Ventisei mesi di calo consecutivo della produzione industriale e il peso delle sanzioni alla Russia.
L’invio di armi all’Ucraina ha cambiato le sorti del conflitto?
Dalla mancata ricostruzione ai costi del sostegno all’Ucraina sul welfare italiano. Il contributo
dell’Italia è quantificato intorno allo 0,1% del Pil, che nel 2024 equivaleva a 2,192 miliardi di
euro 1 . Ma è davvero così?
Ufficialmente, in tre anni di guerra in Ucraina, gli alleati di Kiev hanno stanziato circa 267
miliardi di euro (quindi oltre 80 miliardi l’anno) di cui la metà (cioè 130 miliardi) in assistenza
militare, altri 118 in aiuti finanziari e 19 miliardi in aiuti umanitari.
Gli Stati Uniti sono la nazione che ha fatto di più in termini di sostegno a Kiev ma tutti i Paesi
europei insieme hanno dato all’Ucraina più degli Stati Uniti in termini di denaro, come evidenzia
l’Ukraine Support Tracker del Kiel Institute che ha pubblicato un ampio rapporto 2 .
L’Europa ha destinato nel complesso a Kiev 132 miliardi di euro (70 in aiuti finanziari e umanitari
e 62 in aiuti militari) contro i 114 miliardi degli USA, 64 in armi e 50 in aiuti finanziari e
umanitari.
L’invio di armi dall’Italia all’Ucraina
Secondo quanto riferito dal sito ufficiale della Camera dei Deputati all’inizio del 2025: “In
conseguenza del perdurare della grave crisi internazionale in Ucraina, il decreto-legge n. 200/2024
(A.S. 1335, A.C. 2206) ha prorogato fino al 31 dicembre 2025, previo atto di indirizzo delle
Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità
governative ucraine, nei termini e con le modalità previste dall’articolo 2-bis del decreto-legge 25
febbraio 2022, n. 14. Per l’anno 2024, l’autorizzazione alla cessione era stata prorogata con il
decreto-legge n. 200/2023, e sono stati pubblicati il “nono pacchetto” (Gazzetta ufficiale del 10
luglio 2024) e il “decimo pacchetto” (Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2024) di invio di materiali
ed equipaggiamenti militari all’Ucraina, con contenuto, come in precedenza, classificato”.
Si ricorda, inoltre, che il 21 gennaio 2025 al Senato e il 22 gennaio 2025 alla Camera, in seguito
alle comunicazioni rese dal Ministro della Difesa ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 185 del
2022, sono state approvate le risoluzioni che impegnano il Governo, tra l’altro, a proseguire il
sostegno militare all’Ucraina (al Senato la risoluzione n. 6 Craxi, Terzi Di Sant’Agata, Pucciarelli,
Petrenga, Barcaiuolo, Ronzulli, Galliani, Rosso, Lotito, Damiani, Trevisi, Ternullo, Silvestro,
Paroli), risultando assorbite o precluse le altre proposte di risoluzione presentate; alla Camera è
stata interamente approvata la risoluzione n. 6-147 Bignami, Molinari, Barelli e Lupi; sono state
parzialmente approvate le risoluzioni n. 6-148 Braga e altri, n. 6-152 Faraone e altri, nel testo
riformulato, la risoluzione n. 6-151 Richetti e altri e, infine, nel testo riformulato, la risoluzione
Della Vedova e Magi n. 6-153 ).
Secondo quanto previsto dall’articolo 2-bis del decreto legge n. 14 del 2022, espressamente
richiamato dall’articolo 1 del decreto legge n. 185 del 2022, l’elenco dei mezzi, dei materiali e degli
equipaggiamenti militari oggetto della cessione e le modalità di realizzazione della stessa devono
essere individuati con uno o più decreti del Ministro della Difesa, adottati di concerto con il
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e con il Ministro dell’Economia e
delle Finanze.
Il richiamato articolo 2-bis del decreto legge n. 14 del 2022 prevede che il Ministro della Difesa e il
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con cadenza almeno trimestrale,
riferiscano alle Camere sull’evoluzione della situazione in atto.
In relazione alle cessioni di armi, sono stati finora emanati i seguenti decreti ministeriali:
– d.m. 2 marzo 2022 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 marzo);
– d.m 22 aprile 2022 (Gazzetta Ufficiale del 28 aprile);
– d.m. 10 maggio 2022 (Gazzetta Ufficiale del 28 aprile);
– d.m. 26 luglio 2022 (Gazzetta Ufficiale del 29 luglio);
– d.m. 7 ottobre 2022 (Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre);
– d.m. 31 gennaio 2023 (Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio 2023);
– d.m. 23 maggio 2023 (Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2023);
– d.m. 19 dicembre 2023 (Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2023);
– d.m. 25 giugno 2024 (Gazzetta Ufficiale del 10 luglio 2024);
– d.m. 12 dicembre 2024 (Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2024)
più un undicesimo decreto già presentato da Crosetto al Copasir il 7 maggio 2025 e che verrà presto
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il cui contenuto è secretato ma che dovrebbe prevedere l’invio
di dispositivi per la difesa aerea, come i missili Aster per il sistema Samp-T.
I decreti ministeriali citati hanno un medesimo contenuto. I mezzi, materiali ed equipaggiamenti
militari di cui si autorizza la cessione sono elencati in un allegato, “elaborato dallo Stato Maggiore
della difesa”, che è però classificato. Lo Stato Maggiore della Difesa viene anche autorizzato ad
adottare “le procedure più rapide per assicurare la tempestiva consegna dei mezzi, materiali ed
equipaggiamenti”.
Come si legge nella relazione tecnica allegata ai decreti legge di proroga, “dalla proroga non
derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che i materiali e
mezzi oggetto di cessione sono già nelle disponibilità del Ministero della Difesa. Eventuali oneri ad
essi connessi saranno sostenuti nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigenti. Si precisa
che le cessioni di mezzi, materiali e armamenti avvengono a titolo non oneroso per la parte
ricevente (cioè il Governo ucraino) ma, al pari di quelle realizzate dagli altri Stati membri, sono
parzialmente rimborsate dall’Unione Europea attraverso i fondi dello Strumento europeo per la pace
(European Peace Facility)”.
Per tali cessioni, il Consiglio dell’Unione ha finora disposto lo stanziamento di 6,1 miliardi di euro.
Nel marzo 2024 è stato anche istituito, all’interno dello strumento, un fondo speciale per il sostegno
all’Ucraina, con ulteriori 5 miliardi di euro” 3.
Usciamo ora dall’ambito della comunicazione istituzionale e cerchiamo di capire in cosa consista
davvero l’assistenza militare italiana all’Ucraina.
Nessun dettaglio è stato finora fornito circa armi, mezzi e munizioni contenuti nel nuovo pacchetto
di aiuti all’Ucraina, forniture che come noto sono mantenute segrete in seguito a quanto disposto nel
2022 dal Governo Draghi e non modificato dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
Le ipotesi che circolano circa il contenuto del 10° pacchetto riguardano un numero non precisato di
missili Aster 30 per il sistema di difesa aerea SAMP/T fornito con il 9° pacchetto, a fine settembre.
In un lancio dell’ANSA del 3 settembre si legge: “Lo scorso aprile l’Italia aveva inoltre già fornito
a Kiev anche i missili da crociera Storm Shadow/Scalp che possono colpire ad una distanza di 500
chilometri, potenzialmente anche obiettivi in Russia dunque. Ma secondo il caveat, come più volte
sottolineato dai ministri italiani, le armi cedute non possono essere usate sul suolo russo”.
La cessione di missili Storm Shadow italiani all’Ucraina venne resa nota dall’allora Ministro della
Difesa britannico Grant Shapps ma non è mai stata confermata né smentita da fonti governative
italiane. Tali missili, integrati sui velivoli ucraini Sukhoi Su-24M, avrebbero un raggio d’azione
limitato a 250 chilometri, ma se l’Italia li ha davvero forniti a Kiev non si può escludere che ne
possa cedere altri anche se le scorte di queste armi presso l’Aeronautica Militare (che li ha impiegati
nelle operazioni in Libia nel 2011) potrebbero essere numericamente limitate 4.
In un’inchiesta pubblicata dal settimanale “L’Espresso” e di cui riportiamo qui ampi stralci:
“Risultano in corso numerose trattative del Governo di Kiev con aziende private con sedi centrali o
distaccate in Italia per forniture di materiale spesso diverso da quel tipo di materiale che solitamente
è servito a reggere l’avanzata russa. Per esempio proiettili d’artiglieria, sistemi di difesa aerea,
missili a media gittata. Lo scorso anno, ha appreso L’Espresso, l’Ucraina ha comprato, e ricevuto,
armi fabbricate in Italia per 222 milioni di euro. Per armi fabbricate in Italia si intende pure quelle
realizzate in stabilimenti di multinazionali come la tedesca Rheinmetall che, assieme alla controllata
Rwm specializzata in bombe con impianti a Domusnovas in Sardegna, ha raggiunto quasi un
miliardo di euro in esportazioni nel 2023.
Comunque, i 222 milioni di euro di transiti verso l’Ucraina nel 2024 sono un dato inferiore ai 417 milioni
assommati nel 2023 e assai superiore ai 3,8 del 2022, ma non riflettono l’andamento e, in particolare,
il significato di questi negoziati che più fonti confermano. Le dogane registrano le spedizioni, dunque
arrivano per ultime, dopo la fase diproduzione e dopo la firma dei contratti. È facile prevedere un aumento del fatturato italiano per quest’anno, ma quel che interessa è che l’industria bellica si prepari a sostenere una
specie di pace, pazienza se parecchio armata. Che non vuol dire affari in picchiata. Tutt’altro … Per varie ragioni
più politiche che militari, l’Europa decise (febbraio 2022) di apporre il segreto sulle armi cedute
gratuitamente a Kiev, soprattutto su indicazione dei tedeschi, che non volevano spaventare la
pubblica opinione e dei francesi, che non volevano esibire carenze nei depositi. Parigi ha allentato il
segreto, Berlino l’ha rimosso, l’Italia l’ha confermato. I dieci pacchetti in tre anni hanno un valore
economico stimato e molto labile: stimato, per effetto del segreto; molto labile, perché riguarda
dotazioni già in uso o addirittura in disuso. È capitato con dei carri armati pronti a essere rottamati.
Ascoltate più fonti referenziate, la stima per i dieci pacchetti di aiuti è di circa 2,5 miliardi di euro
con l’aggiunta di un 10% di costi logistici per il trasferimento. Insomma, sotto i 3 miliardi di euro.
Per dare un parametro complessivo, secondo le elaborazioni del Consiglio Europeo, per le forze
armate ucraine i membri dell’Unione hanno speso 48,3 miliardi di euro, di cui 42,2 in maniera
bilaterale e 6,1 con lo strumento Epf, acronimo che sta per European peace facility. Epf è un fondo
utilizzato per la politica estera dell’Ue in scenari ingarbugliati. La guerra l’ha indirizzato
principalmente alla causa di Kiev. La sua capienza è di 17 miliardi di euro dal 2021 al 2027. La
gran parte, 11,1 miliardi, è destinata alle forze armate di Kiev. Un paio di miliardi sono serviti a
finanziare un programma di munizionamento. Il meccanismo di Epf dovrebbe incentivare la
generosità dei singoli eserciti: per ogni cento euro di armi cedute a Kiev, Epf ne può restituire da
quaranta a sessanta euro. Il meccanismo è piaciuto moltissimo agli eserciti più piccini e malandati
che hanno cercato di piazzare ferraglia del passato e assicurarsi così risorse da investire. La quota di
partecipazione a European peace facility in capo all’Italia è fissa: 12,8% del totale, cioè 2,17
miliardi per l’intero Epf, 1,4 miliardi per l’Ucraina. Il Governo di Roma ha cominciato con bonifici
da 60 milioni di euro, adesso sono previsti stanziamenti di 461 milioni per il 2025, 547 per il 2026,
544 per il 2027. A oggi l’Italia ha sborsato circa mezzo miliardo per Epf. Il grosso deve ancora
venire.
Il computo parziale a beneficio delle forze armate di Kiev, il più esatto possibile, a oggi si
aggira sui 3/3,5 miliardi di euro. A fronte di ritorni per l’industria bellica nazionale di parecchi
miliardi perché, oltre ai 643 milioni di euro di acquisti del Governo ucraino nel periodo 2022-2024,
ci sono altri clienti europei che hanno ordinato in Italia e girato a Kiev. I 3/3,5 miliardi di euro,
però, non comprendono il ricasco sulla Difesa che ha vuotato le rimesse per Kiev, ma poi ha
prenotato nuove bombe e nuovi mezzi” 5 .
Secondo Milex, l’Osservatorio sulle spese militari italiane, dai programmi di armamento da avviare
ai rincari sui programmi di armamento già avviati, circa 4,160 miliardi di euro sono riconducibili
alla guerra in Ucraina, in pratica sono serviti a rimpiazzare il materiale bellico donato a Kiev: 14,5
milioni di euro per rafforzare la filiera per le munizioni; 808 milioni per missili e lanciamissili
antiaerei spalleggiabili e veicolari; 51 milioni per scorte di missili anticarro Spike; 1,8 miliardi per
obici semoventi ruotati; 1,3 miliardi per l’incremento dei costi per cinque batterie missilistiche
Samp/T con annessi razzi Aster; 186 milioni non previsti per batterie Shorad Grifo con missili
Camm-Er 6 .
Riassumendo i numeri nascosti nel piano di riarmo nazionale ed estrapolati da Milex: “808 milioni
di euro nel programma per l’acquisto di missili e lanciamissili antiaerei spalleggiabili e veicolari
della Mbda Italia a rimpiazzo dei vecchi Stinger americani … 51 milioni con il primo decreto per il
completamento della seconda fase del programma di acquisizione per l’esercito di nuove scorte di
missili anticarro israeliani Spike, inviati in Ucraina a inizio conflitto insieme ai vecchi missili
anticarro Milan e Panzerfaust e un secondo decreto da 92 milioni … 1,8 miliardi per l’acquisto dei
nuovi obici semoventi ruotati Rch155 della tedesca Knds, destinati a rimpiazzare gli obici a traino
Fh70 oltre ai vecchi semoventi M109 dismessi, affiancando i semoventi attualmente in linea
Pzh2000: tutti sistemi oggetto di cessione a Kiev … 2,51 miliardi per l’acquisizione di cinque
nuove batterie missilistiche Samp/T di nuova generazione (dal costo unitario di circa 500 milioni) e
relativi missili Aster 30 (da circa 2 milioni l’uno) … 4,29 miliardi, un incremento del 43% in tre
anni, nel Documento programmatico pluriennale della Difesa del 2021 per il rinnovamento e
potenziamento della capacità nazionale di difesa aerea e missilistica e 981 milioni, +23%. anche per
il programma di ammodernamento della capacità nazionale di difesa aerea e missilistica a media
portata” 8.
Secondo Enrico Piovesana, sono perciò diversi i programmi che presentano dei sospetti sui costi
reali. “Il programma per l’acquisto di missili e lanciamissili antiaerei spalleggiabili e veicolari della
Mbda Italia per un valore di 808 milioni a rimpiazzo dei vecchi Stinger americani. Nel testo del
programma “Rinnovamento della capacità Very Short Range Air Defence (VSHORAD) relativo
all’acquisizione di sistemi di difesa aerea a cortissima portata per l’Esercito” (Atto Governo 113)
non c’è alcun riferimento esplicito che leghi questi acquisti – richiesti dalla Difesa a fine 2023 e
approvati dal Parlamento a inizio 2024 per rifornire le brigate di manovra dell’Esercito – alle
cessioni degli Stinger a Kiev. Fatto sta che gli Stinger in dotazione a dette brigate sono stati ceduti
all’Ucraina fin dai primi pacchetti del 2022. C’è poi il completamento della seconda fase del
programma di acquisizione per l’Esercito di nuove scorte di missili anticarro israeliani Spike, inviati
in Ucraina a inizio conflitto insieme ai vecchi missili anticarro Milan e Panzerfaust. Dopo
l’approvazione di un primo decreto da 51 milioni presentato dal Ministero della Difesa nell’estate
del 2022 (Atto Governo 404), il secondo decreto da 92 milioni presentato ad aprile 2024 (Atto
Governo 153) risulta tutt’ora sospeso. Merita certamente attenzione per il suo impatto finanziario
anche l’avvio del nuovo programma da 1,8 miliardi, sottoposto dalla Difesa al Parlamento nel
settembre 2024 (Atto Governo 203), per l’acquisto dei nuovi obici semoventi ruotati Rch155 della
tedesca Knds, destinati a rimpiazzare gli obici a traino Fh70 oltre ai vecchi semoventi M109
dismessi, affiancando i semoventi attualmente in linea Pzh2000: tutti sistemi oggetto di cessione a
Kiev. Quindi, in qualche misura, questo programma ricade tra le spese ripianamento scorte legato
alle forniture per l’Ucraina. L’acquisizione di cinque nuove batterie missilistiche Samp/T di nuova
generazione (dal costo unitario di circa 500 milioni) e relativi missili Aster 30 (da circa 2 milioni
l’uno) è stata avviata prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, dove abbiamo mandato due delle
cinque vecchie batterie in dotazione all’Esercito. Ma a destare qualche sospetto è un aumento dei
costi difficilmente spiegabile come un semplice rincaro legato alla dinamica inflazionistica generale
degli ultimi anni. Nel Documento Programmatico Pluriennale (Dpp) della Difesa del 2021 il
programma di “rinnovamento e potenziamento della capacità nazionale di difesa aerea e
missilistica” prevedeva un costo complessivo di 3 miliardi. Nel Dpp del 2023, tenendo conto degli
stanziamenti già allocati nelle annualità precedenti, l’onere complessivo sale a 4 miliardi, per
arrivare a 4,29 miliardi nel Dpp 2024. Un incremento del 43% in tre anni. E tutto questo prima che
il Ministro Crosetto annunciasse lo scorso settembre il raddoppio della commessa, da cinque a dieci
nuove batterie”.
Come sottolineato dal senatore Bruno Marton, capogruppo dei Cinque Stelle in commissione Esteri
e Difesa: “Solo la Difesa può sapere in che misura i programmi di riarmo nazionali sono destinati al
ripianamento di scorte esaurite dagli invii in Ucraina. È qui che si nasconde il costo reale di questa
operazione, perché una cosa è il valore che avevano le vecchie armi cedute, un’altra è quello delle
nuove armi da comprare come rimpiazzo. Questa mancanza di informazioni è grave perché
impedisce a noi parlamentari di giudicare con cognizione di causa gli acquisti di nuovi armamenti,
su cui è chiaro che questo Governo vuole le mani libere. Come dimostra anche la bocciatura del
nostro emendamento al decreto Ucraina per consentire l’accesso a questi dati almeno ai membri
delle commissioni Difesa”.
C’è un altro fattore estremamente preoccupante e riguarda l’intenzione da parte dell’esecutivo di
raggiungere il tanto chiacchierato obiettivo del 2% del Pil in spesa militare, un parametro aleatorio,
che va oltre i fondi pubblici realmente a disposizione dello Stato (e dunque delle decisioni
governative) e che è scollegato da reali esigenze tecnico-militari. Se riguardo al primo aspetto si
ragiona “all’italiana”: “ovvero 45,1 miliardi considerando il valore odierno dichiarato – si dovrebbe
concretizzare un investimento aggiuntivo di almeno 9,7 miliardi. Un investimento enorme per le
casse statali italiane, che infatti il Mef punta a tagliare di qualche miliardo presentando alla Nato
una spesa militare che comprenda anche altre voci già a bilancio ma finora non considerate. Il
secondo espediente, che ricorda l’aneddoto di certi carri armati spostati da una parte all’altra per far
percepire un totale complessivo di armamenti maggiore del reale 9 ”, rende la faccenda più seria,
visto che nel Libro Bianco per la Difesa Europea 2030 la Russia viene menzionata ben 16 volte e
soprattutto è indicata da Bruxelles quale minaccia principale: “L’Ucraina rimarrà in prima linea
nella difesa e nella sicurezza europea ed è il teatro chiave per definire il nuovo ordine internazionale
con la propria sicurezza interconnessa con quella dell’Unione Europea. L’UE ei suoi Stati membri
dovranno rafforzare la difesa e la capacità di sicurezza dell’Ucraina attraverso una strategia del
porcospino, in modo che sia in grado di scoraggiare eventuali ulteriori attacchi e garantire una pace
duratura. È quindi imperativo che l’UE ei suoi Stati membri aumentino urgentemente la loro
assistenza militare all’Ucraina …” 10 .
Nell’annunciare l’innalzamento delle spese del PIL per la Difesa al 2%, il Governo Meloni ha
confermato il proprio impegno a fianco dell’Ucraina con l’invio dell’undicesimo pacchetto di aiuti
militari e con un rafforzamento strutturale delle spese per la difesa; il pacchetto include 400 mezzi
cingolati M113, munizioni e il sistema di difesa aerea Samp/T, ritenuto “essenziale per contrastare i
continui attacchi missilistici russi … Sul fronte operativo, il nuovo pacchetto di aiuti resta in parte
coperto da segreto, ma non dovrebbe contenere elementi di novità rispetto a quanto già inviato nei
mesi scorsi. I mezzi M113, già forniti dal Governo Draghi nel 2022, sono stati richiesti nuovamente
dall’esercito ucraino per il trasporto della fanteria. Non è escluso, inoltre, che l’Italia possa
continuare a fornire supporto satellitare per monitorare i movimenti delle truppe russe, con
l’impiego della rete aerospaziale in coordinamento con la Nato” 11 .
Tale provvedimento è stato preceduto dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2025
sull’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune in cui si ricorda che “l’UE deve
assumere impegni in materia di sicurezza nei confronti dell’Ucraina, come raccomandato dal patto
di sicurezza di Kiev, al fine di scoraggiare ulteriori aggressioni russe” e dove “ribadisce con
decisione il suo invito agli Stati membri dell’UE affinché rispettino tempestivamente gli impegni e
forniscano all’Ucraina armi, aerei da combattimento, droni, sistemi di difesa aerea, sistemi d’arma e
munizioni, compresi missili da crociera aviolanciati e sistemi terra-terra, e aumentino sensibilmente
le relative quantità” 12.
I risultati militari sul terreno
Nonostante l’enorme fornitura euroatlantica di armi a Kiev, le forze russe hanno conquistato 4.168
chilometri quadrati di territorio ucraino nel corso del 2024, oltre sette volte di più rispetto al 2023
(584 kmq), secondo l’analisi dello statunitense Institute for the Study of War (ISW) resa nota lo
scorso 30 dicembre. Le cittadine conquistate dai russi hanno un rilevante valore militare, o in
termini di capisaldi di prima linea o in termini di centri logistici, come dimostrato dai lunghi,
sanguinosi ed estenuanti combattimenti sviluppatisi fin dal 2022 intorno ad Avdiivka e Ugledar. Le
conclusioni dell’ISW sottolineano come “gli aiuti occidentali rimangono fondamentali per la
capacità dell’Ucraina di stabilizzare la linea del fronte nel 2025. Le forze ucraine, con il supporto
degli alleati occidentali, devono quindi lavorare per integrare le operazioni dei droni ucraini e
l’artiglieria con risorse sufficienti e le capacità di attacco a lungo raggio, e le unità di fanteria
ucraine impegnate per difendersi dalle avanzate russe e minare la teoria della vittoria di Putin nel
2025”.
L’anno in corso non ha certo migliorato la situazione delle truppe di Kiev; dopo essere stati espulsi
dalla regione di Kursk con decine di migliaia di vittime, i soldati ucraini devono ora preoccuparsi
dell’apertura di un altro fronte a nord nella zona di Sumy e continuano a perdere terreno in
Donbass, dove Pokrovsk e Konstantinovsky sembrano ormai alla portata di Mosca.
Non è migliore la prospettiva degli ucraini a Kherson e Zaporozhia, un fronte in cui si teme una
nuova offensiva russa grazie all’ausilio di truppe recentemente addestrate 13 .
Secondo il generale francese in pensione Dominique Delawarde, uno dei pochi analisti a prevedere
fin dal 2022 la vittoria russa in una guerra di logoramento contro la NATO, lo squilibrio militare tra
Russia e Ucraina sta crescendo in modo significativo e potrebbe portare persino alla caduta di Kiev:
“La Russia continua a reclutare circa 1.000 soldati al giorno, un ritmo superiore alle perdite subite
sul campo di battaglia. Per questo motivo sta diventando sempre più forte”, ha affermato
Delawarde. Al contrario, l’Ucraina perderebbe più uomini al fronte di quanti ne riesca a mobilitare,
esaurendo progressivamente le proprie riserve. Il generale ha sottolineato che Mosca non avrebbe
ancora impiegato tutto il proprio potenziale nel conflitto, e ritiene che il tempo giochi a favore della
Russia, non solo dal punto di vista militare ma anche economico e geopolitico: “La debolezza
economica dell’Europa alla fine andrà a vantaggio della Russia” 14 .
Le difficoltà economiche del Vecchio Continente
Il mese di maggio 2025 segna per l’Italia il ventiseiesimo mese consecutivo di calo della
produzione industriale, con una crescita del PIL nel primo trimestre dell’anno che ha raggiunto un
deludente 0,3% (la metà di quanto previsto dal Governo Meloni).
Il Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha ribadito nuovamente che l’energia “non è un
problema, è il problema. Oggi si è parlato tanto di competitività, ma il vero nodo è la tenuta del
sistema produttivo e delle imprese 15 ”. Se l’ex Presidente Emma Marcegaglia aggiunge “che non si
può far finta di non vedere”, bisogna rilevare come accanto ai tragici errori dei Governi Draghi e
Meloni si sia assistito negli ultimi quattro anni ad un quasi totale asservimento della classe dirigente
industriale italiana alle decisioni prese da Bruxelles e da Washington ed eseguite dai “vassalli”
politici di Roma.
Senza soffermarsi nuovamente sull’evidenza che l’attuale crisi deve molto alle sanzioni comminate
alla Russia, va ricordato come proprio sul tema energia si siano registrate le falle più evidenti della
narrazione atlantista 16 .
Contro ogni evidenza, la tabella di marcia RePowerEu, presentata recentemente dalla Commissione
europea, intende spianare la strada per garantire la piena indipendenza energetica dell’UE dalla
Russia, anche se come ammette candidamente Bruxelles: “Nonostante i notevoli progressi compiuti
nell’ambito del piano RePowerEu e attraverso le sanzioni dall’invasione russa dell’Ucraina, nel
2024 l’Ue ha registrato una ripresa delle importazioni di gas russo”. Per l’Italia, in forte necessità, le
importazioni di gas russo nel 2024 sono addirittura triplicate rispetto all’anno precedente, secondo
quanto riportato dall’osservatorio britannico Ember. L’Unione Europea, in particolare, è passata dai
38 miliardi di metri cubi di gas russo del 2023 ai 45 miliardi del 2024 ed a trainare le importazioni è
stata proprio l’Italia, che è passata da 2,1 miliardi a 6,2 miliardi da un anno all’altro.
In totale, nel 2024, le importazioni di combustibili fossili russi da parte dell’UE hanno raggiunto i
21,9 miliardi di euro, superando i 18,7 miliardi di euro di aiuti finanziari forniti all’Ucraina; nel
2024 la quota di gas naturale liquefatto russo è aumentata del 5,5%, facendo della Russia il secondo
fornitore (17,5%) dell’UE dopo gli Stati Uniti (45,3%).
Eppure, il ragionamento della Commissione Europea non si è spostato di un millimetro: “L’Unione
Europea intende porre fine alla sua dipendenza dall’energia russa interrompendo le importazioni di
gas e petrolio russi ed eliminando gradualmente l’energia nucleare proveniente dal gigante
euroasiatico, garantendo nel contempo la stabilità dell’approvvigionamento energetico e dei prezzi
in tutta l’Unione” 17 . Come, non è dato sapere, visti i disastrosi risultati conseguiti finora e
l’opposizione di Slovacchia ed Ungheria che da Mosca vogliono continuare ad importare energia.
Tuttavia, il mezzo giuridico individuato dalla Commissione per permettere alle aziende di sciogliere
gli accordi commerciali in essere è la clausola di forza maggiore, che le renderà non responsabili
dal punto di vista contrattuale, segnando un altro preoccupante “precedente” giuridico dal punto di
vista del diritto internazionale dopo il sequestro dei fondi russi congelati all’estero (3 miliardi di
euro, per ora) 18 .
Se la classe dirigente italiana conservasse ancora un barlume di ragione, dovrebbe lavorare sulle
ipotesi reali e non sulle follie ideologiche di Bruxelles.
Promos Italia, l’Agenzia Nazionale delle Camere di commercio per l’Internazionalizzazione delle
imprese, ha condotto un’indagine su circa cinquanta imprese italiane che già operano in Russia per
indagare l’impatto che prevedono potrebbe avere l’eventuale fine del conflitto tra Russia e Ucraina.
Il 31% delle imprese considera di riprendere le attività di scambio economico con un impatto
positivo sui ricavi in caso di stabilizzazione dell’area. Il 58% stima di tornare ad operare su quei
mercati in modo graduale e con maggiore prudenza. Le conseguenze del conflitto, per la parte di
fatturato legato alla Russia, ci sono state per il 70% delle imprese. In particolare, per circa una su
tre, il 34%, la riduzione è stata limitata a meno del 20%. Per il 23% la riduzione di questa parte di
fatturato, riguardante gli scambi con la Russia, è stata superiore al 50%. Tra i settori favoriti da una
possibile riappacificazione, troviamo al primo posto le costruzioni col 40% delle risposte, poi
l’agroalimentare col 17%, infine meccanica e moda design, entrambe col 14%, seguono medicale ed
energia. Fattori di freno alla ripresa degli scambi con la Russia per le imprese figurano al primo
posto le sanzioni internazionali per il 52%, seguono l’instabilità politica e l’incertezza economica
per il 29%. Il 12% rileva un calo nella domanda russa di prodotti italiani, mentre i dati parlano
chiaro: nel 2024 gli scambi tra Italia e Russia sono scesi a 7,8 miliardi di euro, con un calo del 65%
rispetto al 2019, quando erano 22 miliardi 19.
Naturalmente, mentre Italia ed Europa si suicidavano economicamente con inutili embarghi, c’è chi
ha approfittato della crescita del mercato russo (la Russia vanta una crescita del PIL al + 4% nel
2025 ed è la quarta economia al mondo per PIL a parità di potere d’acquisto) per fare affari. Molti
Paesi del Caucaso e dell’Asia centrale hanno visto un boom del loro interscambio con Mosca: una
triangolazione che rende possibile aggirare le sanzioni occidentali. L’esportazione di migliaia di
prodotti è vietata verso la Russia, ma non verso i suoi partner commerciali o i Paesi con cui
intrattiene relazioni amichevoli, che diventano la porta di servizio attraverso la quale continuare a
commerciare. Per facilitarli, in risposta alle sanzioni occidentali, Mosca ha legalizzato le cosiddette
importazioni parallele, cioè realizzate senza il permesso del detentore del diritto di proprietà
intellettuale attraverso canali di approvvigionamento alternativi. Le autorità russe hanno secretato
tutte le statistiche sul commercio estero per evitare “valutazioni inadeguate, operazioni speculative
e interpretazioni errate”, rendendo così impossibile ogni confronto con Rosstat, l’agenzia statistica
russa, ma i dati resi disponibili da fonti estere come il Fondo monetario internazionale o le Nazioni
unite concordano sul fatto che i Paesi vicini hanno visto il loro commercio con la Russia aumentare
vertiginosamente.
Il Kirghizistan, in particolare, è finito nel mirino dell’Occidente. La scorsa estate, una delegazione
del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti è andata a Bishkek con la minaccia di espellere le
banche del Paese dal sistema SWIFT se non avessero posto fine alle transazioni con operatori russi.
Parallelamente, l’UE minaccia di inserire aziende e individui nella sua “lista nera”, ma gli sforzi
non sembrano sufficienti, anche perché i suoi operatori si rendono conto che andrebbero a
danneggiare ancora di più le tante aziende italiane ed europee che operano queste triangolazioni 20.
Il “business” della ricostruzione ucraina
Stando alle speranze della cordata euroatlantica responsabile delle decisioni irresponsabili di cui
sopra, una volta che l’Ucraina avesse vinto la sua guerra di “resistenza” contro la Russia alle
aziende europee sarebbero spettati lauti contratti.
Dopo la Conferenza internazionale per la ripresa dell’Ucraina tenutasi il 4 e 5 luglio 2022 a Lugano,
i leader di 40 Stati hanno firmato la dichiarazione sui principi per la ricostruzione del Paese, un
impegno che secondo Kiev vale 750 miliardi di dollari. Il piano è diviso in 850 progetti e verrebbe
realizzato nei prossimi dieci anni. Dopo una fase di stabilizzazione, è prevista la ricostruzione
infrastrutturale del Paese e un riordino istituzionale basato sugli standard europei. Il grosso dei
finanziamenti dovrebbe derivare dai beni confiscati agli oligarchi russi “che sono stimati tra i 300 e
i 500 miliardi di dollari”, mentre altri fondi arriverebbero dai prestiti agevolati delle organizzazioni
finanziarie internazionali, dai Paesi amici e dagli investimenti del settore privato ucraino.
Proiettando una mappa dell’Ucraina, il Primo Ministro Shmyhal ha indicato le aree che verrebbero
date “in adozione” ai vari Stati, includendo anche le regioni attualmente sotto occupazione russa.
Secondo tale previsione, all’Italia, insieme alla Polonia, toccherebbe proprio la gestione di una delle
aree più colpite dalla guerra, saldamente sotto il controllo dei ribelli filorussi e annessa
giuridicamente alla Federazione Russa: l’Oblast di Donetsk. Stati Uniti e Turchia, invece, si
dovrebbero occupare della regione di Kharkov, attualmente contesa e parzialmente controllata dalle
truppe di Mosca, mentre ai nuovi membri NATO, Finlandia e Svezia, con la partecipazione della
Repubblica Ceca, toccherebbe ricostruire il Lugansk, totalmente governato dalla Russia.
Il Governo italiano e le stesse associazioni imprenditoriali che soltanto oggi si lamentano dei costi
insostenibili dell’energia ci hanno talmente creduto da aver organizzato il 15 novembre 2022 una
conferenza online dal titolo: “Rebuild Ukraine”, un grande evento virtuale “partecipato da migliaia
di aziende e media italiani e ucraini, al quale hanno preso parte anche istituzioni autorevoli tra
rappresentanti del Governo di Kiev e di quello di Roma, conclusosi poi con la firma di un
memorandum di collaborazione tra alcune realtà portanti del settore edile dei due Paesi”. La
conferenza è stata patrocinata da Unioncamere e Assocamerestero, nonché dal Ministero delle
Imprese e del Made in Italy e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale,
che hanno considerato l’evento solo l’inizio di un lungo percorso: “A febbraio si terrà una
conferenza in presenza che prevede due giorni di B2B, con tutte le varie aziende ucraine, e di B2G,
con il Governo ucraino, con le pubbliche amministrazioni ucraine. […] Il terzo passaggio prevede
proprio la costituzione di un organismo in loco partecipato da Camera di Commercio Italiana per
l’Ucraina, FederCamere, il sistema camerale ucraino locale e le istituzioni italiane che fino ad ora ci
hanno supportato” 21.
Un capolavoro di preveggenza non c’è che dire, ribadito recentemente dal Presidente di Regione,
Attilio Fontana, che ha partecipato a Palazzo Lombardia, con il Vicepremier e Ministro degli Esteri
Antonio Tajani, al primo dei quattro appuntamenti di ‘On the Road to URC 2025’, iniziativa
preparatoria all’Ukraine Recovery Conference 2025, in programma a Roma il 10 e 11 luglio 2025,
organizzata dalla Farnesina insieme al Ministero dell’Economia dell’Ucraina e alla Regione, in
collaborazione con ICE (Italian Trade Agency), l’agenzia per la promozione all’estero e
l’internazionalizzazione delle imprese italiane.
Una delle sessioni tematiche del convegno in programma è stata dedicata alla presentazione del
progetto di Masterplan della Città di Mykolaiv, nel quadro del Programma UN4 Ukrainian Cities, e
al Protocollo di Intesa, sottoscritto dal Presidente Fontana e dal Governatore della regione di
Zaporzhzhia (parzialmente controllata dalle truppe russe che gestiscono nell’oblast anche la
strategica centrale nucleare di Enerdogar) Fedorov, lo scorso 27 novembre 2024. Nello specifico,
tra le iniziative previste ci sono l’organizzazione di attività culturali, lo scambio di conoscenze e
competenze, l’organizzazione di seminari e conferenze e, più in generale, la promozione di attività
sociali congiunte nei due territori, compreso uno scambio sulle politiche attive del mercato del
lavoro e sulle attività di formazione.
Fontana non ha voluto dimenticare al riguardo che “Regione Lombardia ha supportato l’Ucraina fin
dalle prime fasi del conflitto, sia accogliendo 40.000 rifugiati, sia sostenendo iniziative
d’emergenza e aiuto umanitario (aspetti su cui torneremo successivamente, n.d.r.). Nel 2024 la
Giunta ha deliberato il sostegno a tre interventi focalizzati nell’area di Zaporizhzhia, mirati al
ripristino di adeguate condizioni di vita per i cittadini ucraini, con particolare riferimento alle fasce
fragili, e dei servizi pubblici (scolastici, sanitari, energetici) gravemente colpiti dalle conseguenze
della guerra. Nei mesi successivi si sono ulteriormente rafforzate le già consolidate relazioni con
l’Ambasciata d’Ucraina in Italia e si sono attivati rapporti con le autorità locali che hanno poi
portato alla firma del protocollo di intesa” 22 .
Dal punto di vista ufficiale, infatti, l’Italia ha fatto finta di niente, dimenticandosi che la Russia
controlla oltre il 20% del territorio ucraino (tra cui proprio le regioni oggetto della ricostruzione da
parte dell’Italia), ribadendo almeno cinque volte pubblicamente per bocca del Presidente del
Consiglio Giorgia Meloni che “l’Italia ha scommesso sulla vittoria dell’Ucraina” 23 .
A livello nazionale, si ricorda che il 26 aprile 2023 l’Italia e l’Ucraina hanno co-organizzato a
Roma una Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione dell’Ucraina per discutere la tipologia di
sostegno e di collaborazione necessari alla ripresa e alla ricostruzione del Paese e si sono impegnati
a uno stretto coordinamento su queste materie attraverso un rafforzamento della cooperazione
bilaterale.
Come reso noto dal MAECI, Italia e Ucraina hanno finalizzato i seguenti accordi:
Memorandum d’intesa tra Agenzia ICE e Ministero degli Affari Esteri ucraino;
Memorandum d’intesa tra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica italiano e il
Ministero della Protezione Ambientale e delle Risorse Naturali ucraino per la cooperazione in
materia di sviluppo sostenibile e protezione ambientale;
Memorandum d’intesa tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) e il Ministero
dell’Economia ucraino per la cooperazione tecnica in campo industriale;
Memorandum d’intesa e cooperazione sul Modello Agroalimentare Italiano per la ricostruzione e la
sicurezza alimentare dell’Ucraina tra l’Ukrainian Agri Council Public Union e la Filiera Italiana,
Coldiretti.
Italia e Ucraina hanno inoltre preso atto dell’imminente firma dei seguenti accordi tra le autorità
locali dei due Paesi:
Memorandum d’intesa tra la Regione Emilia Romagna e il Consiglio regionale di Kharkov;
Memorandum d’intesa tra la Regione Toscana e il Consiglio Regionale di Kiev.
Sotto la supervisione dei Governi italiano e ucraino, diverse aziende italiane e ucraine hanno
firmato a loro volta dei Memorandum d’intesa:
Memorandum d’intesa tra Mer Mec S.p.A. e JSC Ukrainian Railways, per tecnologie e servizi
diagnostici per JSC “Ukrainian Railways”.
Memorandum d’intesa tra WeBuild e Ukrhydroenergo Energy Company, per una collaborazione
finalizzata alla costruzione di centrali idroelettriche in Ucraina (firmato dalle parti in data
25.04.2023).
Come precisato sempre dal MAECI: “L’Italia sosterrà l’Ucraina nel far fronte agli urgenti bisogni
umanitari generati dalla guerra di aggressione russa, nel ricostruire rapidamente le infrastrutture
critiche e sociali distrutte e ripristinare i mezzi di sussistenza, e nel creare le migliori condizioni
possibili per la ricostruzione del tessuto socio-economico del Paese”.
La Cooperazione italiana ha invece concluso:
un accordo di contributo con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), per lo
stanziamento straordinario di 10 milioni di euro a favore dell’azienda ucraina Ukrenergo a sostegno
della rapida ripresa e della sicurezza energetica in Ucraina (come vedremo, lo stanziamento per il
settore energetico ucraino diverrà decisamente più cospicuo).
Tralasciando le iniziative culturali e rimanendo nell’ambito strettamente sanitario, un comparto che
in Italia appare sempre più in difficoltà, il Ministero della Salute di Roma sta assistendo il
Superhumans Center ucraino:
mettendo a disposizione, dietro coordinamento del Ministero stesso, le solide competenze di Centri
italiani di eccellenza in materia di protesi, chirurgia ricostruttiva e riabilitazione, come l’Istituto di
Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCSS) Rizzoli, la Fondazione Santa Lucia (IRCSS),
l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù e il Centro Protesi INAIL di Budrio;
realizzando, grazie al coordinamento dell’ISS, un programma di Telemedicina per la popolazione
ucraina nella regione di Leopoli 24 .
Nonostante la disfatta della controffensiva militare ucraina nell’estate 2023, il Ministro Tajani ha
sottolineato come il sostegno a Kiev e alla ricostruzione del Paese fosse una priorità della
Presidenza italiana del G7 ed ha reso noto che nel 2025 avrebbe avuto luogo in Italia la Conferenza
internazionale sulla Ricostruzione dell’Ucraina, con l’obiettivo di coinvolgere anche il settore
privato italiano e gli enti locali. Dall’inizio del conflitto, ha sottolineato il Ministro Tajani,
“l’assistenza bilaterale all’Ucraina, al netto di quella militare e del contributo italiano all’assistenza
europea, ammonta a più di 2 miliardi di euro”.
L’11 e 12 giugno 2024 – dopo quella di Lugano nel 2022 e di Londra nel 2023 – si è svolta a Berlino
la “Ukraine Recovery Conference”, a cui ha partecipato per l’Italia lo stesso Tajani, che ha ribadito
il pieno sostegno italiano all’Ucraina, alla sua ripresa e alla ricostruzione del Paese. Durante la
Conferenza sono stati firmati oltre 110 accordi e assunti nuovi impegni per circa 16 miliardi di euro
nell’ambito della resilienza ucraina nei settori dell’energia e dell’industria della difesa. Fra gli altri,
il Ministro ha firmato il Memorandum d’Intesa bilaterale sul Patronato per la ricostruzione della
Città e della regione di Odessa dopo il conflitto, volto a istituire un quadro generale di cooperazione
e coordinamento con le autorità ucraine al fine di massimizzare gli sforzi e le capacità. Nel corso
della Conferenza il Ministro Tajani ha annunciato ulteriori aiuti per 140 milioni di Euro a dono e a
credito, destinati ad interventi in Ucraina per infrastrutture energetiche, ferrovie, salute, agricoltura,
recupero del patrimonio culturale di Odessa e sminamento umanitario.
Come accennato, il 10 e 11 luglio 2025 l’Italia ospiterà a Roma la “Ukraine Recovery Conference”.
I partecipanti rappresenteranno varie componenti della società e “dimostreranno il loro forte
impegno per il futuro dell’Ucraina”. La URC 2025 ruoterà attorno a quattro dimensioni tematiche:
la Dimensione imprenditoriale, la Dimensione umana, la Dimensione locale e la Dimensione UE.
Queste stesse Dimensioni hanno già definito i lavori della URC 2024 e rimangono i temi più
rilevanti per la resilienza e la ricostruzione dell’Ucraina: il loro mantenimento darà continuità al
lavoro svolto e alle discussioni tenutesi a Berlino nel giugno 2024 25.
Le istituzioni italiane ci credono al punto da aver organizzato anche a livello regionale altri incontri,
come quello di Verona del 12 maggio 2025: “On the road to URC 2025”, iniziativa organizzata
dall’Italia e dall’Ucraina come evento preparatorio per l’Ukraine Recovery Conference (URC2025)
che si terrà a Roma il prossimo 10 e 11 luglio e del quale “rappresenta una tappa cruciale,
contribuendo a sensibilizzare e consentire discussioni significative e risultati concreti in modo da
garantire che autonomie locali e amministrazioni regionali possano dare un contributo centrale al
processo di ricostruzione, anche con riferimento all’accesso ai finanziamenti e al rafforzamento
delle loro capacità di assorbimento”.
Concretezza o fuffa? Leggiamo una parte del comunicato del Consiglio regionale del Veneto:
“Creazione di comunità resilienti attraverso uno sviluppo urbano sostenibile, preservazione di
identità culturale, edilizia abitativa, crescita economica locale, trasparenza e responsabilità verso i
cittadini, partnership strategiche tra autorità ucraine e internazionali: questi i temi al centro del
confronto, che è stato anche l’occasione per uno scambio di buone pratiche evidenziando strategie
di ricostruzione di successo, oltre che per fare il punto su funzionamento ed efficacia dei
partenariati che coinvolgono autorità locali ucraine, italiane e internazionali. Il Presidente del
Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti è intervenuto all’interno della sessione dedicata
alla ricostruzione sostenibile, che ha esaminato in particolare i temi del finanziamento delle
infrastrutture verdi, del supporto ai comuni nella pianificazione strategica, della promozione
dell’efficienza energetica e del rafforzamento della resilienza locale”.
Ma qual è la situazione reale dell’Ucraina?
All’indomani del terzo anniversario dal 24 febbraio 2022, data simbolo per l’Occidente di un
conflitto iniziato almeno dal 2014, la Banca mondiale ha pubblicato il Fourth Rapid Damage and
Needs Assessment (RDNA4), il rapporto annuale che valuta l’entità dei danni e dei costi necessari
alla ricostruzione e alla ripresa dell’Ucraina. Secondo quanto emerso, a fine 2024 i danni diretti alle
infrastrutture e agli edifici del Paese sono stimati a 176 miliardi di dollari. A risultare
particolarmente colpiti sono il settore abitativo (con danni per $57 miliardi, ovvero il 33% del totale
dei danni), quello dei trasporti (circa $36 miliardi, pari al 21%) e quello dell’energia e delle attività
estrattive (circa $20 miliardi, pari al 12%). Nella fattispecie, il settore estrattivo si conferma uno dei
bersagli prioritari degli attacchi russi, con i danni alle infrastrutture energetiche che sono cresciuti
del 93% nel 2024 rispetto al 2023. In termini di perdite totali – che considerano ad esempio
l’interruzione dei servizi, l’aumento dei costi operativi e le minori entrate del Governo/settore
privato – si è invece passati dai $499 miliardi dello scorso anno a $589 miliardi (+18%). In linea
con questi dati, la Banca mondiale stima che nel periodo 2025-2035 l’implementazione di un piano
di ricostruzione e ripresa indirizzato verso un miglioramento strutturale dell’Ucraina (secondo il
principio del cosiddetto “Building Back Better”) e all’integrazione europea e nelle catene del valore
globali richiederà $524 miliardi. Se il protrarsi del conflitto costituisce un fattore di revisione (al
rialzo) dei numeri stilati dalla Banca mondiale, anche eventuali ridefinizioni dei confini potranno
influenzare i costi per la ripresa e la ricostruzione.
Seppure l’intera Ucraina abbia subito attacchi a seguito del 24 febbraio 2022, il 66% dei danni
diretti ($116 miliardi) e il 47% dei costi di ripresa/ricostruzione ($248 miliardi) totali sono da
ascrivere alle sole regioni caratterizzate dai maggiori scontri – quelle di Kharkov, Donetsk,
Lukansk, Zaporizhzhya e Kherson. Visto che Kiev si è dimostrata incapace di recuperare i territori
persi, è verosimile che la Russia manterrà il controllo degli oblast’ di Donetsk, Lugansk,
Zaporizhzhya e Kherson, annessi con un referendum nel settembre 2022. Mosca, peraltro, si sta già
facendo carico delle considerevoli spese di ricostruzione di queste regioni, valevoli circa il 36%
($188 miliardi) del totale nazionale ucraino, grazie al possesso del 40% delle riserve strategiche
nazionali dell’Ucraina: “La Russia controlla direttamente risorse dal valore di 7.500 miliardi di
dollari nel Donbass (in cui molto è il peso del carbone, dove ci sono alcuni tra i depositi più grandi
del mondo), oltre a un valore stimato di 258 miliardi di dollari di materie prime critiche in Crimea.
Altri 3.500 miliardi di risorse stimate sono in aree ad Est del Dniepr minacciate dall’offensiva russa,
facendo superare un valore totale di 11,2 bilioni di dollari agli asset che Mosca può potenzialmente
sottrarre alla disponibilità ucraina e, dunque, americano” 26 .
Continuiamo, comunque, a sciorinare cosa sta facendo l’Italia.
Sul sito internet dell’ITA-ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione
delle imprese italiane) apprendiamo che da inizio 2023 è operativa, presso la Farnesina, la Task
Force per la Ricostruzione e la Resilienza dell’Ucraina “con l’obiettivo di mettere efficacemente in
rete e razionalizzare capacità, sforzi e contributi delle varie articolazioni nazionali e assicurare
un’interlocuzione unica, continua e immediata con partner e attori internazionali, segnatamente
nella Multi-agency Donor Coordination Platform per l’Ucraina e in ambito UE e G7 – per
rispondere alle esigenze veicolate dalle autorità ucraine”.
La struttura, coordinata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, opera
in stretto raccordo con le altre Amministrazioni competenti, oltre che con ICE, CDP, SACE,
SIMEST, AICS, Confindustria e Dipartimento della Protezione Civile, per i molteplici aspetti che
caratterizzano il sostegno alle imprese per la loro partecipazione al processo di ripresa, ricostruzione
e modernizzazione dell’Ucraina, oltre che per il rafforzamento della resilienza ucraina in particolare
nel settore energetico. Le aziende possono comunicare con l’Ufficio XII Ricostruzione dell’Ucraina
della Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese attraverso l’indirizzo di posta
elettronica ricostruzione.ucraina@esteri.it e con la task force dedicata di ICE Agenzia ricostruzione.
Tutto molto pomposo, eppure, se rimaniamo a quanto si legge, le uniche due notizie riportate sul
sito riguardano: un concorso per la concessione di sovvenzioni per la bonifica dei terreni dalle mine
e da altri residui di guerra nelle aree vicine al fronte, il cui budget complessivo è di 6 milioni di euro
e la somma massima per ciascun progetto non deve superare 1,8 milioni di euro (21 marzo 2025). È
importante notare che i soggetti ammissibili a partecipare al concorso sono esclusivamente
organizzazioni non profit, che possono tuttavia coinvolgere operatori commerciali di attività di
sminamento come partner nell’attuazione dei progetti. La seconda notizia riguarda il fatto che il 26
marzo 2025 si è tenuta online la Conferenza sulla partecipazione alla costruzione e ristrutturazione
di strutture sanitarie in Ucraina – “Conferenza online dedicata alle opportunità di partecipazione
delle aziende nelle gare d’appalto nell’ambito del progetto congiunto del Ministero della Salute
dell’Ucraina e della Banca Mondiale – Rafforzamento del sistema sanitario e salvaguardia della
vita” (HEAL Ukraine) – con i vari requisiti di partecipazione 27 .
Evidentemente, i finanziamenti reali, passano attraverso altri canali.
Ad esempio, il 10 aprile 2025 “il Governo italiano ha erogato la prima tranche dei 100 milioni di
euro destinati al ripristino delle infrastrutture energetiche in Ucraina, nell’ambito di un’iniziativa
congiunta con la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) dal valore complessivo
di 200 milioni di euro”. Finalmente un dato concreto, mescolato poi con altri che aumentano la
confusione: “I fondi italiani saranno destinati alla società statale PJSC Ukrhydroenergo e
consentiranno l’attuazione di interventi strategici per migliorare l’efficienza operativa e potenziare
la capacità di risposta del sistema energetico. L’obiettivo è garantire forniture affidabili e continue,
in particolare nelle aree maggiormente colpite. Parallelamente, l’Italia ha già contribuito con
ulteriori 10 milioni di euro al Fondo Speciale di Risposta alla Crisi Ucraina della BERS, sostenendo
interventi urgenti e favorendo la ripresa economica e sociale del Paese. Questo impegno si inserisce
in una più ampia strategia italiana a sostegno della sicurezza energetica e della ricostruzione
dell’Ucraina che prevede un contributo complessivo di 125 milioni di euro. Le iniziative sono
realizzate in stretta sinergia con le istituzioni locali e i partner internazionali con l’obiettivo di
promuovere una ricostruzione sostenibile, inclusiva e duratura” 28 .
Ma se il conflitto dovesse durare ancora a lungo, l’Italia continuerà ad inviare centinaia milioni di
euro per un sistema energetico ucraino sistematicamente distrutto dagli attacchi russi?
Il peso del welfare ucraino sull’Italia
Nel luglio 2023, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il Sottosegretario con
delega alla Filatelia, Fausta Bergamotto, il Presidente di Poligrafico e Zecca dello Stato, Paolo
Perrone, il Presidente Poste Italiane, Silvia Maria Rovere, e l’Ambasciatore ucraino in Italia,
Yaroslav Melnyk hanno presenziato ad una cerimonia ufficiale di presentazione dei quattro
francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ‘il Senso civico’ dedicati alla ‘Salvaguardia dei
diritti e delle libertà’, con sovrapprezzo per i profughi dell’Ucraina. I francobolli, realizzati dagli
artisti ucraini Kateryna Lypovka, Serhiy Smetankin, Yuriy Bandera e Sviatoslav Skorobogatov,
rappresentano i dipinti selezionati nell’ambito del concorso “Ukrainian Artist for Italian Stamp”
organizzato dal Ministero della Cultura e della Politica dell’Informazione dell’Ucraina, che
raffigurano le chiese di Kiev, il teatro di Mariupol, la piazza di Leopoli ed il porto di Odessa.
L’emissione vuole esaltare lo spirito di solidarietà della nostra Nazione e il sovrapprezzo rispetto al
valore facciale sarà pari a 3,75 euro.
Un’iniziativa meramente simbolica, di fronte alla mobilitazione sistematica dell’Italia per i profughi
ucraini, molti dei quali in fuga dal Paese per evitare l’arruolamento forzato voluto dal Governo di
Kiev alle prese con la mancanza di volontari 29 .
Il Dipartimento della Protezione Civile italiano ha creato un’ottima pagina, anche in lingua ucraina,
con le informazioni per coloro che, in seguito all’emergenza guerra in Ucraina, usufruiscono
dell’assistenza pubblica in Italia. Il 2025 rappresenta un anno di transizione, con scadenze e
modifiche importanti alle misure di supporto attualmente in vigore. Le domande e risposte riportate
sul portale spiegano “le principali novità relative all’assistenza abitativa, ai contributi economici e
ai diritti sanitari per i cittadini provenienti dall’Ucraina che si trovano nel nostro Paese. In
particolare, le informazioni sono utili per comprendere come evolveranno le forme di accoglienza
oggi assicurate in strutture messe a disposizione dalle autorità italiane e le possibilità di ricevere, in
alternativa, un contributo per l’uscita dalle stesse strutture. Le informazioni sono utili anche per
capire i tempi e i modi con i quali cesseranno alcune forme di sostegno economico straordinario e
l’assistenza si allineerà alle forme ordinarie oggi previste dalle leggi italiane. Inoltre, sono indicate
le principali scadenze da rispettare, le modalità per presentare le domande e le risorse a cui poter
accedere nell’ambito del sistema di accoglienza italiano”.
E’ praticamente impossibile capire quanto sia costata all’Italia l’assistenza agli ucraini in fuga da un
conflitto che sarebbe potuto terminare dopo pochi mesi grazie agli Accordi Istanbul sabotati da
U.S.A. e Gran Bretagna 30 .
Possiamo solo immaginarlo, esaminando alcune cifre.
Secondo Eurostat, nel febbraio 2025 l’Europa ospitava oltre 4,3 milioni di rifugiati ucraini, dei quali
163.630 si trovavano nel nostro Paese. Il sussidio mensile per i rifugiati ucraini in Italia è di 300
euro per adulto, più altri 150 euro per ogni minore accompagnato sotto i 18 anni. I rifugiati sono
ospitati in alberghi o alloggi privati in tutto il Paese, tuttavia, i servizi di accoglienza saranno
disponibili su tutto il territorio nazionale fino al 31 dicembre 2025. I rifugiati che hanno ancora
bisogno di un alloggio dopo il febbraio 2025 possono essere trasferiti in una regione diversa da
quella in cui si sono stabiliti inizialmente.
Ci sono poi alcune statistiche comunicate dalle amministrazioni regionali italiane.
All’inizio del 2025, la Regione Emilia-Romagna ha comunicato che “le persone che hanno lasciato
l’Ucraina a causa della guerra avranno diritto all’assistenza sanitaria gratuita per tutto il 2025 … Le
persone provenienti dall’Ucraina titolari del permesso di soggiorno per protezione temporanea
avranno due mesi di tempo per chiederne il rinnovo in questura. Durante questo periodo, il sistema
sanitario della Regione Emilia-Romagna assicurerà loro la continuità dell’assistenza sanitaria,
nell’attesa che i cittadini ucraini presentino il rinnovo del permesso oppure la semplice ricevuta
della domanda di rinnovo presentata. Contestualmente all’assistenza sanitaria è stata rinnovata
anche l’esenzione dal ticket per tutte le prestazioni erogate dal servizio sanitario. Per due mesi
l’esenzione sarà garantita a tutti i cittadini ucraini che non svolgono attività lavorativa, poi sarà
confermata a chi avrà presentato il rinnovo del permesso o la ricevuta della domanda presentata” 31 .
Trattandosi di una disposizione nazionale – l’art. 20 del D.L. n. 202/2024 prevede la proroga al
31.12.2025 delle disposizioni contenute nel DPCM 28.3.2022, recante le misure di protezione
temporanea per le persone provenienti dall’Ucraina in conseguenza degli eventi bellici ancora in
corso. Al riguardo si segnala la circolare del Ministero della Salute del 9.1.2025, cui ha fatto seguito
la mail del MEF del 10.1 u.s che ha confermato la proroga dell’esenzione X22 fino al 31 dicembre
2025 – la regola vale per tutte le regioni italiane.
Conclusioni
I cittadini cosa ne pensano di tutto ciò?
Secondo il sondaggio Euromedia Research pubblicato dal quotidiano “La Stampa”: il 94% degli
italiani è contrario all’invio delle truppe in supporto all’Ucraina; l’87% è contrario a finanziare
l’acquisto di armi; il 64% degli italiani pensa che l’Europa non stia lavorando nella giusta direzione;
e alla domanda “quali crede siano le migliori soluzioni per il conflitto?”, il 60% risponde
“negoziazione diplomatica”, l’8,3% è per il supporto militare e il 6,5% è a favore dell’intervento
diretto guidato da altri Paesi. Inoltre, “un italiano su dieci è pro Putin, solo due persone su dieci
considerano la risposta del nostro Governo al conflitto “efficace”. Scarsa la fiducia in Trump (34%)
e nell’UE (15%) 32 .
Come notò argutamente Costanzo Preve: “Questa è la prima epoca storica in cui gli intellettuali
sono più stupidi della gente comune”.
Stefano Vernole
Analista geopolitico · CeSEM – Centro Studi Eurasia Mediterraneo
Note
1 Ucraina, tutti i numeri di 3 anni di guerra, “Italia Oggi”, 24 febbraio 2025.
2 Appena firmato l’accordo sulle risorse minerarie ucraine, gli Stati Uniti hanno autorizzato la ripresa degli aiuti militari a Kiev, non più in dono ma a pagamento. Defense Security Cooperation Agency (DSCA) ha rilasciato l’autorizzazione al Dipartimento di Stato a certificazione richiesta, notificandola al Congresso, per la vendita all’Ucraina di un pacchetto di servizi per i velivoli da combattimento F-16 del valore di 310,5 milioni di dollari, cfr. comunicato del 2 maggio 2025
3 Si segnala anche che l’articolo 29 bis, del decreto legge n. 21 del 2022 ha novellato l’articolo 2-bis del citato decreto legge n. 14 del 2022, al fine di specificare che le somme in entrata derivanti dai decreti ministeriali che definiscono l’elenco dei mezzi, dei materiali e degli equipaggiamenti militari oggetto di cessione alle autorità governative dell’Ucraina, devono essere riassegnate integralmente sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della Difesa. Da ultimo, il comma 13 dell’articolo 13 della legge di bilancio per il 2025, (legge 30 dicembre 2024, n. 207), analogamente a quanto già previsto dalle precedenti leggi di bilancio, autorizza il Ragioniere generale dello Stato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, allo stato di previsione del Ministero della difesa, per l’anno finanziario 2024, delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato dalle istituzioni dell’Unione europea, concernenti le misure di assistenza supplementari connesse allo strumento europeo per la pace (EPF) tese a sostenere ulteriormente le capacità e la resilienza delle forze armate ucraine.
Da ultimo, il comma 13 dell’articolo 13 della legge di bilancio per il 2025-2027 (legge n. 207/2024) autorizza il
Ragioniere generale dello Stato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, allo stato di previsione del
Ministero della difesa, per l’anno finanziario 2024, delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato dalle
istituzioni dell’Unione Europea, concernenti le misure di assistenza supplementari connesse allo strumento europeo
per la pace (EPF) tese a sostenere ulteriormente le capacità e la resilienza delle forze armate ucraine, cfr. Camera dei
Deputati – Documentazione parlamentare, Cessione di materiali d’armamento alle autorità governative dell’Ucraina,
camera.it, 27 gennaio 2025.
4 Redazione “Analisi Difesa”, Tajani: L’Ucraina entrerà nella NATO e nella UE. Pronto il 10° pacchetto di aiuti italiani, 5
dicembre 2024.
5 Carlo Tecce, Tre anni di guerra in Ucraina, gli affari (e le spese) italiane per le armi, “L’Espresso”, 3 febbraio 2025.
6 Enrico Piovesana, Armi all’Ucraina, i costi nascosti nei programmi di riarmo nazionali, milex.org, 26 gennaio 2025:
“Discorso analogo, seppur con un aumento più contenuto, anche il programma di ammodernamento della capacità
nazionale di difesa aerea e missilistica a media portata con l’acquisizione di batterie Shorad Grifo con missili Camm-Er, a rimpiazzo delle vecchie batterie SkyGuard con missili Aspide: anch’esso previsto prima dello scoppio della guerra in Ucraina, dove sono state inviate batterie SkyGuard Aspide in dismissione fin dal 2022. Il costo del programma previsto nel Dpp 2021 era di 795 milioni: nel Dpp 2024 la previsione, compresi gli stanziamenti già allocati, è salita a 981 milioni: +23%”.
7 Anche i Cinque Stelle, nella travagliata stagione precedente alla scissione del gruppo di Luigi Di Maio, hanno
approvato il soccorso bellico per l’Ucraina; proprio questo tema, brandito con enfasi da Giuseppe Conte, accelerò la
caduta del Governo Draghi. E su questo tema, sul supporto incondizionato a Kiev, il Governo Meloni ha costruito la sua
“credibilità internazionale” presso l’Unione Europea, gli Stati Uniti, l’Alleanza Atlantica.
8 Simona Ciaramitaro, Ucraina, i costi nascosti nei programmi di riarmo nazionali, Collettiva.it, 31 gennaio 2025.
9 Redazione Milex, Spesa militare 2025 oltre 35 miliardi, per il 2% altri 10. Il trucco del Mef, milex.org, 17 aprile 2025.
10 Stefano Vernole, I calcoli europei per un conflitto contro la Russia sono profondamente sbagliati, Strategic Culture
Foundation, 6 aprile 2025.
11 Ferruccio Michelin, Aiuti militari all’Ucraina e 2% del Pil alla difesa. L’Italia allineata alla Nato, “Formiche”, 8 maggio 2025.
12 Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2025 sull’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune –
relazione annuale 2024 (2024/2082(INI), Testo approvato dal Parlamento di Strasburgo il 2 aprile 2025.
13 “South Front”, Situazione militare in Ucraina l’11 maggio 2025 (aggiornamento delle mappe).
14 Cfr. “Renovatio 21”, 19 aprile 2025.
15 Monica Pieraccini, Energia, Confindustria all’attacco: “I costi ammazzano le imprese”, “Quotidiano Nazionale”, 11
maggio 2025.
16 Al riguardo si veda il mio precedente articolo: Stefano Vernole, L’interesse nazionale italiano e la Russia, “Il Faro di Roma”, 29 aprile 2025.
17 Commissione Ue: stop a dipendenza da fonti energetiche russe. Presentata la tabella di marcia RePowerEu,
Agensir.it, 6 maggio 2025. Cfr. anche Luca Carrello, Ue, dal 2027 addio al gas russo. Ecco come l’Europa fermerà le
forniture da Mosca, “Milano Finanza”, 6 maggio 2025.
18 Il capo del Dipartimento federale degli affari esteri Ignazio Cassis ha sostenuto che non esiste una base legale
secondo cui un Governo può sequestrare in modo permanente i beni russi e che, agendo al di fuori della legge, la
Svizzera rischierebbe di perdere la propria credibilità internazionale. La questione ha scatenato un acceso dibattito
sulla neutralità del Paese, cfr. Paula Dupraz-Dobias, Perché la Svizzera raccomanda cautela nell’usare i beni russi
congelati per aiutare l’Ucraina?, swissinfo.ch, 1 maggio 2025.
19 Promos Italia, Nel 2024 scambi tra Italia e Russia per 7,8 miliardi, nonsoloambiente.it, 20 marzo 2025.
20 Miguel Ángel Gavilanes, Seda Hergnyan, Lola García-Ajofrín, Nacho Alarcón, Come esportare in Russia, nonostante le
sanzioni, “El Confidencial”, 3 marzo 2025.
21 Camera di Commercio italiana per l’Ucraina, ReBuild Ukraine – Italia. FOLLOW UP EVENTO, ccipu.org, novembre
2022.
22 Monica Giambersio, Ucraina, presidente Fontana: ‘modello Lombardia’ vincente per ricostruzione, “Lombardia
notizie”, 5 marzo 2025.
23 Carlo Canepa, Meloni smemorata: ha parlato più volte della “vittoria” dell’Ucraina, “Pagella Politica”, 19 marzo
2025.
24 Camera dei Deputati – Documentazione parlamentare, Iniziative per la ricostruzione dell’Ucraina, camera.it, Focus
23 gennaio 2025.
25 Ibidem.
26 Andrea Muratore, Trump, la Russia, l’UE: Zelensky ostaggio del grande gioco per le terre rare ucraine, “Inside Over”,
16 febbraio 2025.
29 Paolo Mossetti, Ucraina, la crisi del reclutamento, il flop del contratto giovani e la sfiducia nelle élite, “Inside Over”, 20 aprile 2025.
30 Marco Travaglio, Mosca-Kiev: come e perché la pace fu sabotata nel 2022. Il libro “Ucraina, Russia e Nato in poche
parole”, “Il Fatto Quotidiano”, 19 novembre 2024.
31 Prorogata l’assistenza sanitaria e l’esenzione dal ticket per i profughi ucraini a tutto il 2025, “Emilia-Romagna
Salute”, 10 gennaio 2025.
32 Alessandra Ghisleri, Invio di truppe in Ucraina, no da 94 italiani su cento, “La Stampa”, 30 marzo 2025.
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