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Un maxi piano industriale per l’Ue e l’Italia


Un piano industriale straordinario per rilanciare l’economia europea e italiana. Questa la proposta avanzata dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, durante l’Assemblea 2025 della Confederazione, insieme ad una dura critica alla Commissione Ue sulle politiche troppo «ideologiche» del Green Deal.

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Unione europea: obiettivo correggere la rotta

Orsini è stato molto chiaro: «Alle politiche europee serve un radicale mutamento di impostazione. Le scelte degli ultimi anni stanno presentando un conto pesantissimo». «Hanno indebolito la nostra competitività industriale, hanno messo a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro e, di conseguenza, l’intero sistema di welfare e di coesione sociale».

Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione europea

Sul Green Deal Orsini è poi molto netto: «Ci siamo dati gli obiettivi ambientali più sfidanti del mondo, ma senza alcuna stima degli effetti e dei costi sull’industria e sui lavoratori e le loro famiglie». Standard che non sono «condivisi dal resto del mondo» e tutto ciò «ci porta fuori mercato». Confindustria non è «la sola a chiedere una svolta, sono con noi tutte le Confindustrie europee». Tema, quello del green, molto sentito dall’automotive visto che il rischio, nel non cambiare approccio, è quello di avere auto sempre più costose e cedere quote di mercato sempre maggiori ai cinesi. Le concessioni fatte dalla Commissione Ue (l’introduzione di una maggiore flessibilità sulle multe per le emissioni auto, consentendo alle case automobilistiche di calcolare la conformità ai limiti di CO2 su una media di tre anni, invece che su uno, ndr) sono «blande», visto che «avrebbe dovuto azzerarle», ha dichiarato Orsini, sottolineando come la mancanza di coraggio della Commissione Ue si concretizzi nella decisione di voler lasciare «immutata la data del 2035 per lo stop al motore endotermico».

Il nuovo Piano industriale straordinario europeo deve dunque essere basato su due leve: la prima sono gli investimenti per sostenere la capacità innovativa dell’industria, da realizzare con il contributo delle risorse pubbliche e private. Per attivarli serve un New generation Eu per l’industria e un mercato Ue integrato. La seconda leva è l’avere delle regole per rimettere al centro la competitività e abbattere gli oneri burocratici. Se l’Ue riuscisse a «diminuire le barriere interne al livello degli Usa, la sua produzione aumenterebbe del 6,7%, ovvero 1.000 miliardi di euro», ha spiegato Orsini.

Un piano industriale per l’Italia

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La componente più urgente è quella dei sovraccosti energetici. Aspetto che il governo sta osservando con attenzione. Una delle soluzioni è il disaccoppiamento del prezzo dell’energia e del gas.

Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio Ue durante la Conferenza di Confindunstria 2025
Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio Ue durante la Conferenza di Confindunstria 2025

Uno strumento che si può usare, in questo senso, ricorda la premier Giorgia Meloni, intervenuta durante l’Assemblea di Confindustria, «è quello dei contratti pluriennali a prezzo fisso, in cui il corrispettivo viene stabilito tra le parti e riflette i reali costi di produzione per ciascuna tecnologia». Meloni ha poi ricordato che l’esecutivo ha stanziato in questi anni 60 miliardi «per alleviare i costi», ma non basta e «per questo abbiamo accompagnato le risorse con diversi interventi, alcuni dei quali rispondono anche alle necessità richiamate proprio dalla Confindustria.

Ricordo l’energy release e il gas release sui quali stiamo dialogando con la Commissione europea». Altro tema forte è l’Ires premiale che si è arenata per mancanza di fondi. Terzo elemento puntare sull’industria 4.0, e quarto puntare «sui contratti di sviluppo, strumenti in cui le imprese hanno già maturato esperienza e ottenuto risultati concreti». Ma per tutto questo servono risorse.

Orsini le trova ipotizzando di «usare tutto il margine possibile per spostare le risorse del Pnrr non utilizzabili entro il 2026, indirizzandole verso strumenti più efficaci». Sulla stessa linea anche Meloni che concretizza in 15 miliardi la dotazione finanziaria da rimodulare dentro il Pnrr, «che io vorrei fossero messi per sostenere l’occupazione e aumentare la produttività».



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