto 125, sono incluse nella rendicontazione di sostenibilità la resilienza del modello e della strategia aziendali dell’impresa in relazione ai rischi connessi alle questioni di sostenibilità, le opportunità per l’impresa connesse alle questioni di sostenibilità, il modo in cui il modello e la strategia aziendali dell’impresa tengono conto delle istanze dei portatori di interesse e del loro impatto sulle questioni di sostenibilità e una descrizione dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore.

[25] Cass. Sez. Un, 22474/2016.

[26] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_25_614.

[27] Direttiva 2024/1760.



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