L’Ivafe (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero) è un tributo introdotto in Italia con l’articolo 19 del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 (noto come “Decreto Salva Italia”), convertito dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214. Questa imposta rappresenta l’equivalente dell’imposta di bollo applicata sugli investimenti finanziari detenuti in Italia, estendendo il principio di tassazione patrimoniale anche alle attività finanziarie possedute all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia.
Ivafe: definizione e obblighi fiscali
L’IVAFE si configura come uno strumento di contrasto all’evasione fiscale internazionale e di recupero di gettito, inserendosi nel più ampio contesto delle misure di trasparenza fiscale e di lotta ai paradisi fiscali. La ratio della norma è quella di garantire neutralità fiscale tra gli investimenti domestici e quelli esteri, evitando vantaggi competitivi artificiali derivanti dalla localizzazione geografica degli investimenti.
L’imposta si applica indipendentemente dalla produzione di redditi da parte delle attività finanziarie e prescinde dalla loro movimentazione durante l’anno. È dovuta per il solo fatto del possesso delle attività alla data del 31 dicembre di ciascun anno, configurandosi quindi come un’imposta di natura patrimoniale piuttosto che reddituale.
Che cos’è l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero
Rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVAFE diverse tipologie di attività finanziarie: depositi bancari e postali, conti correnti, libretti di risparmio, certificati di deposito, buoni fruttiferi, titoli di Stato, obbligazioni, azioni e partecipazioni societarie, quote di fondi comuni di investimento, ETF, prodotti finanziari derivati, polizze assicurative con componente di investimento, contratti di capitalizzazione e qualsiasi altra forma di investimento finanziario.
Chi deve pagare l’Ivafe
Sono soggetti passivi dell’IVAFE i soggetti fiscalmente residenti in Italia che detengono attività finanziarie all’estero. In particolare, l’obbligo tributario grava su:
Persone fisiche residenti in Italia: tutti i cittadini e gli stranieri che abbiano stabilito la propria residenza fiscale in Italia secondo i criteri dell’articolo 2 del TUIR sono tenuti al versamento dell’IVAFE per le attività finanziarie detenute fuori dal territorio nazionale.
Enti non commerciali residenti in Italia: fondazioni, associazioni, comitati, enti ecclesiastici, enti pubblici non commerciali e tutti gli enti che non svolgono attività commerciale come oggetto esclusivo o principale sono soggetti all’IVAFE per le attività finanziarie estere possedute.
Società semplici e soggetti equiparati: le società semplici, le società di fatto, le associazioni professionali e tutti i soggetti equiparati ai sensi dell’articolo 5 del TUIR rientrano nell’ambito soggettivo dell’IVAFE.
Trust residenti in Italia: anche i trust che abbiano stabilito la propria residenza fiscale in Italia sono tenuti al versamento dell’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero.
L’obbligo sussiste indipendentemente dalle modalità di detenzione delle attività finanziarie, che possono essere possedute direttamente, indirettamente o tramite interposta persona fisica o giuridica. In caso di intestazione fiduciaria o di trust, l’imposta è dovuta dal soggetto che risulta beneficiario effettivo dell’attività finanziaria.
Per i soggetti non residenti in Italia, l’IVAFE non trova applicazione, coerentemente con il principio di territorialità che governa la tassazione patrimoniale. È importante sottolineare che la residenza fiscale si determina secondo i criteri dell’articolo 2 del TUIR, che considera residente la persona che per la maggior parte dell’anno ha il domicilio, la residenza anagrafica o il centro degli interessi vitali in Italia.
Calcolo dell’Ivafe
Il meccanismo di calcolo dell’IVAFE varia significativamente in base alla tipologia di attività finanziaria oggetto di tassazione, riflettendo le diverse caratteristiche economiche e funzionali degli strumenti finanziari.
- Per depositi bancari, conti correnti e libretti di risparmio: l’IVAFE è configurata come imposta fissa, pari a 34,20 euro per ciascun rapporto intrattenuto con intermediari esteri. Questa imposta fissa è dovuta esclusivamente se il valore medio di giacenza annuo del conto supera la soglia di 5.000 euro. Il calcolo della giacenza media si effettua sommando i saldi giornalieri e dividendo per i giorni dell’anno (365 o 366 in caso di anno bisestile).
Nel caso di rapporti cointestati, l’imposta di 34,20 euro viene ripartita in parti uguali tra tutti i cointestatari, salvo diversa pattuizione tra le parti che risulti da documentazione probante. Se il rapporto ha durata inferiore all’anno solare, l’imposta viene calcolata proporzionalmente ai giorni di effettiva detenzione.
- Per altre attività finanziarie: tutte le attività finanziarie diverse dai depositi e conti correnti sono soggette a un’aliquota proporzionale dello 0,20% applicata al valore dell’attività rilevato al termine del periodo d’imposta (31 dicembre). Questa categoria comprende azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento, ETF, strumenti finanziari derivati, polizze vita con componente finanziaria, contratti di capitalizzazione e qualsiasi altro prodotto finanziario.
Base imponibile e aliquote
Per la determinazione della base imponibile si considera prioritariamente il valore di mercato dell’attività alla data del 31 dicembre. In assenza di un valore di mercato facilmente determinabile, si fa riferimento al valore nominale o di rimborso. Qualora non sia disponibile nemmeno questo parametro, si utilizza il costo sostenuto dal contribuente per l’acquisizione dell’attività finanziaria.
Per le attività finanziarie espresse in valuta diversa dall’euro, il valore deve essere convertito utilizzando il cambio ufficiale rilevato dalla Banca Centrale Europea alla data del 31 dicembre dell’anno di riferimento. In caso di partecipazioni in società estere, il valore da considerare è quello risultante dall’ultimo bilancio approvato, rapportato alla percentuale di partecipazione posseduta.
È importante evidenziare che per le attività finanziarie diverse dai conti correnti non è prevista alcuna soglia di esenzione, rendendo l’imposta dovuta anche per investimenti di modesto valore. Inoltre, l’IVAFE è dovuta indipendentemente dalla produzione di redditi o plusvalenze, configurandosi come imposta patrimoniale pura.
Conti esteri e Ivafe
Oltre all’IVAFE, i titolari di conti esteri devono considerare ulteriori obblighi fiscali: la dichiarazione nel quadro RW per finalità di monitoraggio fiscale, l’eventuale tassazione degli interessi attivi percepiti secondo il regime della dichiarazione dei redditi, e gli obblighi informativi derivanti dalla normativa antiriciclaggio.
Regime fiscale per conti esteri
I conti correnti e depositi bancari detenuti presso intermediari esteri sono soggetti a un regime fiscale specifico nell’ambito dell’IVAFE, caratterizzato da elementi di semplificazione e da soglie di esenzione che tengono conto della natura prevalentemente transazionale di questi strumenti.
L’elemento distintivo del regime applicabile ai conti esteri è rappresentato dalla soglia di esenzione di 5.000 euro di giacenza media annua. Questo limite è stato introdotto per evitare la tassazione di conti utilizzati prevalentemente per esigenze di pagamento e non per finalità di investimento, riconoscendo che molti cittadini aprono conti esteri per necessità lavorative, familiari o di studio.
Il calcolo della giacenza media richiede particolare attenzione. Si deve considerare la somma dei saldi giornalieri del conto, divisa per il numero di giorni dell’anno. I saldi negativi (scoperti di conto) vengono computati come zero ai fini del calcolo. Nel caso di conti aperti o chiusi durante l’anno, il calcolo deve essere effettuato considerando i soli giorni di effettiva operatività del rapporto.
Per i conti cointestati, la giacenza media deve essere ripartita tra i cointestatari secondo le quote di possesso. In assenza di diversa documentazione, si presume la cointestazione in parti uguali. Ciascun cointestatario verificherà autonomamente se la propria quota supera la soglia di 5.000 euro e, in caso affermativo, sarà tenuto al versamento della propria quota di IVAFE (34,20 euro diviso il numero di cointestatari).
Un aspetto cruciale riguarda i conti correnti utilizzati per l’attività d’impresa o di lavoro autonomo. Anche questi sono soggetti al regime dell’IVAFE se la giacenza media supera i 5.000 euro, indipendentemente dalla natura commerciale o professionale dell’attività svolta. Tuttavia, i conti correnti aziendali intestati a società di capitali o enti commerciali seguono regole diverse e non rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVAFE.
Differenze tra conti correnti e altri prodotti finanziari
La normativa IVAFE stabilisce una netta distinzione tra conti correnti/depositi bancari e altri prodotti finanziari, differenziazione che riflette la diversa funzione economica di questi strumenti e la conseguente diversa politica fiscale applicabile.
Conti correnti e depositi bancari beneficiano di un trattamento agevolato caratterizzato da:
- Imposta fissa di 34,20 euro per rapporto, indipendentemente dall’ammontare della giacenza
- Soglia di esenzione di 5.000 euro di giacenza media annua
- Semplicità di calcolo e adempimento
- Ripartizione automatica in caso di cointestazione
Altri prodotti finanziari sono invece soggetti a:
- Aliquota proporzionale dello 0,20% sul valore
- Assenza di soglie di esenzione
- Necessità di valutazione del prodotto al 31 dicembre
- Maggiore complessità negli adempimenti valutativi
Questa differenziazione trova giustificazione nella diversa natura economica degli strumenti: i conti correnti sono prevalentemente utilizzati come strumenti di pagamento e gestione della liquidità, mentre gli altri prodotti finanziari rappresentano vere e proprie forme di investimento finalizzate alla produzione di redditi o alla realizzazione di plusvalenze.
La distinzione ha implicazioni pratiche significative. Ad esempio, un conto corrente con giacenza di 100.000 euro genera un’IVAFE di soli 34,20 euro, mentre un portafoglio di azioni del medesimo valore comporterebbe un’imposta di 200 euro (0,20% di 100.000 euro).
È importante non confondere i depositi vincolati o i certificati di deposito con i conti correnti: nonostante possano apparire simili, questi prodotti rientrano nella categoria “altri prodotti finanziari” e sono quindi soggetti all’aliquota proporzionale dello 0,20%, senza beneficiare della soglia di esenzione.
Particolare attenzione merita la qualificazione dei conti multifunzione offerti da alcune banche estere, che combinano funzionalità di conto corrente con servizi di investimento. In questi casi, è necessario distinguere la componente liquida (soggetta al regime dei conti correnti) dalla componente investimento (soggetta all’aliquota proporzionale).
Normativa e prassi
L’IVAFE si inserisce nel più ampio quadro normativo del monitoraggio fiscale delle attività estere, disciplinato dagli articoli 4 e seguenti del Decreto Legge 167/1990. Questo sistema impone ai contribuenti residenti obblighi dichiarativi specifici per tutte le attività di natura finanziaria detenute all’estero, indipendentemente dalla loro rilevanza reddituale.
Obblighi dichiarativi e monitoraggio fiscale
Il principale adempimento dichiarativo è rappresentato dalla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi (modello Redditi PF per le persone fisiche, modello Redditi ENC per gli enti non commerciali). Questo quadro deve essere compilato anche dai soggetti che presentano il modello 730, attraverso la presentazione di un modello Redditi PF integrativo.
Esistono tuttavia soglie di esenzione: i conti correnti e depositi bancari all’estero con valore massimo annuale non superiore a 15.000 euro sono esonerati dall’obbligo di monitoraggio. Questa soglia (originariamente 10.000 euro) è stata elevata a 15.000 euro dalla Legge 186/2014. Attenzione però: l’esonero dal monitoraggio non sempre esonera dal pagamento dell’imposta. Infatti, se la giacenza media annua di un conto estero supera 5.000 euro (pur avendo un picco massimo sotto 15.000 euro), occorre comunque compilare il Quadro RW per liquidare e versare l’IVAFE dovuta.
Nel quadro RW devono essere indicate:
- La tipologia di attività posseduta, utilizzando i codici identificativi previsti dalle istruzioni ministeriali
- Il paese estero di detenzione dell’attività
- Il valore iniziale dell’attività (valore al 1° gennaio o valore di acquisizione se successiva)
- Il valore finale dell’attività (valore al 31 dicembre o valore di cessione se precedente)
- I giorni di possesso dell’attività durante l’anno
- L’eventuale quota di possesso in caso di comproprietà
- I redditi prodotti dall’attività durante l’anno
- L’ammontare dell’IVAFE dovuta
Particolare attenzione deve essere prestata alla valorizzazione delle attività finanziarie. Per i conti correnti, deve essere indicata la giacenza al 31 dicembre, anche se l’IVAFE dipende dalla giacenza media. Per gli altri investimenti, occorre utilizzare i criteri di valutazione previsti per l’IVAFE (valore di mercato, nominale o costo).
È importante sottolineare che l’IVAFE non sostituisce altre imposte sui redditi esteri: eventuali rendimenti finanziari o interessi generati dalle attività estere devono comunque essere dichiarati e tassati separatamente (ad esempio gli interessi bancari esteri sono di norma tassati con imposta sostitutiva del 26%, al netto di eventuali crediti d’imposta esteri). L’IVAFE è un tributo patrimoniale aggiuntivo, calcolato sul valore dell’attività finanziaria, indipendentemente dai redditi che essa produce
Le sanzioni per omessa o infedele dichiarazione sono particolarmente severe:
- Sanzione base: dal 3% al 15% dell’ammontare non dichiarato
- Raddoppio delle sanzioni per attività detenute in Stati a fiscalità privilegiata
- Sanzione minima di 258 euro per ciascuna attività non dichiarata
- Possibilità di ravvedimento operoso con riduzione delle sanzioni
Il sistema sanzionatorio mira a scoraggiare l’omessa dichiarazione e a promuovere la compliance spontanea. È importante sottolineare che la sanzione si applica anche in caso di dichiarazione tardiva o incompleta, non solo in caso di totale omissione.
La normativa prevede anche obblighi di documentazione: i contribuenti devono conservare tutta la documentazione relativa alle attività estere per consentire eventuali controlli dell’Amministrazione finanziaria. Questa documentazione include estratti conto, comunicazioni bancarie, contratti di investimento, certificazioni fiscali estere.
Credito d’imposta e doppia imposizione
Uno degli aspetti più rilevanti della disciplina IVAFE riguarda la prevenzione della doppia imposizione internazionale, realizzata attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta per le imposte patrimoniali pagate all’estero su attività della stessa natura.
Il meccanismo del credito d’imposta opera secondo le seguenti regole:
- È riconoscibile un credito pari all’imposta patrimoniale effettivamente pagata nello Stato estero
- Il credito non può eccedere l’ammontare dell’IVAFE dovuta in Italia sulla medesima attività
- L’imposta estera deve avere natura patrimoniale e non reddituale
- Deve sussistere corrispondenza oggettiva tra l’imposta estera e l’IVAFE italiana
Per beneficiare del credito d’imposta è necessario:
- Documentare l’effettivo pagamento dell’imposta estera mediante certificazione ufficiale
- Dimostrare la natura patrimoniale dell’imposta estera
- Compilare correttamente la sezione II del quadro RW
- Conservare la documentazione probatoria per eventuali controlli
Il credito d’imposta può essere utilizzato esclusivamente in diminuzione dell’IVAFE dovuta e non può generare rimborsi o essere riportato ad anni successivi. In caso di eccedenza del credito rispetto all’IVAFE dovuta, la parte non utilizzabile si considera definitivamente persa.
Le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia possono influenzare l’applicazione dell’IVAFE. Alcune convenzioni contengono clausole specifiche sulle imposte patrimoniali che possono limitare o escludere l’applicazione dell’IVAFE per determinate categorie di contribuenti o per specifiche tipologie di attività.
Particolare attenzione merita l’interazione con le imposte patrimoniali di alcuni paesi europei, come la “wealth tax” francese o le imposte sui depositi bancari vigenti in alcuni Stati. In questi casi, il contribuente deve valutare caso per caso la possibilità di far valere il credito d’imposta, tenendo conto delle specificità delle normative estere.
La prassi amministrativa ha chiarito che non sono riconoscibili crediti d’imposta per:
- Imposte sui redditi pagate all’estero (anche se calcolate su base patrimoniale)
- Imposte di bollo o tasse sui servizi bancari
- Ritenute alla fonte su dividendi o interessi
- Imposte su transazioni finanziarie
Procedura di versamento dell’Ivafe
Il versamento dell’IVAFE segue le modalità e i termini previsti per l’IRPEF, configurandosi come imposta complementare al sistema tributario sui redditi. Le procedure di pagamento variano leggermente in base alla tipologia di soggetto passivo, mantenendo comunque un approccio unitario e semplificato.
Modalità di versamento per imprese e privati
Per le persone fisiche, il versamento avviene tramite modello F24, utilizzando specifici codici tributo:
- Codice 4043: per il versamento a saldo dell’IVAFE relativa all’anno precedente
- Codice 4047: per il versamento del primo acconto dell’IVAFE per l’anno in corso
- Codice 4048: per il versamento del secondo acconto o acconto unico dell’IVAFE per l’anno in corso
Il sistema degli acconti prevede due rate:
- Primo acconto: pari al 40% dell’IVAFE dovuta per l’anno precedente, da versare entro il 30 giugno
- Secondo acconto: pari al restante 60%, da versare entro il 30 novembre
L’obbligo di versamento degli acconti sorge quando l’IVAFE dell’anno precedente supera i 51,65 euro. Al di sotto di questa soglia, l’imposta viene versata esclusivamente a saldo nell’anno successivo.
Per gli enti non commerciali, le modalità di versamento ricalcano quelle delle persone fisiche, con l’utilizzo dei medesimi codici tributo. Tuttavia, il calcolo dell’imposta può presentare maggiori complessità in relazione alla determinazione delle quote di possesso delle attività finanziarie e alla ripartizione tra finalità istituzionali e non istituzionali dell’ente.
Per le società semplici e i soggetti equiparati, il versamento segue le regole delle persone fisiche, ma l’imposta è calcolata in capo ai singoli soci in proporzione alle loro quote di partecipazione. Questo comporta che ciascun socio dovrà versare la propria quota di IVAFE utilizzando il proprio codice fiscale.
Il calcolo proporzionale dell’IVAFE in caso di possesso per frazione d’anno richiede particolare attenzione:
- Per i conti correnti: l’imposta di 34,20 euro viene rapportata ai giorni di effettiva detenzione
- Per altri investimenti: l’aliquota dello 0,20% si applica al valore medio ponderato per i giorni di possesso
Nel caso di comproprietà o cointestazione, l’IVAFE viene ripartita tra i compossessori in base alle rispettive quote. In assenza di diversa documentazione, si presume la ripartizione in parti uguali.
Scadenze e modalità di pagamento
Il calendario dei versamenti IVAFE segue il principio di allineamento con le scadenze dell’IRPEF, garantendo semplificazione amministrativa e uniformità procedurale nel sistema tributario italiano.
Scadenze ordinarie:
- 30 giugno dell’anno successivo: versamento a saldo dell’IVAFE dovuta per l’anno precedente e primo acconto (40%) per l’anno in corso
- 30 novembre dell’anno successivo: versamento del secondo acconto (60%) per l’anno in corso
Maggiorazioni per ritardato pagamento: è possibile effettuare il versamento entro 30 giorni dalla scadenza ordinaria con applicazione di una maggiorazione dello 0,40% mensile dell’importo dovuto.
Compensazioni: l’IVAFE può essere compensata con crediti tributari della stessa natura (IRPEF, addizionali, cedolare secca) utilizzando il modello F24. Non è ammessa la compensazione con crediti IVA o di altra natura.
Le modalità di pagamento ammesse sono:
- Versamento telematico tramite home banking con addebito su conto corrente
- Presentazione del modello F24 presso banche convenzionate
- Versamento presso uffici postali
- Pagamento tramite intermediari abilitati (commercialisti, CAF, consulenti del lavoro)
Per i versamenti di importo superiore a 1.000 euro è obbligatorio utilizzare modalità telematiche o tramite intermediari abilitati. I versamenti di importo inferiore possono essere effettuati anche presso sportelli bancari o postali.
Casi particolari
- Decesso del contribuente: gli eredi devono versare l’IVAFE proporzionalmente alle quote ereditarie
- Trasferimento di residenza: l’IVAFE è dovuta fino al momento del trasferimento all’estero
- Cessione di attività: l’imposta è calcolata fino alla data di cessione dell’investimento
Consigli per la gestione fiscale dei conti all’estero
Una gestione efficace e conforme alla normativa delle attività finanziarie estere richiede un approccio sistemico che consideri non solo gli aspetti strettamente tributari, ma anche quelli organizzativi, documentali e strategici.
Organizzazione documentale: È fondamentale mantenere un archivio completo e ordinato di tutta la documentazione relativa alle attività estere. Questo include contratti di apertura conto, estratti conto periodici, comunicazioni delle banche estere, certificazioni fiscali, documentazione relativa agli investimenti, corrispondenza con gli intermediari finanziari esteri. La documentazione deve essere conservata per almeno cinque anni dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi e deve essere facilmente accessibile in caso di controlli fiscali.
Valorizzazione delle attività: Richiedere annualmente agli intermediari esteri una certificazione del valore delle attività possedute al 31 dicembre è una pratica consigliabile che semplifica gli adempimenti dichiarativi e riduce il rischio di errori valutativi. Molte banche estere forniscono automaticamente questi documenti, ma è opportuno verificarne la completezza e l’accuratezza.
Pianificazione fiscale preventiva: Prima di procedere all’apertura di conti o alla sottoscrizione di investimenti all’estero, è essenziale valutare l’impatto fiscale complessivo, considerando non solo l’IVAFE ma anche la tassazione dei redditi prodotti, gli obblighi dichiarativi e i costi di compliance. In alcuni casi, la convenienza economica dell’investimento estero può essere significativamente ridotta dai costi fiscali e amministrativi.
Gestione della doppia imposizione: Monitorare l’evoluzione della normativa fiscale del paese estero dove sono detenute le attività per individuare tempestivamente opportunità di credito d’imposta o modifiche che possano influenzare la convenienza dell’investimento. Mantenere rapporti con consulenti fiscali locali può essere utile per ottimizzare la gestione tributaria.
Collaborazione volontaria: In caso di irregolarità pregresse nella dichiarazione delle attività estere, valutare l’adesione agli istituti di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) per regolarizzare la posizione fiscale beneficiando di riduzioni sanzionatorie. Questi strumenti, quando disponibili, offrono un percorso privilegiato per il rientro nella legalità fiscale.
Aggiornamento normativo continuo: La normativa fiscale internazionale è in continua evoluzione, soprattutto in relazione agli standard OCSE per lo scambio automatico di informazioni fiscali (CRS) e alla normativa FATCA statunitense. Mantenere un aggiornamento costante su questi sviluppi è cruciale per una gestione proattiva delle attività estere.
Valutazione del rimpatrio: Quando i costi di gestione fiscale delle attività estere diventano sproporzionati rispetto ai benefici, considerare la possibilità di rimpatriare gli investimenti in Italia. Questa valutazione deve tenere conto non solo degli aspetti fiscali, ma anche di quelli finanziari, legali e di diversificazione del portafoglio.
Consulenza specializzata: Data la complessità della normativa fiscale internazionale e i rischi connessi a una gestione non corretta, è consigliabile affidarsi a professionisti specializzati in fiscalità internazionale. L’investimento in consulenza qualificata è spesso ampiamente ripagato dalla riduzione dei rischi e dall’ottimizzazione degli adempimenti.
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