Designata dall’Onu nel 1973, la prima celebrazione con lo slogan “Only One Earth”. Quest’anno al centro della ricorrenza l’inquinamento da plastica
Nel 1972, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 5 giugno come Giornata mondiale dell’ambiente. La prima celebrazione, con lo slogan “Only One Earth”, ha avuto luogo nel 1973. Negli anni successivi, la Giornata mondiale dell’ambiente si è sviluppata come piattaforma per sensibilizzare sui problemi che affliggono il nostro ambiente, come l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento da plastica, il commercio illegale di specie selvatiche, il consumo sostenibile, l’innalzamento del livello del mare e la sicurezza alimentare. Inoltre, la Giornata mondiale dell’ambiente contribuisce a governare il cambiamento nei modelli di consumo e nelle politiche ambientali nazionali e internazionali.
Guidata sin dalla sua creazione dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), la Giornata mondiale dell’ambiente è diventata la più grande iniziativa mondiale di sensibilizzazione in materia ambientale, coinvolgendo un vasto pubblico globale in oltre 150 paesi nell’affrontare le sfide ambientali più urgenti di oggi.
Quest’anno la Giornata mondiale dell’ambiente si concentrerà sulla lotta contro l’inquinamento da plastica, un problema che ha invaso ogni angolo del pianeta, contaminando acqua, suolo, cibo e, persino, i nostri corpi. Questo tipo di inquinamento è una delle sfide ambientali più gravi, ma anche una delle più risolvibili, con soluzioni e tecnologie concrete già disponibili, mentre altre sono in fase di sviluppo. Il 2025 segna il rafforzamento degli impegni presi nel 2022, quando i Paesi hanno concordato di lavorare a un trattato globale per combattere l’inquinamento da plastica, con l’obiettivo di porre fine a questa minaccia attraverso una Convenzione delle Nazioni Unite.
“L’inquinamento da plastica sta soffocando il nostro pianeta, danneggiando gli ecosistemi, il benessere e il clima. I rifiuti di plastica ostruiscono i fiumi, inquinano gli oceani e mettono in pericolo la fauna selvatica. E, scomponendosi in parti sempre più piccole, si infiltrano in ogni angolo della Terra: dalla cima dell’Everest alle profondità dell’oceano; dal cervello umano al latte materno. Eppure, c’è un movimento per un cambiamento urgente”. Lo afferma il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente. “Stiamo assistendo a un crescente impegno pubblico – rileva – Passi verso la riutilizzabilità e una maggiore responsabilità. E politiche per ridurre la plastica monouso e migliorare la gestione dei rifiuti. Ma dobbiamo andare oltre, più velocemente”. Nel ricordare che a Ginevra “tra due mesi, i paesi si riuniranno per elaborare un nuovo trattato globale per porre fine all’inquinamento da plastica”, il segretario generale delle Nazioni unite auspica “un accordo ambizioso, credibile e giusto” con la prospettiva dell’economia circolare “e che venga attuato rapidamente e integralmente”.
La Repubblica di Corea ospiterà per la seconda volta le celebrazioni globali della Giornata dal 1972. In questi decenni, la Corea ha fatto progressi significativi nel migliorare la qualità dell’aria e dell’acqua e nella gestione dei rifiuti. Ha anche implementato politiche di responsabilità estesa del produttore, diventando un modello globale nella lotta contro i rifiuti di plastica. Nel 2022, l’isola di Jeju, un importante centro di sviluppo sostenibile, ha fissato l’obiettivo di eliminare l’inquinamento da plastica entro il 2040. In questa edizione, la Giornata mondiale dell’ambiente sarà anche l’occasione per celebrare i progressi nella negoziazione di un trattato internazionale sull’inquinamento da plastica, con la partecipazione di esperti e leader mondiali.
Ogni anno, circa 11 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, mentre enormi quantità di microplastiche (https://www.unep.org/news-and-stories/story/everything-you-should-know-about-microplastics) si accumulano nel suolo, provenienti principalmente dai prodotti agricoli.
“L’inquinamento da plastica – ha ricordato la segretaria esecutiva dell’UNEP, Inger Andersen, nel suo intervento a JeJu in occasione delle celebrazioni della Giornata mondiale dell’ambiente – contribuisce in modo significativo alla crisi ambientale globale, aggravando i problemi legati non solo al cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità e all’inquinamento marino, ma anche alla salute umana e della vita selvatica”. “Circa l’8% delle emissioni globali di gas-serra deriva dalla produzione della plastica” ha aggiunto Holly Kaufman del World Resources Institute.
Le micro-plastiche sono piccole particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 mm e possono derivare da diverse fonti. Sebbene si sia parlato molto della presenza di micro-plastiche negli scrub per il viso e nei prodotti cosmetici, queste fonti in realtà rappresentano una quantità relativamente piccola. Si stima che fino al 75% delle micro-plastiche presenti nell’oceano provenga dalla decomposizione di materiali più grandi (bottiglie, sacchetti di plastica, attrezzi per la pesca, ecc.). Un altro importante responsabile della presenza di fibre micro-plastiche si sta rivelando essere l’abbigliamento sintetico.
Sempre Inger Andersen ha ricordato che le microplastiche sono state trovate nelle arterie, nei polmoni, nella placenta, nel cervello umano e persino nel latte materno. Queste particelle sono difficili da rimuovere e si trovano ormai in tutte le parti del pianeta, dai mari più profondi alle vette più alte. Il solo riciclo della plastica, quindi, non basta per risolvere il problema della plastica. Un approccio completo all’economia circolare potrebbe ridurre il volume di plastica che entra nei nostri oceani di oltre l’80% e far risparmiare ai governi 70 miliardi di dollari tra il 2021 e il 2040.
Studi recenti hanno rivelato che, nonostante gli impianti di trattamento delle acque reflue siano in grado di rimuovere una parte significativa di microplastiche, una quantità rilevante finisce comunque nel ciclo naturale. Inoltre, le microplastiche sono state trovate nell’aria, con effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana, dove si sono rinvenute in organi come i polmoni, il cervello e addirittura nel latte materno.
L’inquinamento da plastica ha un costo sociale ed economico molto alto, stimato tra i 300 e i 600 miliardi di dollari l’anno. Tuttavia, la lotta contro questo problema potrebbe portare a significativi benefici per la salute umana e per l’ambiente, rendendo gli oceani e le terre più pulite, migliorando la resilienza climatica e creando economie più forti. Una soluzione chiave è l’adozione di un’economia circolare per la plastica, che implica ripensare il ciclo di vita dei prodotti in plastica, dalla progettazione al riutilizzo e al riciclo.
Nel contesto dell’economia circolare, i prodotti devono essere progettati per essere riutilizzati e facilmente riciclati alla fine del loro ciclo di vita. Questa trasformazione deve coinvolgere tutti i settori, dal governo alle imprese fino ai consumatori, e deve garantire una transizione giusta che protegga i lavoratori e le comunità vulnerabili. Il trattato globale sull’inquinamento da plastica, che dovrebbe essere ratificato nei prossimi anni, è una delle principali opportunità per affrontare in modo sistematico e coordinato questo problema su scala globale.
Nel 2025, si prevede che il consumo globale di plastica raggiunga i 516 milioni di tonnellate, con un ulteriore aumento che porterà a più di 1,2 miliardi di tonnellate entro il 2060. Questo aumento esponenziale della plastica prodotta, combinato con le attuali inefficienze nel riciclaggio, rende evidente che non basta solo il riciclo per risolvere il problema. Attualmente, solo il 21% della plastica è economicamente riciclabile (il che significa che il valore del materiale riciclato è sufficientemente elevato da coprire i costi di raccolta, selezione e lavorazione) e solo il 9% di tutta la plastica prodotta viene effettivamente riciclata.
Le stime suggeriscono che un’economia circolare per la plastica potrebbe ridurre oltre l’80% dei rifiuti di plastica che finiscono negli oceani e generare risparmi economici di circa 70 miliardi di dollari tra il 2021 e il 2040. Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale attuare politiche globali e strategie concrete che incentivino l’innovazione e la collaborazione tra tutti i settori della società, a cominciare dalla ricerca.
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