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Colao: «L’Europa? Può giocare in prima fila sul tech. Adesso è il momento di investire su di noi»


di
Daniele Manca

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L’ex ministro: «Cresce la nostra attrattività in campo accademico ed economico»

«È arrivato il momento di investire, in Europa, in Italia e nelle imprese del nostro continente». Un Vittorio Colao così ottimista era tempo che non si vedeva. «In un mondo non facile, scosso da leadership tanto forti quanto imprevedibili, abbiamo il dovere di infondere ai giovani europei sicurezza. Di trasmettere un messaggio di ottimismo e ambizione al tempo stesso. Basta girare per l’Europa per vedere quanto cresca la nostra attrattività in campo accademico ed economico».
Un ottimismo comprensibile. Il 29 maggio Colao sarà a Boston ad Harvard dove sarà premiato come vincitore dell’Alumni Achievement Award 2025 della Harvard Business School. È il più alto riconoscimento dato agli ex studenti per i risultati ottenuti. A scorrere l’elenco di chi lo ha preceduto si ritrovano presidenti della Banca Mondiale, banchieri come Jamie Dimon alla guida di JPMorgan. E capitani d’impresa mitici come Jeffrey Immelt della General Electric, finanzieri come Ray Dalio fondatore del maggiore hedge fund al mondo, il Bridgewater Associates. E così Colao, appassionato d’Europa ma premiato dall’America, si ritroverà a essere il primo italiano e tra i pochissimi europei di quel club creato dalla prestigiosa università statunitense. Conterà far crescere un’azienda dal niente (Omnitel), farla diventare Vodafone, essere protagonista di investimenti e operazioni finanziarie in tutto il mondo per centinaia di miliardi, stare nel board di colossi come Unilever e Verizon e poi essere stato ministro del digitale in Italia.

È questo riconoscimento forse a renderla particolarmente ottimista?
«Se vuole posso anche elencarle i tanti problemi che abbiamo in Europa e in Italia. Ma una volta conosciuti che facciamo? Continuiamo a conviverci con pessimismo?».




















































Intanto provi a dirceli…
«Grazie al Rapporto Draghi l’Europa ha dichiarato una strategia: tecnologia, difesa, ricerca e finanziamenti per l’innovazione, semplificazioni solo per citarne alcuni. È come se avesse messo la prima marcia, ora si tratta di passare in seconda, terza… E soprattutto non frenare».

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Chi frena?
«Se guardiamo alla tecnologia, l’Ue ha avviato iniziative per finanziare le AIGigaFactory, per portare capitali di rischio alle imprese innovative, per semplificare direttive pesanti per le imprese. Ma gli Stati, i governi in questo momento devono fare di più. Se consideriamo una debolezza non avere infrastrutture nello Spazio, siamo sicuri si debba continuare a difendere con i denti programmi nazionali? Se c’è già l’AI act, ogni Paese europeo davvero deve farsi la sua legge sull’Intelligenza artificiale?».

Segno che i governi ci tengono a essere presenti su un settore importante…
«Purché non ci si riduca a fare leggi ridondanti con quella europea, già costellate da centinaia di emendamenti, ma ci si concentri sulle cose da fare. Non fare filosofia da convegno quando Cina e Usa investono centinaia di miliardi».

D’accordo ma l’AI non può essere in mano solo a magnati e tecnocrati.
«Proprio per questo dobbiamo lavorare sulle iniziative in modo più deciso. Il mondo sta discutendo di accelerare i benefici dell’AI, non solo di prevenirne i rischi».

Ad esempio?
«Torno dalla due giorni organizzata da Google in Inghilterra, ma tante altre aziende fanno iniziative simili, dove assieme alle discussioni sui rischi si discute molto delle opportunità. Come sulle Life Science. Identificare un tumore in anticipo grazie a diagnostica AI salva vite umane. Predire la struttura delle proteine permette di sviluppare prima e a minor costo migliori farmaci. Digitalizzare la sanità e utilizzare AI per programmare prevenzione e semplificare gestione fa concentrare i medici sui pazienti con risultati migliori».

Ma in un’ottica di aziende.
«No. Si tratta di aiutare la Sanità pubblica. Quando le dico che sono ottimista sulla tecnologia in Europa, è perché vedo che dalla Sanità ai Supercomputer per l’AI, dai Chip allo Spazio, dalla Robotica alle biotecnologie, abbiamo iniziative pubblico-private che, se implementate da tutti gli Stati membri evitando sovranismi locali, possono farci recuperare terreno».

È innegabile che l’Europa si stia muovendo ma gli altri, America e Cina, hanno già fatto un bel pezzo di strada.
«Dobbiamo partire da quello che abbiamo. Abbiamo già una rete di 8 supercomputer? Raddoppiamola. Su chip e cloud siamo indietro? Sviluppiamo selettivamente e recuperiamo con alleanze. Sullo Spazio siamo piccoli? Aggreghiamo aziende e concentriamo i budget per accelerare le costellazioni europee. E chi l’ha detto che l’AI debba essere solo LLM, per intenderci ChatGPT, Claude, Gemini? Abbiamo una grande industria manifatturiera, Possiamo sviluppare verticalmente l’intelligenza artificiale in alcuni settori in cui potremmo essere leader. O quanto meno non soggetti alla dipendenza da altri».

Dobbiamo avere molta speranza.
«No, sono cose molto concrete. L’Airbus è concreto. Ridurre i 270 regolatori della tecnologia europea — e tanto le complesse direttive europee quanto le farraginose leggi nazionali — è concreto. Possiamo attrarre ricercatori grazie al potenziamento degli ERC e delle nostre eccellenze universitarie».

Negli Usa in effetti le università sono sotto attacco.
«La battaglia per l’ingerenza nelle università, che la nuova amministrazione americana sta facendo, è profondamente sbagliata. Quando si attaccano scienza, accademia, media si creano le condizioni per asciugare la vitalità di un Paese e in ultima analisi la democrazia. E questo rende l’Europa più attrattiva».

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Sarà anche così ma praticamente?
«In questo momento il Regno Unito si riavvicina, la Norvegia e la Svizzera sono sempre più strette alla Ue. Possiamo fare molto se mettiamo a frutto il Rapporto Draghi. Appena ne applichiamo una minima parte, come con la difesa comune spinti dall’invasione russa dell’Ucraina, scopriamo che le cose assieme si possono fare. Continuiamo così, con più ambizione e vedrà che possiamo essere ottimisti, noi come i nostri giovani».



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28 maggio 2025 ( modifica il 28 maggio 2025 | 08:59)

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