Un altro campanello d’allarme suona nel cuore produttivo del Trentino. Dopo la notizia della messa in vendita di un ramo d’azienda da parte di Dana Italia – colosso metalmeccanico con 900 famiglie appese a un filo tra Arco e Rovereto – ora è la volta di Alphacan a dichiarare l’emergenza.
L’azienda, che produce serramenti in PVC ed è attiva ad Arco con 79 dipendenti, ha annunciato 12 esuberi e l’avvio di un contratto di solidarietà a partire dal 30 maggio. I lavoratori, da qui in avanti, saranno impiegati su una settimana ridotta a quattro giorni, con una compressione salariale compensata parzialmente dagli ammortizzatori sociali.
L’edilizia arranca, le imprese stringono
La causa? È la stessa che sta facendo tremare l’intero comparto edilizio italiano: il crollo dei bonus fiscali, su tutti il Superbonus 110%, che ha alimentato una stagione di crescita senza precedenti per il settore. Una fiammata che ora lascia dietro sé un terreno fragile, dove molte aziende, come Alphacan, devono fare i conti con una domanda in brusco rallentamento, unita a un quadro internazionale segnato dalla crisi tedesca e dall’incertezza legata ai dazi.
«Quella della Alphacan – spiega Mario Cerutti (CGIL) – è una situazione purtroppo ben nota a molte aziende trentine. Fine dei bonus, crisi in Germania e tensioni commerciali globali mettono in seria difficoltà anche imprese solide e internazionalizzate».
Contratto di solidarietà: “una scelta per proteggere la forza lavoro”
Dal canto suo, Alphacan cerca di contenere il colpo con una strategia che mira a preservare le competenze interne, considerate un patrimonio cruciale per superare la crisi.
«Abbiamo già utilizzato questo strumento in passato – afferma Eduardo Jimenez, direttore generale di Alphacan srl – e in quella occasione siamo riusciti a uscirne prima del previsto grazie alla ripresa delle attività. Oggi, nonostante il calo dei volumi, i nostri prodotti continuano a essere apprezzati e competitivi anche all’estero».
Jimenez chiarisce anche che la riduzione dell’orario settimanale è una risposta proporzionata alle proiezioni di mercato per il 2025 e 2026, entrambe al ribasso. E rilancia un messaggio di fiducia:
«Siamo in una fase transitoria. Proteggere l’occupazione resta una priorità».
In vendita anche una parte dello stabilimento: ma l’azienda minimizza
A complicare il quadro, tuttavia, è emersa anche la notizia della messa in vendita di un’area da 8.000 metri quadrati, attualmente adibita a magazzino, proprio all’interno del sito produttivo di Arco. La porzione di stabilimento, situata in un’area di pregio, ha attirato l’attenzione e sollevato interrogativi sul futuro dell’impianto.
L’azienda, però, frena sulle interpretazioni allarmistiche:
«Non si tratta di una scelta legata alla crisi – puntualizza Jimenez – ma di una porzione non più utilizzata, della quale parliamo da anni. È uno spazio che risale a un’organizzazione produttiva ormai superata e la sua cessione non ha ricadute operative né produttive.»
Un territorio in tensione: tra incertezze e attese
Il clima, però, resta teso. Arco, città industriale e cuore del lavoro altogardesano, si ritrova a fronteggiare due crisi in simultanea: quella silenziosa ma potenzialmente esplosiva della Dana, e quella, ora ufficiale, di Alphacan.
Sono centinaia le famiglie che guardano con apprensione al futuro, in un territorio che già da anni lotta contro la progressiva erosione del lavoro manifatturiero. E mentre si cercano soluzioni industriali e politiche, la tenuta sociale di questa parte di Trentino diventa ogni giorno più fragile.
La consigliera provinciale Michela Calzà ha portato il caso Alphacan in Consiglio con un’interrogazione, ma la risposta dell’assessore Spinelli ha raccontato una realtà ben diversa da quella attuale. Ma gli interrogativi da sciogliere sono molti di più: che ruolo vuole giocare il Trentino nel nuovo scenario produttivo europeo? Come sostenere chi oggi lavora nel cuore delle fabbriche, e rischia di perdere tutto senza fare rumore?
Oggi, più che mai, servono risposte. Ma anche visione. Perché dietro ogni contratto di solidarietà c’è una comunità che spera. E una politica chiamata a scegliere.
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