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Lavora di più e lamentati di meno – Alessandro Lubello


Da anni uno degli allarmi più diffusi intorno allo sviluppo dell’intelligenza artificiale è la possibile distruzione di posti di lavoro un tempo svolti dagli esseri umani e poi affidati alle macchine. Spesso sono allarmi, se non ingiustificati, quanto meno eccessivi, dal momento che l’innovazione tecnologica in genere si affianca all’essere umano, permettendogli di svolgere meglio la sua attività, e allo stesso tempo dà vita a lavori che prima non c’erano.

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La storia dell’umanità, d’altro canto, è un continuo susseguirsi di invenzioni e idee che hanno sì fatto sparire molte cose vecchie, ma hanno permesso agli esseri umani di progredire e, in molti casi, di rendere il mondo un posto più vivibile. Detto questo, non bisogna dimenticare che l’arrivo di un’innovazione, tanto più di una dalle potenzialità dirompenti come l’intelligenza artificiale, è destinato a creare difficoltà prima che la maggior parte delle persone cominci a benedire il giorno in cui è stata sviluppata.

Questa almeno è la riflessione che ho fatto leggendo un’interessante notizia apparsa sul Wall Street Journal. Il quotidiano finanziario spiega che nel mondo delle grandi aziende statunitensi la tradizionale corsa per accaparrarsi i talenti migliori si sta trasformando in una vera e propria “guerra contro il talento”. Fino a poco tempo fa i dirigenti in genere non mancavano mai di lodare i dipendenti come “il loro bene più prezioso”; oggi invece, in un periodo in cui l’economia è caratterizzata da grandi incertezze, non si fanno problemi a dirgli che “devono lavorare di più, lamentarsi di meno ed essere contenti se hanno ancora un lavoro”.

Di recente Emma Grede, cofondatrice dell’azienda d’abbigliamento Skims ha detto ai dipendenti: “L’equilibrio tra lavoro e vita privata è un problema vostro”. Jamie Dimon, amministratore delegato del colosso bancario JPMorgan, durante un infuocato incontro con i lavoratori che si lamentavano dell’obbligo di tornare in ufficio a tempo pieno ha detto che non gliene fregava niente: “Ne ho abbastanza di questo tipo di cose”.

Questi toni inediti, scrive il Wall Street Journal, “segnano un cambiamento degli equilibri di potere ora che le imprese stanno riducendo il numero di colletti bianchi”. Molti lavoratori vedono i vantaggi di una volta sparire e le loro lamentele ignorate”. Donnie Donselman, ex dipendente di un’impresa informatica, cercando una nuova occupazione ha notato che molte aziende pretendono così tante mansioni che oggi un lavoro attuale corrisponde a tre di una volta.

Tutta questa aggressività è sicuramente dovuta alla congiuntura economica, non proprio favorevole ai lavoratori, ed è stata senza dubbio sdoganata da personaggi come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo (ormai ex) collaboratore miliardario Elon Musk, che in questi mesi si sono dati da fare per ridurre con l’accetta il numero dei dipendenti pubblici.

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A febbraio Musk ha inviato un’email ai dipendenti pubblici chiedendogli di spiegargli cosa avevano fatto nell’ultima settimana per capire se effettivamente erano utili. Tuttavia, spiega il Wall Street Journal, c’è un altro fattore determinante: i progressi dell’intelligenza artificiale. Tobi Lütke, amministratore delegato di Shopify, ha detto ai dipendenti che l’azienda non farà nuove assunzioni a mano che i dirigenti non dimostrino che l’intelligenza artificiale non è capace di svolgere una certa mansione.

Probabilmente in futuro i dipendenti torneranno a essere fondamentali per le aziende, fioccheranno le offerte di lavoro e gli amministratori delegati diranno di nuovo che sono il loro bene più prezioso. Ma nel frattempo la condizione dei colletti bianchi diventa più precaria.

Nel Regno Unito, scrive il Financial Times, il salario minimo è ormai uno strumento che non interessa solo i lavoratori manuali dei settori meno ricchi. Negli ultimi anni il governo di Londra ha progressivamente aumentato il salario minimo legale, che oggi è di 12,21 sterline all’ora, pari a due terzi del salario mediano britannico.

Questa quota garantisce un reddito annuale compreso tra le 22mila e le 25.500 sterline per gli impieghi a tempo pieno, una cifra che corrisponde grosso modo agli stipendi percepiti da colletti bianchi impiegati nel marketing o nell’informatica, in particolare del 10 per cento che guadagna di meno. La Low pay commission, un organo indipendente che supervisiona l’applicazione della legge sul salario minimo, stima che il numero di lavoratori sottopagati nei settori caratterizzati da stipendi non bassi è aumentato del 40 per cento negli ultimi sei anni.

Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.

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