L’Europa non deve rincorrere gli Usa nella «race to the bottom» nella regolamentazione finanziaria. È questo uno dei messaggi contenuti nelle Considerazioni Finali del governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta.
L’Amministrazione Trump ha infatti in programma una forte deregolamentazione del sistema bancario e finanziario che potrebbe penalizzare l’Europa. E questo in una situazione in cui le banche americane di maggior dimensione già sovrastano e sono più competitive di quelle europee.
Infatti, come rileva il Rapporto Draghi sul futuro della competitività europea dello scorso settembre, la prima banca americana, Jp Morgan, capitalizza in borsa più delle prime dieci banche europee messe assieme. La seconda e la terza banca americana sono più grandi della prima banca europea. Inoltre le banche americane sono meglio attrezzate per finanziare le imprese innovative, sono più profittevoli e operano in un contesto con meno vincoli regolatori.
Tuttavia, secondo Panetta, l’Europa non dovrebbe allentare le regole attualmente esistenti ma «puntare sulla semplificazione eliminando sovrapposizioni e ambiguità normative e diminuendo gli oneri amministrativi». Del resto già a febbraio i vertici delle banche centrali tedesca, francese, spagnola e italiana hanno inviato una lettera al commissario per i Servizi Finanziari Maria Luìs Albuquerque per sollecitare le istituzioni europee a procedere in questa direzione.
Sarebbe comunque imprudente inseguire l’ondata di deregolamentazione americana, come dimostra anche l’esperienza recente. Infatti grazie anche a una regolazione efficace le banche europee hanno superato indenni gli shock della pandemia e della crisi energetica. Al contrario negli Stati Uniti alcune banche regionali, tra cui la Silicon Valley Bank, sono cadute in stato di dissesto nella primavera 2023 per ragioni in parte dovute «alla mancata applicazione di taluni standard prudenziali internazionali».
Armonizzare la normativa bancaria
L’Europa deve dunque mantenere un assetto regolamentare in grado di prevenire le instabilità, magari completando il progetto della Banking Union, come sollecitato anche dal Rapporto Letta sul futuro del mercato comune europeo dello scorso anno.
A rendere più solido il sistema bancario europeo hanno concorso, dopo la crisi finanziaria del 2008-2011, l’accentramento delle funzioni di vigilanza bancaria in capo alla Banca Centrale Europea e l’istituzione del Meccanismo di Risoluzione Unico (Srm) per fronteggiare le crisi bancarie. Il tassello mancante è un sistema europeo di garanzia dei depositi completo, che incontra ancora molte resistenze.
Per il governatore di Bankitalia sarebbe necessaria un’armonizzazione della normativa bancaria predisponendo una sorta di Testo Unico valido per tutti gli Stati membri. Il riordino dovrebbe riguardare non solo la normativa di primo livello (regolamenti e direttive Ue) ma anche gli atti delegati e le linee guida adottate dalle singole autorità di vigilanza europee (secondo e terzo livello).
Il Mercato Unico dei Capitali
Ma occorre perseguire anche l’obiettivo del Mercato Unico dei Capitali, che finora ha compiuto solo i primi passi. Panetta ha richiamato la Comunicazione della Commissione Europea dello scorso marzo sull’Unione del Risparmio e degli Investimenti, che annuncia iniziative per sviluppare le cartolarizzazioni, facilitare l’attività transfrontaliera dei fondi comuni e stimolare gli investimenti in capitale di rischio.
Già secondo i Rapporti Letta e Draghi il Mercato Unico dei Capitali consentirebbe di mobilitare le risorse per rilanciare la competitività e puntare sull’innovazione, che, come ha sottolineato anche Panetta, oggi vede l’Europa fortemente penalizzata.
I rischi delle criptoattività
Il governatore si è soffermato infine sulle criptoattività come i bitcoin, altamente volatili e scambiati in contesti deregolamentati. Anche le cosiddette stablecoin espongono i detentori a rischi legati alla solidità degli emittenti e alla variabilità del valore del sottostante. In assenza di norme adeguate «la loro idoneità come mezzi di pagamento è quanto meno dubbia».
Forte è poi il rischio che le criptoattività si prestino al riciclaggio di denaro, al traffico di armi o di stupefacenti, all’elusione delle sanzioni internazionali. Anche su questo tema l’approccio alla regolazione varia. La Cina ne ha vietato l’utilizzo, mentre gli Stati Uniti sembrano poco inclini a irregimentare la materia.
In Europa, come sottolineato da Panetta, è stato emanato un corposo regolamento (cosiddetto Micar) che tra l’altro ha classificato le stablecoin in due categorie, di cui una (electronic money tokens) offre tutele sufficienti per qualificarle come mezzo di pagamento. In questo contesto un fattore positivo potrebbe essere l’euro digitale, in grado di soddisfare la domanda di strumenti digitali di pagamento sicuri, efficienti e accessibili.
In definitiva, anche se va evitata la «race to the bottom», il regolatore europeo non può adagiarsi sull’esistente. (riproduzione riservata)
*Professore ordinario Diritto Amministrativo Università La Sapienza Roma
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