Il nuovo annuncio di Donald Trump di voler colpire l’Unione europea con dazi fino al 50% a partire dal primo giugno – poi rinviati al 9 luglio dopo una telefonata con Ursula von der Leyen – ha riacceso il dibattito politico europeo, con i Verdi che puntano il dito contro i leader dell’estrema destra, colpevoli secondo loro di aver legittimato l’ex presidente USA senza considerare le conseguenze economiche delle sue politiche.
Nel mirino in particolare la presidente del Consiglio Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia, gruppo Ecr), che nel gennaio scorso è stata l’unica leader europea in carica a partecipare all’inaugurazione di Trump. Un gesto che oggi torna a far discutere, alla luce delle ripercussioni che i dazi potrebbero avere sull’economia italiana, a cominciare da comparti come quello vitivinicolo.
«Ora che il presidente Trump ha annunciato dazi al 50% sui prodotti europei – denuncia Vula Tsetsi, co-presidente del Partito Verde Europeo – i leader dell’estrema destra come Meloni, che hanno fatto comunella con lui, hanno molto da spiegare. Le imprese europee finiranno nei guai a causa delle sue folli tariffe. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato per il vino italiano, con esportazioni per 1,9 miliardi di euro nel 2024: come spiegherà Meloni ai viticoltori italiani che ha ballato col diavolo, che ora sta distruggendo le imprese familiari italiane?».
La posizione dei Verdi è netta anche rispetto al ruolo che l’Ue dovrebbe giocare in risposta all’escalation tariffaria annunciata da Trump. Ciarán Cuffe, anch’egli co-presidente dei Verdi europei evidenzia: «Davanti a questa guerra commerciale, l’Ue deve restare unita e sostenere gli Stati membri più colpiti. Serve un approccio comune per evitare frammentazioni e difendere la nostra economia, i cittadini e la transizione climatica. Ma quando le esportazioni agricole crolleranno, ricordiamoci chi ha fatto da cheerleader all’insediamento di Trump: Giorgia Meloni, Santiago Abascal per Vox e Mateusz Morawiecki, oggi presidente del gruppo Ecr».
A complicare il quadro vi è la volatilità della linea americana. Dopo aver minacciato l’imposizione di dazi fino al 50% già dal 1° giugno, Trump ha dichiarato di accettare la proposta della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di rinviare ogni decisione al 9 luglio. “L’Ue e gli Stati Uniti condividono il rapporto commerciale più importante e stretto al mondo. L’Europa è pronta a far avanzare i colloqui con rapidità e decisione”, ha scritto von der Leyen sui social.
Ma i toni di Trump restano bellicosi. “Non stiamo andando da nessuna parte con l’Europa”, ha dichiarato venerdì scorso, ribadendo l’intenzione di imporre dazi massicci. Dal 2 aprile, quando ha annunciato nuove misure tariffarie verso la maggior parte dei partner commerciali Usa, la sua amministrazione ha introdotto tre serie di dazi contro l’Ue: il 25% su acciaio, alluminio e automobili, un 20% “reciproco” – poi sospeso – e un dazio base “universale” del 10% che rimane attivo.
In questo contesto di crescenti tensioni economiche, le critiche dei Verdi europei si legano anche alla necessità di proteggere la coesione economica, sociale e ambientale dell’Europa. Secondo Cuffe, servono risposte che tengano conto del benessere dei cittadini, della protezione dei settori produttivi vulnerabili e della necessità di mantenere la rotta sulla transizione ecologica.
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