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export in crescita, ma il mercato interno frena le imprese familiari


Le imprese manifatturiere del cosiddetto IV Capitalismo italiano – aziende di medie e medio-grandi dimensioni, spesso a controllo familiare – hanno chiuso il 2024 con un fatturato complessivamente in lieve aumento (+0,6%) rispetto all’anno precedente. Il dato, tratto dall’indagine annuale dell’Area Studi Mediobanca, riflette un contesto duale: da un lato il buon andamento delle esportazioni (+3,3%), dall’altro l’arretramento del mercato interno (-1,8%).

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A trainare le vendite sono state le imprese del Centro e del Sud Italia, con crescite dell’export superiori al 15%, mentre il Nord Ovest ha sofferto una flessione sia sui mercati esteri (-1,4%) che domestici (-4,7%). Più in generale, solo le aziende del Centro hanno registrato un incremento delle vendite anche sul mercato interno (+8,1%). Le previsioni per il 2025, seppure improntate a un cauto ottimismo, restano condizionate da variabili esterne e incertezze economiche. Il 58% delle imprese prevede un aumento del fatturato totale, con una crescita stimata del 3%, sostenuta ancora una volta dall’export (+4%) e più timidamente dal mercato interno (+2%).

Caro energia e concorrenza: sfide che pesano

Lo scenario competitivo si fa sempre più complesso: secondo lo studio Mediobanca, quasi sette imprese su dieci (67,8%) indicano la concorrenza di prezzo come principale preoccupazione. Il contesto geopolitico instabile (53,4%) e i costi energetici (49,3%) completano il podio delle criticità più avvertite. Seguono le barriere commerciali e le politiche protezionistiche, specie in ambito Stati Uniti, e la difficoltà nel reperire personale qualificato.

Per affrontare queste sfide, le imprese del IV Capitalismo mostrano una forte propensione all’internazionalizzazione: il 68,2% intende espandersi su nuovi mercati, il 56,1% punta su investimenti tecnologici, e il 54,1% lavora allo sviluppo di nuovi prodotti o servizi. Più marginale, invece, l’apertura del capitale a soci industriali o finanziari (solo il 3,6%).

Accesso al credito: tra le imprese domina l’autofinanziamento

Nonostante le tensioni sui mercati, l’accesso al credito non è percepito come un ostacolo: il 69,4% delle imprese dichiara di non aver avuto difficoltà a ottenere finanziamenti. L’autofinanziamento resta la principale fonte di sostegno (77%), seguito dai prestiti bancari (71,5%). Ancora limitato il ricorso a strumenti come il factoring (16,1%) o ai fondi pubblici (5,8%).

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Anche nel 2024, la gestione resta saldamente in mano alle famiglie proprietarie: nel 74% dei casi è un membro della famiglia a guidare l’impresa. Il tema del ricambio generazionale e della diversità rimane aperto. La presenza femminile si ferma al 29% della forza lavoro, mentre solo il 4,2% delle donne occupa ruoli manageriali. I giovani sotto i 30 anni rappresentano appena il 17% degli occupati, e solo lo 0,5% ricopre posizioni dirigenziali.

Esg: forte adesione, ma la strada è lunga

Otto imprese su dieci (82,5%) hanno avviato attività di sensibilizzazione Esg, concentrandosi soprattutto su aspetti ambientali. Tuttavia, se da un lato si osservano segnali positivi – come la riduzione del 9% dei rifiuti pericolosi tra 2023 e 2024 e un aumento dell’8% nell’uso di materie prime seconde – dall’altro emergono limiti concreti: per l’80% delle imprese, l’energia da fonti rinnovabili incide per meno del 20% sul consumo totale, e solo il 6,4% ne fa un uso superiore al 60%.

La gestione delle tematiche Esg è spesso affidata a figure non specializzate (33,3%), e più di un terzo delle aziende (35,9%) non comunica pubblicamente le proprie iniziative. Solo il 43,2% si è sottoposto a valutazioni esterne con rating o scoring Esg.

L’obiettivo europeo del Net-Zero entro il 2050 appare ancora distante. Se è vero che il 52,5% delle imprese è al lavoro sulla definizione dei propri target di riduzione delle emissioni, solo il 2% ha ottenuto una validazione esterna. Più preoccupante è il fatto che il 30,9% non sia in grado di quantificare le proprie emissioni e il 16,6% non ritenga al momento necessario impegnarsi in tal senso. Di fatto, solo il 41,9% delle aziende ritiene realistico raggiungere la neutralità climatica nei tempi previsti.



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