I lavoratori soffrono sempre più spesso di solitudine. Secondo un’indagine ripresa anche da Nature, sono più di 8 su 10 i dipendenti di Brasile, Cina, Germania, Regno Unito e Stati Uniti che dichiarano di sentirsi soli nei luoghi di lavoro (82%). Sono gli appartenenti alla Gen Z a sentirsi maggiormente isolati sul luogo di lavoro (30%), rispetto al 22% registrato nelle altre fasce d’età.
I risultati delle ricerca sulla solitudine al lavoro
A livello globale, il report State of the Global Workplace di Gallup ha rilevato tra i lavoratori italiani che uno su 4 (25%) prova tristezza e isolamento ogni giorno.
Uno studio della Campaign to End Loneliness promosso dalla Sheffield Hallam University ha rilevato che le persone che si sentono spesso sole hanno maggiori probabilità di dichiarare una minore soddisfazione lavorativa e un minore coinvolgimento sul luogo di lavoro.
Un’altra ricerca pubblicata sull’Harvard Business Review ha rilevato che i dipendenti solitari sono meno produttivi e dimostrano un minore impegno nei confronti della propria organizzazione. Un trend negativo che ha effetti devastanti anche sull’intera economia globale.
L’esempio di Regno Unito e Usa
Nel Regno Unito si stima ad esempio che la solitudine dei lavoratori costi agli imprenditori, in termini di calo della produttività e aumento dei tassi di assenteismo e turnover, fino a 2,5 miliardi di sterline all’anno. Negli Stati Uniti, invece, come riportato da Harvard Business Review, l’assenteismo correlato allo stress attribuito alla solitudine costa ai datori di lavoro circa 154 miliardi di dollari all’anno.
La solitudine lavorativa come epidemia
La solitudine lavorativa, come da monito lanciato anche dall’OMS, nel corso degli anni è diventata sempre di più una vera e propria epidemia ma una nuova cura è a portata di mano ed arriva direttamente dall’Italia. In Italia infatti, con l’intenzione d’invertire la rotta e far finalmente comprendere a tutti il valore inestimabile delle relazioni, nel business come nella vita quotidiana, è nato il Manifesto per far entrare la società in una nuova era, quella del “Relazionésimo”.
Il progetto Relazionésimo
Un progetto sostenuto da un pool di esperti sociologi, psicologi ed economisti, che lavorano a stretto contatto con imprese e istituzioni.
«L’identità soggettiva e delle comunità non è statica: richiede negoziazione, riconoscimento, impegno e soprattutto lo sviluppo di relazioni a tutti i livelli – chiariscono Ketty Panni e Ombretta Zulian, imprenditrici e fondatrici della Fondazione Relazionésimo, ente del Terzo settore a profitto sociale dedicato alla promozione della crescita culturale, sociale ed economica della comunità – È ormai indispensabile e improrogabile affermare la centralità della persona e delle relazioni umane in ogni scelta culturale, politica, economica, sociale e ambientale. Serve progettare non per i territori, ma con i territori; non per le imprese, ma con le imprese. In un processo autenticamente condiviso che sappia rovesciare le dinamiche tradizionali per ritrovarsi come comunità intorno alle relazioni, vero cuore del nostro esistere, motore di felicità e volano di sviluppo per produrre valore condiviso. Molti aspetti della vita moderna contribuiscono alla solitudine, inclusi fattori culturali, economici, demografici e tecnologici che esulano dalla capacità dei datori di lavoro di influenzare direttamente il clima all’interno delle organizzazioni. Tuttavia, ci sono aspetti della vita aziendale che possono essere modificati per ridurre la solitudine lavorativa e aumentare i legami umani. Aiutando i collaboratori a creare delle connessioni sociali le aziende costruiscono infatti una forza lavoro più felice, più sana e più produttiva».
Il manifesto in 10 punti
Per riuscire a portare tutta la forza della “era del Relazionésimo” nelle dinamiche di sviluppo dei territori, la Fondazione Relazionésimo ne ha sviluppato il Manifesto, sintetizzato in questi 10 punti:
- La persona è il centro dell’agire: l’individuo, unico e insostituibile, si rapporta all’altro non come mezzo ma come fine, soggetto di una tensione relazionale per la sua crescita spirituale, culturale e civile.
- Le relazioni devono rappresentare la bussola della vita: le relazioni sono un bene primario ed essenziale per misurare la qualità di vita. I comportamenti umani producono un “effetto relazionale” che a sua volta genera valore che può essere tangibile o intangibile, materiale o immateriale.
- La responsabilità deve diventare un bene comune: un legame sociale e di relazione di cura delle persone, della comunità e del pianeta in un circuito di reciprocità, interminabile e sempre aperto.
- Misurare il valore delle relazioni: le relazioni sono un bene primario ed essenziale per misurare la qualità del vivere e il loro valore, materiale o immateriale, va sempre misurato e rendicontato per monitorare il ritorno economico, personale, sociale e civile.
- Valorizzare il “prendersi cura”: le imprese, le organizzazioni e le istituzioni sono chiamate a introdurre nella loro rendicontazione economica, una quota di valore destinata al “prendersi cura” delle persone, delle comunità di appartenenza e dell’ambiente.
- Annullare le distanze per produrre valore: i servizi e le dinamiche sociali all’interno delle città devono basarsi sulla prossimità, fattore chiave per alimentare nuove soluzioni di cura e assistenza e uno sviluppo sostenibile, capace di ridurre i costi sociali e produrre valore condiviso.
- Tramandare un’eredità alle future generazioni: l’eredità, ricevuta o lasciata, è data dalla ricchezza integrale che è composta dalla somma di beni materiali e immateriali, di valori tangibili e intangibili. Un’eredità che le persone hanno il dovere di conservare, far crescere, tramandandola responsabilmente alle future generazioni.
- Dare lucea all’Impresa-Comunità: l’impresa, intesa come organizzazione sia a profitto privato, sociale e pubblico, assume la postura della C-Corp (Impresa-Comunità) per attivare relazioni di reciprocità, collaborazione e cooperazione con i livelli istituzionali e con le forme di cittadinanza attiva, creando valore condiviso.
- Stop a pregiudizi e discriminazioni: L’attività di Relazionésimo ha solide radici nel rispetto, nella reciprocità, nella giustizia, nella solidarietà e nell’assenza di pregiudizi e discriminazioni, fonti di disuguaglianza economica.
- Superare la dicotomia pubblico vs privato: praticando innovazione sociale e adottando nuove soluzioni generative sarà possibile attuare dei cambiamenti profondi, caratterizzati da una cultura delle relazioni pervasiva che sarà in grado di strutturare e riorientare lo sviluppo dell’economia dei territori.
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