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Appalti pubblici verdi: volano per la competitività


L’industria europea è centrale per garantire prosperità economica e la tenuta della coesione sociale nei paesi dell’Unione.

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Il secondo mandato della Commissione Von der Layen sta confermando gli obiettivi politici e di sviluppo impostati con il Green Deal, con una strategia di rilancio della competitività che vede il suo impianto programmatico delineato nel Clean Industrial Deal.

Quali sono gli incentivi alle imprese per la decarbonizzazione e le azioni che possono andare oltre gli approcci tradizionali? Tra questi, la creazione dei cosiddetti lead markets, ovvero i mercati per i beni ‘verdi’, sono un elemento chiave nel quadro delle politiche funzionali a creare un business case per i prodotti più innovativi e sostenibili.

In questo senso, i criteri di selezione per gli appalti pubblici fondati su criteri ambientali e sociali possono fare da volano per la creazione di una domanda domestica di produzioni a basso impatto ambientale. Produzioni innovative e sostenibili avrebbero, quindi, una maggiore certezza rispetto al rientro degli investimenti.

Ogni anno oltre 250.000 autorità pubbliche europee spendono complessivamente circa 2.000 miliardi di euro – equivalenti a oltre il 14% del PIL dell’Unione europea – per l’acquisto di beni, servizi e lavori. In questo contesto, il potenziale trasformativo del Green Public Procurement (GPP) è enorme. Solo nel settore dei materiali da costruzione si stima che vengano spesi annualmente oltre 13 miliardi di euro. In Italia, nel 2023, il valore complessivo degli appalti pubblici di importo pari o superiore a 40 mila euro ha raggiunto i 283,4 miliardi di euro.

Sebbene la Direttiva attuale consenta l’aggiudicazione dei contratti in base al miglior rapporto qualità-prezzo – includendo quindi anche criteri ambientali e sociali – oltre il 55% delle gare in Europa continua a essere assegnato esclusivamente sulla base del prezzo più basso. Un approccio che ostacola l’adozione di soluzioni innovative e a minor impatto ambientale e limita l’integrazione dei criteri sociali e la valorizzazione della produzione europea. L’Italia, tuttavia, con il Codice degli Appalti (D.Lgs. 50/2016 e s.m.i.) già prevede l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) in numerosi settori. Si tratta di una scelta ambiziosa che ha posto il nostro Paese all’avanguardia in Europa, ma che oggi mostra anche criticità applicative che ne limitano l’efficacia, come la carenza di formazione delle stazioni appaltanti, gli elevati oneri burocratici e la scarsa disponibilità di strumenti operativi e dati di monitoraggio.

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Le decisioni di acquisto delle pubbliche amministrazioni possono incoraggiare l’innovazione verso le tecnologie pulite fornendo l’accesso a economie di scala anche a piccole realtà e start-up e fare da volano alla crescita della domanda per prodotti compatibili con gli obiettivi climatici, anche nei mercati privati.

La revisione della Direttiva europea sugli Appalti Pubblici (2014/24/UE), prevista entro il 2026 e citata nel Clean Industrial Deal, rappresenta un’importante opportunità. Attraverso questa revisione, la Commissione si pone l’obiettivo di rafforzare la sostenibilità, la resilienza e l’autonomia strategica degli appalti pubblici europei, rendendoli uno strumento centrale per il raggiungimento degli obiettivi industriali e climatici dell’Unione. Un primo passo è stato compiuto con la consultazione pubblica, avviata a fine 2024, per raccogliere evidenze e valutazioni sul funzionamento dell’attuale quadro normativo, a cui ECCO ha partecipato, evidenziando il bisogno di:

  1. definire criteri GPP, incrementali, ovvero basati su legislazioni e requisiti già esistenti e coerenti a livello europeo (per esempio adottando gli standard VSMEs), secondo un principio di efficacia rispetto agli obiettivi;
  2. facilitare l’accesso alle gare a tutti i soggetti, comprese le Piccole e Medie Imprese, rendendo le procedure maggiormente standardizzate e digitalizzate, seguendo un principio di proporzionalità tra efficacia e rilevanza delle misure;
  3. garantire un monitoraggio e una rendicontazione dell’attuazione del GPP, per consentire la valutazione dei benefici per le imprese e i territori;
  4. supportare le autorità pubbliche nell’attuazione del GPP, per garantire una efficace attuazione anche nelle aree geografiche più svantaggiate.

Criteri GPP incrementali – semplificazione e interoperabilità

I criteri degli appalti pubblici dovrebbero essere allineati ai quadri normativi europei già esistenti, comprese la Tassonomia UE, la Direttiva sulla Prestazione Energetica degli Edifici (EPBD) e la nuova direttiva sull’Ecodesign (ESPR). Questo richiede l’adozione di metodi interoperabili per il calcolo delle emissioni di CO2. Strumenti come le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD) – basate sull’analisi del ciclo di vita (LCA) e richieste in alcuni bandi gara –  presentano complessità e non sempre sono comparabili con  gli standard di rendicontazione. Questo porta ad un’attuazione frammentata e disomogenea tra gli Stati membri e a un potenziale sovraccarico amministrativo per le aziende.

Al contrario, partire dall’individuazione delle fasi del ciclo produttivo a maggiore intensità emissiva e all’incidenza di tali emissioni nel prodotto finito, permetterebbe di definire standard incrementali relativi all’impronta di carbonio efficaci e rilevanti.

Nel caso dei materiali da costruzione – comparto per cui il settore pubblico nazionale ha speso circa 48 miliardi di euro nel 2019 – la fase più emissiva è quella della produzione, che genera prevalentemente emissioni di scopo 1. Per il cemento, ad esempio, questa fase rappresenta circa l’80% delle emissioni complessive (Figura 1). Queste emissioni sono già oggetto di monitoraggio e rendicontazione annuale nell’ambito di obblighi europei esistenti, come l’EU ETS, e pertanto, fissare standard relativi a tali rendicontazioni non comporterebbe ulteriori oneri amministrativi per le imprese, che potrebbero tracciare nella loro filiera i fornitori e, quindi, i livelli di impronta di carbonio a cui fare riferimento.

Se gli appalti pubblici si basassero sistematicamente su criteri ambientali chiari e ben applicati, i prodotti europei più sostenibili si troverebbero in prima linea nelle gare, contribuendo a rafforzare la competitività delle industrie dell’Unione. L’adozione di criteri armonizzati a livello europeo – pur se inizialmente applicati a una quota non totale delle emissioni, ad esempio l’80% – rappresenterebbe un passo decisivo nella giusta direzione.

Figura 1– Il 76% delle emissioni nel cemento è già monitorato, verificato da verificatori accreditati e pubblico (scopo 1 – EU ETS). Per emissioni di scopo 1 si intendono le emissioni dirette generate dai processi produttivi e dall’utilizzo di combustibili all’interno dell’impianto. Le emissioni di scopo 2 sono invece emissioni indirette legate al consumo di energia elettrica acquistata. Le emissioni di scopo 3 includono tutte le altre emissioni indirette lungo la catena del valore, come quelle associate ai fornitori, al trasporto o all’uso finale dei prodotti.

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È fondamentale, inoltre, promuovere la digitalizzazione delle procedure e far sì che i criteri di riferimento siano basati su sistemi e standard interoperabili, che consentano alle imprese di presentare una sola volta la documentazione necessaria in un sistema europeo comune, semplificando l’accesso soprattutto per le Piccole e Medie Imprese (PMI) e la valutazione da parte delle amministrazioni, soprattutto quelle meno strutturate.

Le Piccole e Medie Imprese e il GPP: inclusione, trasparenza e sostenibilità

Le Piccole e Medie Imprese (PMI) rappresentano una componente essenziale del tessuto produttivo europeo, in particolare in Italia il 99% delle imprese è composto da PMI. Nonostante le direttive UE mirino a facilitarne l’accesso agli appalti pubblici, la loro partecipazione continua a essere ostacolata da numerose barriere. In molti Stati membri, Italia compresa, le principali criticità riguardano la dimensione dei bandi e la limitata applicazione del principio di suddivisione in lotti, nonché una generale mancanza di trasparenza nei criteri di valutazione. Inoltre, la mancanza di un sistema digitale che permetta di partecipare ovunque in Europa a bandi con gli stessi criteri rende complessa la partecipazione ai piccoli produttori, spesso carenti di personale dedicato.

Un’opportunità concreta in tal senso è rappresentata dall’introduzione degli standard VSME (Voluntary Sustainability Reporting Standards for SMEs), pubblicati da EFRAG nel dicembre 2024. Si tratta di standard volontari di rendicontazione pensati per le PMI non soggette alla CSRD, che forniscono un quadro semplificato ma coerente con le normative europee in materia di sostenibilità. Gli standard VSME prevedono due livelli di rendicontazione (base e completa), evitando l’obbligo di analisi complesse come la doppia materialità, ma permettendo comunque alle imprese di comunicare in modo trasparente e standardizzato la propria performance ESG.

L’adozione di tali standard come riferimento nei bandi di gara potrebbe costituire un elemento abilitante per promuovere la partecipazione delle PMI agli appalti sostenibili, senza comprometterne l’accessibilità. Inoltre, l’integrazione di criteri ambientali misurabili, come ad esempio soglie emissive analoghe a quelle previste dalla Tassonomia, renderebbe più oggettiva e trasparente l’esclusione o l’inclusione degli operatori economici.

Per rafforzare il ruolo delle PMI negli appalti pubblici occorrerebbe, da un lato, intervenire sulle modalità di strutturazione delle gare e sull’effettiva applicazione dei principi già previsti dalle direttive; dall’altro, promuovere un sistema di criteri ambientali e sociali coerente, misurabile e accessibile anche per le imprese di minori dimensioni. Solo così sarà possibile coniugare inclusione, innovazione e sostenibilità nella strategia europea per la transizione.

Monitoraggio, trasparenza e supporto alle pubbliche amministrazioni

È necessario adottare una strategia che combini monitoraggio, trasparenza e supporto operativo alle pubbliche amministrazioni.

Oggi solo tre Stati membri dell’UE Malta Finlandia e Germania monitorano sistematicamente l’attuazione del GPP, rendendo difficile valutare con precisione l’impatto ambientale delle gare pubbliche e l’impatto economico sulle aziende. In questo contesto, l’introduzione di un sistema di rendicontazione standardizzato e obbligatorio a livello europeo migliorerebbe la qualità dei dati, rendendoli comparabili tra paesi e accessibili a tutti gli attori coinvolti. Una piattaforma digitale centralizzata per la registrazione dei criteri ambientali applicati negli appalti pubblici potrebbe aumentare la trasparenza e facilitare il controllo, contribuendo a rendere le gare di appalto un processo più affidabile, armonizzato ed efficace.

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Accanto alla trasparenza, è essenziale sostenere le pubbliche amministrazioni nell’adozione dei criteri ambientali. La definizione di criteri comuni contribuirebbe a ridurre la frammentazione normativa, facilitando il lavoro delle stazioni appaltanti e l’accesso delle imprese, in particolare le PMI. Tuttavia, servono anche strumenti operativi, formazione e risorse dedicate. I fondi europei, come il Fondo di Coesione e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, possono giocare un ruolo decisivo in questo processo, sostenendo gli enti pubblici nell’adozione di pratiche di acquisto sostenibile e nella costruzione di competenze interne. Infine, per garantire una transizione efficace e credibile, serve investire nella formazione delle stazioni appaltanti, dotarle di strumenti adeguati e attivare un sistema di monitoraggio trasparente e sistematico. Solo così il Green Public Procurement potrà diventare una leva concreta per la decarbonizzazione industriale e la rinascita di una manifattura europea pulita, innovativa e competitiva.

Buy Better Build Better Coalition

La prova che l’applicazione di criteri ambientali per la spesa pubblica attraverso il GPP potrebbe essere un volano per le aziende virtuose europee si vede attraverso iniziative come la Buy Better Build Better coalition. Una coalizione, lanciata al Parlamento Europeo il 21 maggio, di attori industriali e della società civile per chiedere una revisione delle direttive sugli appalti pubblici. Produttori di cemento e acciaio decarbonizzato europei stanno già oggi chiedendo, attraverso un manifesto, l’implementazione di un GPP ambizioso e armonizzato in tutta Europa.

 

Foto di CHUTTERSNAP



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