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Orsini: “Subito un Piano Straordinario: imprese italiane a rischio tenuta”




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nostro inviato a Bologna

Un Piano Industriale Straordinario per salvare la manifattura italiana e rimettere in moto la crescita del Paese. È la proposta lanciata dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, dall’assemblea annuale (che ieri si è tenuta per la prima volta non a Roma ma a Bologna per «valorizzare i territori») rivolgendosi direttamente al premier Meloni e alla presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola. «Servono almeno 8 miliardi l’anno per tre anni da destinare agli investimenti produttivi, utilizzando le risorse del Pnrr che non potranno essere spese entro il 2026», ha detto Orsini sottolineando che solo in questo modo si può evitare il rischio di deindustrializzazione in Italia. L’obiettivo è ambizioso: «raggiungere almeno il 2% di crescita del Pil nel prossimo triennio».

«O si potenzia l’Ires premiale o si ripristina un’Ace (l’aiuto alla crescita economica abolito da quest’anno; ndr) per l’industria, strumenti più che mai essenziali per patrimonializzare e incrementare gli investimenti del sistema produttivo italiano», ha rimarcato il numero uno degli industriali. La produzione cala da due anni, e la crisi sta bloccando gli investimenti in impianti e macchinari. L’occupazione tiene solo grazie allo sforzo delle imprese. «Tra le grandi imprese industriali associate a Confindustria, due su tre (67,9%) stanno trattenendo i propri dipendenti nonostante il calo dell’attività. Di queste, oltre un terzo (34,8%) lo fa per mantenere le competenze già presenti in azienda, consapevole delle difficoltà nel reperire nuovo personale qualificato. Ma per quanto potremo ancora farlo?», si è chiesto retoricamente.

Un’ampia parte del discorso è stata dedicata alla critica delle disfunzionalità delle regolamentazioni europee. «Non possiamo indebitare i costruttori europei costringendoli ad acquistare le quote di CO2 da Byd e Tesla per rispettare i vincoli europei che ci siamo autoimposti. È una vera pazzia», ha ribadito Orsini. «Non vogliamo buttare via gli investimenti miliardari fatti per trasformare il diesel in un motore pulito e performante. Come non vogliamo costringere gli automobilisti ad usare auto elettriche di altri continenti», ha affermato.

Anche «il Patto di Stabilità deve consentire un grande piano di sostegno agli investimenti dell’industria, in ogni Paese europeo. Altrimenti, non è un patto per la crescita. È un patto per il declino dell’Europa», ha detto Orsini. Per questo, serve un nuovo orizzonte comune. «Bisogna lavorare seriamente alla creazione del mercato unico degli investimenti e dei risparmi, a maggior ragione visto che oggi importanti flussi finanziari potrebbero abbandonare gli Stati Uniti.

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Perché serve un nuovo patto per l’Europa? Se con la nuova temperie trumpiana, «anche solo 300 medie imprese decidesserodi spostare la produzione all’estero, le ricadute negative riguarderebbero almeno 100mila occupati», ha spiegato Orsini. Di qui l’appelloi a Metsola. «Mentre negoziamo con l’amministrazione americana, dobbiamo accelerare sugli accordi di libero scambio con altre aree del mondo per diversificare gli sbocchi del nostro export», ha rilevato.

In questo nuovo mondo serve un nuovo patto sociale anche con le organizzazioni sindacali. «I contratti di Confindustria garantiscono le retribuzioni più alte e i meccanismi di recupero dell’inflazione», ha chiosato il presidente ricordando che le associate generano il 44% del valore aggiunto dell’impresa privata italiana. Ma «le retribuzioni italiane che perdono potere d’acquisto spingono verso il basso consumi e crescita».

Ecco perché il messaggio finale è un appello a tutte le forze politiche e sociali. «Un patto nuovo tra tutti noi», ha specificato auspicando senso di responsabilità da parte di tutti. «Per un’Europa più forte e davvero unita e per un’Italia ancora più grande».



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