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L’Ue chiede all’Italia di adattarsi all’elettrificazione: i tempi sono maturi


Volete parlare di transizione? Colpite il portafoglio. Il messaggio che arriva da Bruxelles è secco come un pugno nello stomaco: l’Italia brucia ancora troppo gasolio, troppo metano e troppa pazienza dell’Europa. La Commissione ha scritto chiaro che trasporti ed edilizia sono le zavorre della nostra decarbonizzazione e che l’unico modo per far partire davvero il cambiamento è toccare il denaro di chi inquina: “Un quadro favorevole per la diffusione dei veicoli elettrici, anche attraverso incentivi fiscali… tassazione delle auto basata sulle emissioni di CO₂. In altre parole: se viaggi pulito spendi meno, se esali fumi paghi il conto.

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Elettriche confinate a una nicchia

Il problema è che, finora, Roma ha risposto con piccoli passi: bonus che cambiano di anno in anno, colonnine che spuntano a macchia di leopardo, spot istituzionali che dribblano la realtà. Il risultato si vede nei numeri di Unrae: 65.626 elettriche vendute nel 2024, un misero 4,2% del totale. Persino la Spagna ci guarda dallo specchietto con l’11,4%. Nel frattempo Regno Unito, Francia e Germania viaggiano su quote che oscillano dal 20 al 28%. Peggio: le plug-in arrancano al 3,4% e le emissioni medie delle vetture nuove restano a 119,1 g/km di CO2 contro i 107,8 g/km della media Ue. Ultimi della fila, con i fari spenti.

Perché siamo così indietro? Non per mancanza di reddito, ma perché l’infrastruttura pubblica offre appena undici colonnine ogni cento chilometri di strade; la media europea è 16,4, l’Olanda gioca in un altro campionato con 125. In più, il fisco tratta l’auto aziendale come un lusso da punire: in Italia meno di un quarto delle targhe è intestato alle imprese, in Germania i due terzi. Le flotte, che altrove fanno da cavie per le tecnologie nuove, qui restano termiche per necessità contabile.

Euro 4 ancora rilevanti nel parco circolante

La tirata d’orecchi dell’Unione Europea non si ferma ai motori. “Accelerate il ritmo di ristrutturazione degli edifici più energivori”, intimano le stesse carte, che invitano anche a promuovere le pompe di calore smettendo di far pagare l’elettricità e il gas a peso d’oro. Finché scaldarsi col metano conviene, nessuno stacca la caldaia. E mentre discutiamo, l’età media del nostro parco circolante tocca 12,8 anni; otto milioni circa di veicoli sono ante Euro 4, cioè fabbricati dal 2006 al 2009.

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La Commissione, intanto, scorre il Pnec italiano e trova buchi grossi come crateri: zero dettagli su come l’Ets2 – il nuovo mercato delle quote di emissione che dal 2027 colpirà anche trasporti ed edilizia – peserà sulle tasche di famiglie e imprese; nessun elenco dei gruppi vulnerabili che avrebbero diritto a una fetta degli 86,7 miliardi del Fondo sociale per il clima; silenzio su quando finiranno gli sconti fiscali al gasolio agricolo e alle trivelle; nebbia fitta su eventuali piani nucleari (“tema con implicazioni decisive per gli investimenti di lungo periodo”, ricorda Bruxelles).

Gli attuali leader dell’elettrificazione domani avranno industrie, posti di lavoro e tecnologia in casa. I ritardatari domani importeranno in blocco: auto, batterie, energia e perfino know-how. La Commissione ce l’ha già detto senza addolcire la pillola: o scattate ora, o resterete a piedi. Con il serbatoio pieno e la storia che passa oltre.





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