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Tassi euro solo parzialmente coinvolti dal rialzo di quelli Usa


Downgrade del rating Usa da parte di Moody’s, che venerdì scorso ha portato a Aa1 da Aaa il suo giudizio sulla prima economia del mondo, citando tra le problematiche l’alto debito che ormai ha raggiunto i 36.000 miliardi di dollari. Moody’s ha detto che il debito potrebbe raggiungere il 134% del Pil entro il 2035, rispetto al 98% lo scorso anno (segui tassi e valute su www.aritma.eu). Il taglio del rating ha acuito i timori degli investitori per la situazione in cui versa il debito Usa. La decisione di Moody’s ricalca quelle prese da Fitch nel 2023 e da S&P Global nel 2011. Intanto il Presidente Usa è tornato a premere sulla Federal Reserve perché tagli i tassi di interesse, criticando il Governatore Powell.

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Tutto ciò ha messo sotto pressione i treasury che inoltre patiscono la tiepida accoglienza alle aste di metà settimana e l’approvazione della riforma fiscale che potrebbe peggiorare i già precari conti pubblici. Il 10 anni Usa sale a sfiorare il 4,58% per poi flettere al 4,52%. La pubblicazione degli indici di fiducia Pmi (direttori acquisti) superiori alle attese per quanto riguarda sia il settore manifatturiero, sia quello dei servizi sostiene il rialzo. Il bilancio settimanale vede il Bond 10 salire di 11 centesimi; più stabile la parte a breve con il 2 anni al 3,98% (+5).
Sul fronte Fed i dati sembrerebbero facilitarne le decisioni visti i segnali di tonicità dell’economia (entrambi gli indici Pmi sono sopra 50, soglia che separa contrazione da crescita). Alcuni membri apicali della banca centrale coerentemente hanno dichiarato di attendersi un taglio nell’anno in corso e che comunque prima di muoversi sarebbe opportuno avere un quadro meglio delineato, cosa che potrebbe avvenire tra 3-6 mesi, quando forse si capirà qualcosa in più sui dazi.

I tassi eurozona vengono coinvolti solo in parte dal rialzo di quelli Usa, vuoi perché alcune vicende (downgrade) sono interne agli Stati Uniti, vuoi perché i dati usciti in settimana mostrano qualche segnale di debolezza del quadro economico.
Per la Commissione europea il Pil crescerà dello 0,9% nel 2025 (precedente previsione 1,3%) e dell’1,4% (1,6% precedente). L’inflazione definitiva di aprile si conferma a 0,6% mese e 2,2% tendenziale.
A maggio l’attività delle imprese della zona euro è tornata inaspettatamente in contrazione, poiché l’importante settore dei servizi ha subito un’ulteriore flessione della domanda, a fronte di un settore manifatturiero che ha mostrato nuovi segni di stabilizzazione. L’indice composito preliminare Pmi per la zona euro, considerato un buon indicatore per la crescita, è sceso questo mese a 49,5 da 50,4 di aprile. Il mese di maggio segna la prima lettura per quest’anno al di sotto della soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione, in contrasto con le aspettative di un aumento a 50,7.

L’economia della zona euro sembra non riuscire a trovare il suo punto d’appoggio. Da gennaio, il Pmi complessivo ha mostrato solo un minimo accenno di crescita e a maggio il settore privato è addirittura scivolato in contrazione. Il Pmi dei servizi è sceso a 48,9 da 50,1, la lettura più bassa da gennaio 2024 e ben lontana dalle stime di un aumento a 50,3. Con l’ulteriore calo della domanda, l’ottimismo delle imprese di servizi per l’anno a venire si è ulteriormente affievolito. L’indice delle aspettative delle imprese è sceso a 54,0 da 55,1, il valore più basso da quasi tre anni.
Unica lettura positiva è che le imprese manifatturiere hanno mostrato maggiori segnali di ripresa, con il Pmi del settore salito ai massimi di quasi tre anni leggermente superiore al 49,3 previsto dai sondaggi. L’indice che misura la produzione, componente del Pmi composito, è rimasto invariato a 51,5 in aprile. L’indice Ifo tedesco (morale delle imprese tedesche) è invece migliorato un po’ più del previsto a maggio.

Dunque complessivamente le prime rilevazioni dopo l’inizio della guerra dei dazi mostrano debolezza specie sul settore servizi.

Tassi eurozona saliti sul medio lungo, ma leggermente scesi sul breve

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Nonostante questi dati i tassi eurozona sono saliti sul tratto medio lungo (Bund 10 al 2,61% +2; Irs 10 al 2,58% +6; Btp al 3,62% +3), ma sono leggermente scesi sul breve. Per quanto riguarda i tassi interbancari a brevissimo, l’Euribor 3 mesi scende al 2,04% dal 2,10% di venerdì scorso; l’aspettativa per fine anno è all’1,77% cioè due centesimi in meno rispetto a venerdì scorso.



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