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Un Piano Industriale Straordinario per il futuro dell’Italia e dell’Europa


Oltre 2.000 imprenditori, esponenti politici e istituzionali. Quasi 5.000 persone collegate in streaming sui siti di Sole 24 Ore, Ansa, Luiss e Stampa Estera. Confindustria quest’anno ha scelto Bologna per la sua Assemblea annuale, un segno tangibile di attenzione ai territori, un nuovo corso per sottolineare la profonda anima industriale dell’intero Paese.

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Alla presenza del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del Parlamento europeo, Roberta Metsola, l’evento si è aperto sulle note dell’inno europeo e di quello nazionale cantato dal coro dell’Antoniano, a rimarcare la chiave simbolica della giornata: un’Europa e un’Italia dai destini incrociati sul piano industriale e sociale che devono tornare a correre guardando al futuro.

 

Il messaggio all’Europa

 

Dal palco, il presidente Orsini ha tracciato il percorso: in un contesto globale in rapido cambiamento, l’industria europea reclama un ruolo da protagonista per non restare schiacciata nella competizione internazionale per le risorse strategiche o soffocata da una deriva regolatoria autoinflitta.

Da qui la proposta di un grande piano europeo di rilancio, un “New Generation EU per l’industria”, che mobilitando risorse pubbliche e private rivitalizzi un ecosistema manifatturiero messo all’angolo da un eccesso di ambientalismo ideologizzato e da una strisciante diffidenza industriale.

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La sfida è all’altezza delle ambizioni ma anche delle potenzialità: creare un vero Mercato Unico europeo, sul modello statunitense, eliminando frizioni interne e aggregando capitali e risparmi, potrebbe generare oltre 1.000 miliardi di euro di produzione aggiuntiva.

Ma servono regole più semplici, meno burocrazia, e soprattutto più coerenza tra obiettivi e strumenti normativi. Orsini ha messo in discussione scelte che rischiano di penalizzare intere filiere, come l’automotive, ancora esposta alla spada di Damocle del divieto europeo sui motori endotermici entro il 2035.

Similmente ha stigmatizzato l’integralismo green che ha aggredito l’industria negli ultimi anni, dal packaging al CBAM passando per l’inquinamento speculativo dell’ETS. Il presidente ha invitato a considerare la transizione ambientale con pragmatismo e senza compromettere la competitività economica continentale, la stessa che ha dato vita e forza al modello di welfare europeo dal dopoguerra ai giorni nostri, e che rappresenta la migliore garanzia di un futuro prospero anche per le nuove generazioni.

Alta l’attenzione sui temi internazionali, in particolare sulla guerra commerciale, con lo spettro dei dazi statunitensi da combattere con l’antidoto del negoziato e con l’apertura a nuovi mercati che permettano di centrare l’obiettivo di 700 miliardi di euro di export l’anno. Sul punto è stata ricordata la creazione e la messa a disposizione del Paese, da parte di Confindustria, di ExpAnD, uno strumento digitale per mappare le potenzialità di export dei prodotti italiani in tutto il mondo.

 

Che cosa deve fare l’Italia

 

In coerenza con la visione europea e internazionale, Orsini ha esposto la proposta di un Piano Industriale Straordinario mirato anche nel nostro Paese, con al centro energia, semplificazione e riforme, investimenti e persone.

Sull’energia il presidente è tornato a denunciare un sovraccosto strutturale divenuto insostenibile per le imprese italiane, con prezzi che raggiungono picchi in incremento dell’80% rispetto ai paesi competitor. L’appello al governo è stato quello di procedere decisi al disaccoppiamento tra il costo del gas e quello, più basso, delle rinnovabili, giunte a generare il 40% dell’energia immessa in rete.

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Nel corso della relazione sono stati richiamati anche il superamento dei veti burocratici che bloccano sul territorio nuovi impianti per 150 GWh, nonché la necessità di accelerare sul ritorno al nucleare modulare di nuova generazione, definito un fattore di sicurezza e indipendenza strategica per il Paese.

La parola d’ordine resta semplificazione: sono molte – troppe – le proposte a costo zero di Confindustria ancora in attesa di riscontro da parte delle istituzioni e restano urgenti le soluzioni su discipline, disallineatesi nel tempo dai loro scopi, come la 231, per la quale è stata invocata una riforma strutturale.

In considerazione del calo della produzione industriale, gli investimenti in impianti e macchinari sono stati l’altro elemento essenziale del discorso di Orsini. Senza un intervento deciso che spinga gli imprenditori a investire di nuovo e in maniera massiccia, una crescita stabile e sostenuta nell’ordine del 2%, come quella apertamente auspicata, risulterebbe lunare.

Ecco, dunque, la richiesta di impiegare ogni risorsa disponibile per “incentivi 6.0”, per un’Ires premiale realmente funzionante o per misure di rafforzamento per le imprese quali l’Ace, nell’ordine di almeno 8 miliardi di euro all’anno per tre anni, da ricavare anche attraverso un uso più flessibile delle risorse del Pnrr e dei fondi di Coesione.

Perno del ragionamento di Orsini, infine, la responsabilità sociale delle imprese – rivendicata con forza – e l’attenzione alle persone che vivono del e nel sistema industriale. Confindustria, ha ricordato il suo presidente, intende lavorare con sindacati e governo sulla sicurezza, perché “ogni morte sul lavoro è un fallimento per tutti” e sul potere di acquisto dei lavoratori. La richiesta: un utilizzo accorto dell’avanzo Inail, pari a 1,5 miliardi di euro l’anno, da destinare a formazione e prevenzione dei rischi.

Serve impostare poi uno scambio tra produttività e salari, affinché imprese e stipendi crescano di pari passo, ferma restando l’importanza di combattere fenomeni che sviliscono la contrattazione “sana”, come le finte cooperative e i contratti “pirata”.

Da questo percorso congiunto, lungo due binari paralleli e complementari deve nascere – è l’invito conclusivo del presidente Orsini – “un patto nuovo tra forze politiche e sociali”. L’obiettivo è “un’Europa più forte” e “un’Italia ancora più grande”.

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