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Imprese energivore e tecnologia pulita: la sfida a Nord Est


La crescente pressione legata al fabbisogno energetico e all’aumento dei costi dell’energia impone scelte strutturali profonde per garantire competitività e sostenibilità nel lungo periodo. Secondo l’Agenzia internazionale dell’Energia, «si prevede che la domanda globale di energia continuerà ad aumentare nei prossimi decenni, spinta da crescita economica, industrializzazione e digitalizzazione».

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In questo scenario, la competitività del Nord Est passa sempre più dalla qualità della sua infrastrutturazione energetica: non è più sufficiente disporre di energia, ma occorre garantirne l’erogazione in modo continuo, affidabile e a costi sostenibili. Le recenti criticità registrate in Spagna, con blackout su larga scala, dimostrano quanto sia fondamentale un sistema energetico solido e resiliente.

La banca d’investimento Rbc ha stimato che il costo economico dell’interruzione spagnola potrebbe variare tra 2,25 e 4,5 mld di euro, a dimostrazione delle ricadute potenzialmente drammatiche di un’insufficiente sicurezza energetica.

È dunque essenziale sottolineare fin d’ora che il futuro di un territorio che ambisce a restare competitivo si gioca sulla sua capacità di assicurare un approvvigionamento energetico stabile e adeguato.

Come anche sottolineato al festival Galileo a Padova, la sfida si fa ancora più urgente considerando che la domanda non sarà alimentata solo dai settori produttivi tradizionali, ma anche dalla crescente digitalizzazione, dalla diffusione dei data center e dallo sviluppo dell’AI, tutti elementi che richiedono ingenti quantità di energia e che stanno già ridisegnando i fabbisogni infrastrutturali del prossimo decennio.

Nel Nord Est ogni regione affronta sfide energetiche specifiche legate alle proprie vocazioni industriali: il Friuli Venezia Giulia deve gestire l’elevata intensità energetica della metallurgia, che assorbe quasi metà (42,7%) del consumo industriale d’energia; l’Emilia-Romagna in termini relativi concentra le proprie sfide energetiche nei settori alimentare e ceramico, che insieme rappresentano oltre il 41% dei consumi di energia; il Trentino-Alto Adige presenta una distribuzione più equilibrata tra cartaria (17,5%), alimentare (16,5%) e metallurgia (15,7%); mentre il Veneto, con tessuto industriale più diversificato su più settori, con metallurgia (16,9%) e prodotti in metallo (8,6%) e alimentare (12,9%) in prima linea.

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Dal 2018, un’azienda è definita “energivora” se consuma almeno 1 GWh di elettricità all’anno e opera in un settore industriale ad alto consumo energetico, oppure se il costo d’energia incide per almeno il 20% sul suo valore aggiunto.

Secondo i dati della Cassa per i Servizi energetici e ambientali, il Nord Est conta poco più di 1.500 aziende energivore, che rappresentano il 29% del totale nazionale, impiegando più di 250 mila addetti, evidenziando forte concentrazione di attività ad alta intensità energetica. Tale situazione rende le regioni del Nord Est particolarmente vulnerabili alla volatilità dei prezzi dell’energia, ai rischi globali di approvvigionamento e alle sfide legate a transizione ecologica e normative ambientali.

Guardando al futuro, la tecnologia pulita – o cleantech – offre prospettive interessanti. Con questo termine si fa riferimento a prodotti, servizi e processi che utilizzano fonti di energia e materiali rinnovabili, riducendo emissioni e rifiuti con impatto contenuto sull’ambiente.

La cleantech può contribuire a risolvere le criticità dell’approvvigionamento energetico, grazie a diversificazione delle fonti tramite rinnovabili, produzione locale attraverso comunità energetiche, ed efficienza nei consumi. L’integrazione di sistemi di accumulo e la digitalizzazione delle reti aumentano stabilità e resilienza del sistema, mentre l’innovazione nei processi industriali riduce la domanda complessiva, rendendo l’intero ecosistema energetico più sicuro e sostenibile.

La Cina, per esempio, ha già fatto passi da gigante in questo campo, mostrando come gli investimenti in tecnologie pulite e in infrastrutture per l’energia rinnovabile possano fungere da motore di sviluppo economico e innovazione.

Nel contesto italiano il settore cleantech sta crescendo e gli investimenti dal 2019 ammontano a oltre 1 miliardo di euro, con il settore dei Materiali e Chimica diventato sempre più rilevante, soprattutto grazie all’interesse per i materiali conduttivi, il grafene oppure soluzioni bio-based.

Tuttavia, l’Italia è ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei perché rimane limitata la capacità di trasformare l’innovazione in applicazioni industriali. Se adeguatamente supportato, il settore cleantech rappresenta un asset per un futuro industriale sempre più sostenibile, generando opportunità di innovazione e crescita economica a lungo termine. —

*presidente Fondazione Nord Est

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** ricercatrice senior Fondazione Nord Est



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