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i piani su Africa, industria e sicurezza


Il vertice che ci sarà oggi tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni non sarà solo una stretta di mano cerimoniale, ma l’ennesima tappa di una faticosa ridefinizione dei rapporti di forza tra due capitali dell’Unione Europea. La Francia arriva a Roma dopo mesi di frizioni sottili ma ripetute, consapevole che l’Italia oggi è un attore che non può più essere ignorato.

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Palazzo Chigi ha fatto sapere che si parlerà di temi bilaterali, europei e internazionali. Una formula generica che significa soprattutto Ucraina, difesa comune, Africa e migranti. Parigi vuole normalizzare i rapporti, mentre Roma pretende il riconoscimento di giocatore internazionale.

In gioco non c’è solo l’asse tra due Stati fondatori dell’Ue, ma il tentativo di entrambi di non essere schiacciati dalla polarizzazione globale.

Macron a Roma: il vertice con Meloni rilancia l’asse Francia-Italia

Gli ultimi mesi hanno messo a nudo una frattura mai del tutto ricomposta tra Roma e Parigi. L’esclusione dell’Italia da alcune iniziative sull’Ucraina, tra cui la riunione dei volontari a Kiev e il vertice in Albania, è stata letta da Meloni come una deliberata manovra francese. Macron ha risposto con fastidio, accusandola di disinformazione. Questo scambio incrociato è solo l’ultimo episodio di un rapporto segnato da irritazioni ricorrenti, che affondano nelle divergenze sulla postura internazionale dell’Europa.

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Dietro la diplomazia del fair play, Parigi mal digerisce il protagonismo romano. E Roma, a sua volta, legge ogni passo francese come una prova di superiorità. Il vertice di oggi serve anche a riportare l’equilibrio su un piano meno emotivo.

C’è anche un altro fatto da non sottovalutare. Meloni continua a rafforzare il suo profilo internazionale con una strategia che mescola pragmatismo e simbolismo. Il Times ha parlato apertamente di “Meloni-mania”: un fenomeno mediatico-diplomatico che moltiplica strette di mano, abbracci e battute con leader di ogni continente.

Ovviamente, non dobbiamo pensare che Meloni sia una compagna di conversazioni amabili, perché si muove entro perimetri definiti: è estremamente metodica. Ogni gesto, ogni battuta, ogni sorriso rivolto a Trump o Vance, Modi o Starmer, è calibrato.

Persino il gelo con Macron è funzionale a una narrazione più ampia: quella di una leader che non si allinea ma sceglie quando aprire e quando chiudere. Ogni sua reazione pubblica, perfino le tensioni, fanno parte di una strategia. Meloni applica il politichese ad hoc: il modo in cui si gestisce il corpo, lo spazio, il contatto e il tono è parte integrante del messaggio politico. La comunicazione del potere passa da una battuta, da un sorriso, dalla “romanità” che vuol far trasparire.

Difesa europea e Ucraina: cosa vogliono davvero Italia e Francia

La guerra in Ucraina resta il centro gravitazionale di ogni confronto tra alleati. Parigi e Roma mostrano una convergenza tattica, più che ideologica: entrambi ribadiscono il sostegno a Kiev e l’impegno sulle sanzioni contro la Russia, pur partendo da presupposti diversi. Meloni, che aveva escluso truppe italiane sul campo, ha preferito puntare sull’invio di armamenti e sul rafforzamento della deterrenza, mantenendo un equilibrio che le consente di parlare con Washington senza alienarsi l’elettorato più scettico.

L’Italia, sotto la sua guida, ha consolidato la postura atlantista: l’Unione Europea e il legame transatlantico restano assi portanti della sua politica estera.

Sappiamo molto bene, infatti, che Meloni si muove su due tavoli: da un lato rafforza l’impegno verso l’Ucraina, dall’altro sostiene con Macron l’idea di una difesa europea più autonoma, anche sotto il profilo industriale e finanziario. L’unità occidentale, spesso evocata nei comunicati, è in realtà un campo minato da tensioni implicite. Francia e Italia cercano di prevenire la frattura, ma sanno che il vero test arriverà quando gli Stati Uniti chiederanno all’Europa di farsi carico di un conflitto che non hanno scelto.

Migranti e Africa: le nuove intese tra Meloni e Macron

Anche il capitolo migranti e Africa, per Roma e Parigi, è al tempo stesso terreno di convergenza e campo di tensione strategica. Entrambe le capitali condividono l’interesse a contenere i flussi irregolari verso l’Europa, ma lo fanno da posizioni che rispecchiano priorità geopolitiche differenti. La Francia, con un’eredità coloniale ancora operativa, considera il Sahel parte integrante della propria sfera d’influenza e non intende cederne il controllo simbolico e operativo. L’Italia, dal canto suo, ha costruito una narrazione diversa: si propone come attore economico, non coloniale, capace di offrire investimenti al Sud del Mediterraneo in cambio di una gestione più ordinata delle partenze.

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Il Mediterraneo è la linea di faglia. Meloni insiste su un approccio cooperativo con i paesi terzi (come per esempio i recenti accordi con l’Arabia Saudita) mentre Macron cerca di costruire una cornice europea che legittimi la presenza francese in Africa senza isolarsi.

Entrambi i leader sanno che l’Unione non ha una politica migratoria comune e cercano, attraverso intese bilaterali, di guadagnare tempo e influenza. Le intese su sviluppo, energia e difesa delle frontiere sono quindi strumentali a una posta più alta: mantenere il proprio perimetro d’azione nel continente africano mentre l’Europa si frammenta tra interessi divergenti.

Difesa, energia, industria: le alleanze strategiche in gioco

Infine il vertice esplorerà anche le questioni economiche bilaterali e i legami industriali strategici. Francia e Italia sono tra i principali partner commerciali reciproci in Europa e co‑protagonisti nel settore della difesa: entrambi i paesi esportano armamenti (elicotteri, sistemi missilistici, veicoli blindati) e partecipano a grandi programmi congiunti della Difesa europea.

Sul tavolo c’è l’ipotesi di un rilancio congiunto degli investimenti industriali, a partire dalla difesa. L’Italia spinge per aumentare la spesa militare, non solo per adeguarsi alle pressioni atlantiche, ma per alimentare un settore manifatturiero che può diventare leva di crescita nazionale.

A Bruxelles si discute di un possibile fondo europeo per la difesa, ma le divergenze restano forti. Meloni e Macron cercano un’intesa almeno tattica: Roma ha bisogno di capitali e reti, Parigi vuole guidare l’architettura di questo riarmo selettivo. Sullo sfondo c’è la volontà comune di agganciare il tema della sicurezza a quello della ripresa industriale, mentre gli Stati Uniti si concentrano sull’Indo-Pacifico e l’Europa rischia di restare senza copertura. La convergenza sull’autonomia strategica europea, parola chiave dell’agenda francese, è quindi meno ideologica di quanto sembri.





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