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Francesca Albanese: «Sto per fare i nomi di 45 grandi aziende del mondo che finanziano il genocidio. Mi gettano fango addosso, ma non ho paura»


«Io non ho paura. Il mio ruolo è osservare e descrivere la situazione. C’è un genocidio in corso in Palestina, e quando lo dicevo l’anno scorso non lo diceva ancora nessuno. Adesso nessuno lo nega». È decisa la giurista Francesca Albanese, 48 anni, dal 2022 prima donna ad aver ricoperto l’incarico di relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati e autrice di Quando il mondo dorme (Rizzoli), in uscita il 27 maggio. Il riferimento alla paura lo fa perché le chiedo come si sente alla vigilia della consegna all’Onu di un nuovo rapporto che farà parlare: se nel 2024 era Anatomia di un genocidio, il 4 luglio presenterà al mondo un documento in cui traccia mille aziende del mondo che finanziano il genocidio, e fa i nomi di 45: «chi sfrutta le risorse palestinesi, chi fornisce armi, il sistema carcerario, le banche, i fondi pensione, le compagnie assicurative, i supermercati, le organizzazioni non governative che riciclano denaro per gli israeliani, le università, la finanza… È il motivo per cui mi stanno riversando addosso tutto questo fango», spiega. «Mi ha scritto persino il Dipartimento di Giustizia americano: mi invitano a smettere di indagare sulle imprese perché sono cose false. Ma loro che ne sanno? Mi chiedessero il rapporto, lo analizzassero, ed eventualmente ponessero delle domande».

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Sgombriamo subito il campo sul fango: la accusano di avere un conflitto di interesse perché avrebbe usufruito di un viaggio in Australia finanziato da associazioni pro-Hamas. Che cosa risponde?
«Oggi ho proprio scritto una lettera all’Onu dicendo: “adesso o pubblicate voi i documenti che provano che questo viaggio in Australia l’avete pagato voi…».

Perché non lo dicono?
«Bella domanda. In Australia mi hanno invitato due organizzazioni di lunga data, e non hanno pagato proprio un bel niente. Sa perché? Perché il mio viaggio è stato autorizzato dalle Nazioni Unite. Avevo del budget in esubero, non potevo andare in Palestina e l’ho utilizzato per andare lì. Eppure questa accusa va avanti da un anno e mezzo, c’è stata pure tutta un’inchiesta. I miei colleghi si vergognano, perché io ho lavorato 10 anni con le Nazioni Unite, e ho la reputazione di una persona non solo integra e immacolata, ma di grande lavoratrice indefessa».

Quando dicono che Francesca Albanese fa politica che cosa risponde?
«Che non mi conoscono. Il mio faro è il diritto internazionale e il mio ruolo non è politico. Lavoro nell’ambito dei diritti umani da oltre 20 anni, metà dei quali trascorsi come funzionaria delle Nazioni Unite per l’Alto Commissariato per i diritti dell’uomo, e poi per UNRWA, l’agenzia che si occupa dei profughi palestinesi in Medio Oriente. Poi ho lasciato l’agenzia e mi sono dedicata alla ricerca, sono entrata in accademia, ho all’attivo diverse pubblicazioni scientifiche che continuo a fare. Ho scritto il libro Palestinian Refugees in International Law che è stato pubblicato dalla Oxford University Press, e prima dell’incarico all’Onu insegnavo all’università in corsi superiori, quindi master, e e lavoravo per un’organizzazione non governativa che si occupa di rifugiati in Medio Oriente. Uso l’imperfetto perché ho messo tutto in pausa per questo impegno che comunque, in tempi di genocidio, è gravoso».

Come nasce il suo interesse per i diritti umani?
«Penso che sia un po’ scritto nella mia natura, nella mia personalità, nella mia formazione, in Italia. Vengo da una famiglia che era mediamente consapevole delle ingiustizie del mondo e quindi discuteva, ma soprattutto leggeva. Io sono stata marchiata a fuoco dall’orrore dell’Olocausto, poi la mia adolescenza è stata segnata dalle uccisioni della mafia, della camorra nella mia terra (Albanese è nata a Ariano Irpino, ndr), e della mafia in una terra che poi mi ha adottato che è la Sicilia: la mafia è un sistema collusivo fatto di poteri economici, finanziari e politica ed è questa una chiave di lettura potentissima per capire la quello che succede in Palestina. Poi ho frequentato la SOAS University of London, e ho compreso il colonialismo, cioè che per 500 anni l’Europa, anche noi, abbiamo commesso crimini efferati e genocidi sottomettendo, sfruttando altri popoli. Il mio interesse per i diritti umani deriva da queste tre cose, direi».

E come è finita ad occuparsi di Palestina?
«Dopo la SOAS, nel 2005. Ma io sono stata sempre una molto attenta all’università, ero una impegnata nel movimento studentesco, nel sociale, ricordo che mi sono battuta in modo furente per l’affissione di una lapide commemorativa a Giovanni Gentile, perché era quello che aveva firmato le leggi razziali che avevano mandato a morire i nostri connazionali ebrei. Mi sono sempre impegnata per principio, poi la questione palestinese per me era importante per i curdi, per i tibetani, per le nazioni senza Stato. O forse, semplicemente, perché sono consapevole dello sforzo che hanno fatto i nostri partigiani per liberarci dal fascismo. Ecco, tornando alla domanda di prima, l’unico valore politico di cui mi sento portatrice orgogliosa è l’antifascismo. Io sono antifascista».

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Ricercatrice affiliata presso l’Institute for the Study of International Migration presso la Georgetown University, Francesca Albanese, classe 1977, dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati e autrice di Quando il mondo dorme (Rizzoli), in uscita il 27 maggio, che raccoglie 10 storie di persone che ha incontrato in Palestina e altrove.

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Lei nel suo libro Quando il mondo dorme scrive che occuparsi di Palestina è stato come prendere la pillola rossa di Matrix, ossia le ha capire «il sistema».
«Sì perché pensiamo alle relazioni internazionali, e le studiamo, come una serie di trattati, la roba più noiosa che si possa fare. Invece il diritto internazionale, soprattutto dal punto di vista dei diritti umani, è fatto da movimenti sociali che portano a una trasformazione dell’ordinamento giuridico, ossia le regole che ci diamo così che siamo protetti pure noi individui. Per questo vengono da me studenti a orde, mi fermano per strada ragazzi che dicono “Grazie che ci stai facendo capire”. Io non vivo manco in Italia, quindi queste persone non dovrebbero neanche sapere chi sia io, non non ho grande esposizione».

Che cosa dice il diritto internazionale della Palestina?
«Che l’occupazione israeliana è illegale, va smantellata, vanno smantellate le colonie, vanno ritirate le truppe, va smesso di sfruttare le risorse naturali. Ma dice pure che i popoli sottomessi hanno il diritto a resistere. Con ogni mezzo, anche la lotta armata, purché non sia diretta contro civili. Questo è il diritto internazionale. Il diritto alla resistenza è ciò che hanno i popoli rispetto al diritto all’autodifesa che hanno gli Stati».

Perché il mondo «dorme»?
«Anche se è diventato indifendibile il genocidio, perché su quello che dicevo solo io un anno e mezzo fa, adesso c’è consenso, lo dice Amnesty, altre persone delle Nazioni Unite, commissioni di inchiesta, lo dicono gli storici israeliani, non serve a niente, vede? Interessi economici, finanziari sono tali e radicatissimi, per cui che cosa ci frega che muoiano i palestinesi? Ma non ci interessano neanche gli israeliani, questa è la verità».



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