Tre spaccate in una notte usando un tombino. Un negozio svaligiato ancor prima di essere inaugurato. Un’auto usata come ariete per forzare una vetrina. Non sono le scene di un film, ma ormai la vita quotidiana nel centro cittadino. Soprattutto da un mese a questa parte, rendendo la vita dei commercianti ancora più dura. Tanto che Prefetto, Comune e associazione Commercianti pensano delle contromisure, perché «si compra solo dove si è al sicuro. Per questo stiamo pensando alle telecamere su via Garibaldi. E di chiedere i vigili per strada. Gli imprenditori vanno rassicurati». A dirlo è Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Confcommercio Torino, al termine della presentazione dell’indagine semestrale – da settembre 2024 a marzo 2025 – realizzata in collaborazione con Format Research e Camera di commercio, che delinea lo stato di salute delle imprese torinesi.
«Le spaccate sono segnale di insicurezza – aggiunge Coppa – . E insicurezza e degrado sono i due temi che possono peggiorare in modo importante il livello delle nostre imprese». Per questo, entro fine giugno, ci saranno degli incontri con il prefetto e l’assessore comunale alla Sicurezza, Marco Porcedda.
Scende la fiducia
Tra i primi dati che saltano all’occhio nell’analisi effettuata su 800 imprese, spicca la discesa dell’indicatore di fiducia: da 47 a 40 punti rispetto allo scorso semestre, seppure ancora sopra la media nazionale (a 36). «Hanno fiducia soprattutto gli impiegati nel settore turistico e della ristorazione (dove l’indicatore sale rispettivamente a 59 e 55 punti, ndr). Molto meno quelli del commercio al dettaglio, in particolare modo il non alimentare», afferma il direttore di Ascom Confcommercio Torino, Alberto Carpignano.
Quadro chiaroscuro
La fotografia restituita dall’analisi fa emergere segnali positivi – la crescita di occupazione e liquidità – in un contesto complessivamente di gran difficoltà, dove a fronte di più occupati calano imprese e ricavi. Un quadro in chiaroscuro, quindi, dove l’88% delle imprese registra stabilità o crescita occupazionale – anche in questo caso meglio rispetto alla media nazionale – e il 68% ritiene migliorata o invariata la propria disponibilità di cassa.
Ma il rapporto tra le aziende che nascono e quelle che muoiono continua ad essere negativo, anche se meno dello scorso semestre: «Se nell’ultimo semestre sono nate 1.807 imprese, 2.919 sono “morte”», racconta il presidente di Format Research Srl, Pierluigi Ascani. Quindi si sono persi 1.112 negozi, anche se è la prima volta in quattro anni che il divario accenna a ridursi. Intanto i ricavi segnano un rallentamento dell’attività economica terziaria. «La contrazione del saldo positivo delinea un contesto di maggior fragilità economica, seppur meno accentuato rispetto al dato nazionale (da 45 a 41 punti, contro una media nazionale di 39, ndr)» continua Ascani.
Si chiede più credito
Tra i dati positivi la richiesta di credito. A Torino più che nel resto d’Italia sembra esserci più voglia di investire. Sale al 32% – dal 27% – la quota di imprenditori che chiedono aiuto alle banche per investire nella propria attività: un terzo in più della media italiana, del 22%. Sale anche la quota di quanti chiedono credito per esigenze di cassa (dal 54% al 58%), mentre scendono per richieste di ristrutturazione del debito (dal 19% all’11%). Il che, in parte, è merito del calo dei tassi d’interesse imposti dalla Bce, che impattavano direttamente sul credito. Promozione e investimento sembrano potere essere le carte vincenti per attestare la resilienza delle imprese. «Un lavoro funzionale – spiega Carpignano – è fare arrivare al cittadino finale il valore del commercio di prossimità: cioè la filosofia di fondo dei distretti del commercio». Chiosa Coppa: «Tendiamo a non raccontarci, ma dobbiamo puntare sullo storytelling e “tirarcela anche un po’».
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