La giunta regionale lucana ha approvato l’avviso pubblico “Basilaureati-bonus alle imprese per l’assunzione di disoccupati laureati”. Clicca qui. Basta dare un’occhiata agli obiettivi e ai requisiti di questa misura per rendersi conto di quanto sia fallimentare l’ennesima iniziativa fondata su bonus e incentivi. L’avviso pubblico è stato proposto dall’assessore allo Sviluppo economico e Lavoro, Francesco Cupparo. Lo stesso assessore che nel 2021 ha fatto scappare dalla Basilicata un’azienda seria, la Exos, in continua espansione nel settore delle tecnologie aerospaziali. Azienda che avrebbe assunto 350 giovani da impiegare in attività molto qualificate. Quell’azienda, “maltrattata” dalla Regione, ha poi realizzato il progetto a Torino. In quel caso non c’entravano i bonus alla “Cupparo”, bisognava soltanto dare corso agli accordi e concedere le necessarie autorizzazioni. Ma tant’è.
L’avviso pubblico in questione prevede l’impiego di 6 milioni di euro spalmati in tre anni. A conti fatti, ammesso che tutto funzioni, si tratta a regime di 150 assunti, 40mila euro di “investimento” pubblico per ogni posto di lavoro. Attenzione, uno degli obblighi delle imprese che accedono alla misura è l’assunzione con contratto a tempo indeterminato. Come se un’azienda non avesse la facoltà di ridurre il personale, anche se assunto a tempo indeterminato, appena consumato il bonus o, in caso di vincoli temporali, alla scadenza dei vincoli. La misura tra l’altro è destinata non solo alle aziende ma ai professionisti, quindi studi di ingegneria, avvocati, notai, eccetera eccetera. La speranza è che aziende e professionisti dopo due anni di bonus crescano nel loro mercato di riferimento e mantengano i livelli occupazionali dichiarati al momento dell’accesso alla misura incentivante. E’ una speranza che ha già prodotto, in passato, risultati deludenti.
Sempre conti alla mano, per evitare che mille giovani vadano via dalla Basilicata, con il metodo incentivi della misura proposta da Cupparo occorrerebbero 40 milioni di euro da bonificare ad aziende e professionisti. Dal 2011 al 2023 i ragazzi che si sono trasferiti all’estero, non al Nord, sono stati 3.147. Se aggiungiamo quelli trasferiti in altre città italiane i numeri salgono di parecchio. Peccato, se ci fosse stato Cupparo e i suoi bonus li avremmo trattenuti in Basilicata. Tuttavia, in quegli anni non sono mancate le misure a valere su fondi pubblici, anche europei, finalizzate all’occupazione giovanile: incentivi. Dalle esperienze passate non impara nessuno. Mancano le idee e abbonda l’improvvisazione.
E sapete come è stata motivata questa genialata dal nome infelice, “Basilaureati-bonus”? “Siamo in presenza di un’alta dotazione di capitale umano non produttivo, cioè non impiegato nella produzione di beni e servizi”. (Bastava dire “giovani laureati inoccupati”). Perciò inventiamo l’ennesimo incentivo. L’obiettivo? “Far fronte alla sempre crescente ‘fuga di cervelli’ dal nostro territorio regionale creando in Basilicata opportunità occupazionali stabili e qualificate rivolte ai laureati lucani disoccupati”. Questi sono proclami a cui siamo abituati da decenni. La realtà è che le aziende, quelle messe peggio, continuano a incassare incentivi e i “cervelli” continuano ad emigrare. La realtà è che le aziende messe meglio quelle qualificate, con forti capacità di investimento, non sanno che farsene degli incentivi e dei bonus, ma avrebbero bisogno di tutt’altro. La vicenda della Exos, ci dà almeno una pista.
L’altra realtà, dobbiamo ripeterci, è che i giovani non emigrano soltanto per cercare lavoro, ma rincorrono un futuro stabile e sostenibile. Si emigra in cerca di futuro, di condizioni complessivamente migliori al cui centro c’è senza dubbio la necessità di un lavoro decentemente retribuito e, possibilmente, gratificante. Tuttavia, quel lavoro se collocato in un contesto di disagio, non appare desiderabile.
C’è bisogno di un clima pubblico accogliente, di infrastrutture culturali e civili agevoli e funzionanti, di un welfare che sappia dare supporto nei momenti di difficoltà. C’è bisogno di una giustizia che funzioni, di una burocrazia credibile, di una sanità affidabile. Insomma, di un ambiente politico, istituzionale, sociale ed economico che dia un senso alla scelta, un’affidabilità alle prospettive di permanenza in un luogo. Tutto questo in Basilicata, specie nelle aree interne, non c’è.
Le politiche degli incentivi, quasi tutte concentrate sul lavoro, non producono grandi effetti: i giovani emigrano lo stesso. Proprio perché il problema del lavoro è centrale ma non esclusivo. Il contesto è fondamentale quanto il lavoro. E non solo il contesto fisico – infrastrutture, funzionamento dei servizi, eccetera – ma il funzionamento e la qualità dell’intero sistema che ruota intorno all’abitare nel territorio – città, quartiere, regione – in cui lavoro.
I giovani, in sostanza, hanno bisogno di fidarsi del territorio. L’affidabilità di un territorio è data da diverse variabili sociali, politiche, culturali. Al centro delle variabili immateriali troviamo la fiducia. Il capitale di fiducia sviluppa convivenza civile di qualità, senso di sicurezza, senso di comunità e di reciprocità. Qui la fiducia in pochi la producono, la politica al contrario la consuma senza restituirla.
In un territorio dove si truccano i concorsi, dove si inquina impunemente, dove il welfare non funziona, dove l’Università arranca, dove circolano corruzione, privilegi, raccomandazioni, dove l’ambiente naturale è sottoposto a forti stress, la fiducia scarseggia insieme a tutto il resto. Si verifica un fenomeno che possiamo definire “deprivazione della speranza”. Se chiudi il Centro Internazionale di Dialettologia, per esempio, i giovani ricercatori vanno via. Altro che stati generali della natalità, altro che incentivi e bonus. Se nomini un mediocre a dirigere un ente pubblico o un’azienda pubblica, i ragazzi scappano. E’ difficile da capire?
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