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Marelli valuta l’amministrazione controllata negli Usa, KKR cerca un compratore


Marelli Holdings è pronta a una nuova svolta nel suo travagliato percorso industriale e valuta l’amministrazione controllata. Dopo anni di difficoltà operative, finanziarie e di governance, il fornitore di componentistica per l’automotive sarebbe prossimo ad avviare la procedura di ristrutturazione del debito secondo il Chapter 11 del diritto fallimentare statunitense. La richiesta, come riportato da Bloomberg, punterebbe a garantire la continuità aziendale, la protezione legale dai creditori e la prosecuzione dell’attività in attesa di una profonda riorganizzazione. Allo stesso tempo, il fondo statunitense KKR, attuale azionista di controllo, è in trattative avanzate con il gruppo indiano Samvardhana Motherson International Ltd (Samil) per la cessione del controllo, in un’operazione che prevede l’ingresso di nuovi capitali e la parziale assunzione dell’indebitamento.

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Il gruppo Marelli, nato nel 2019 dalla fusione tra la storica Magneti Marelli (ceduta da FCA per 6,2 miliardi di euro) e la giapponese Calsonic Kansei, controllata da KKR, si era posto l’obiettivo di diventare un fornitore globale con 15 miliardi di euro di ricavi, puntando su scala industriale e sinergie operative. Tuttavia, la nuova entità ha subito sin dall’inizio l’impatto di un’elevata leva finanziaria. Parte del debito contratto per l’acquisizione è stato infatti trasferito alla società risultante dalla fusione, condizionandone l’operatività e aggravandone la vulnerabilità rispetto agli shock esterni. La pandemia ha acuito le difficoltà. La crisi nella catena globale di approvvigionamento, la carenza di semiconduttori e il calo della domanda in alcuni mercati chiave hanno eroso i margini e messo in discussione la tenuta industriale di Marelli. L’integrazione tra le due componenti, quella italiana e quella giapponese, ha generato tensioni organizzative, rallentando l’attuazione delle sinergie previste. Nel frattempo, il rapporto privilegiato con FCA, storicamente alla base della forza di Magneti Marelli, è andato sfumando. La nascita di Stellantis ha comportato un riassetto della catena di fornitura, con un maggiore ricorso a fornitori differenziati e una progressiva riduzione degli ordini a Marelli. Nel 2022, la società aveva già avviato una procedura di ristrutturazione assistita da un tribunale in Giappone. All’epoca, il debito complessivo ammontava a circa 6,6 miliardi di euro, cifra mai raggiunta prima da un produttore industriale giapponese. L’intervento dei creditori aveva portato alla riduzione dell’esposizione a circa 3,9 miliardi. Nonostante ciò, la crisi di liquidità e la mancanza di un rilancio convincente hanno continuato a minacciare la stabilità dell’azienda.

Con oltre 50.000 dipendenti nel mondo e 170 impianti produttivi attivi, Marelli fornisce componenti fondamentali per l’industria dell’auto: sistemi di illuminazione, aria condizionata, sospensioni, motori elettrici e moduli per l’automazione dei veicoli. I suoi clienti includono costruttori globali come Nissan e Stellantis. La transizione in corso nel settore automobilistico, segnata dall’elettrificazione e dall’autonomous driving, ha imposto cambiamenti rapidi che Marelli ha faticato a seguire. Secondo quanto riportato da Bloomberg, la richiesta di protezione avanzata in base al Chapter 11 negli Stati Uniti ha l’obiettivo di facilitare la transizione verso una nuova proprietà. Il fondo Strategic Value Partners LLC (SVP), guidato da Victor Khosla, si prepara a rilevare il controllo della società, dopo aver raggiunto un’intesa con il consorzio dei creditori. KKR, che aveva promosso l’operazione di fusione nel 2019, cederà le proprie quote al consorzio. Tra i principali creditori figurano Deutsche Bank, Mizuho Financial Group, MBK Partners e Fortress Investment Group.

Fonti vicine all’operazione riferiscono che il piano prevede una ristrutturazione finanziaria che garantirà la continuità dei siti produttivi e delle attività nei mercati chiave. Il debito attuale è stimato in circa 4,2 miliardi di euro. La procedura negli Stati Uniti rappresenta quindi uno strumento di protezione legale, utile a consentire la rinegoziazione con i creditori e a evitare azioni esecutive che potrebbero compromettere la sopravvivenza dell’impresa. In parallelo, KKR ha riattivato il processo di cessione a Samvardhana Motherson International Ltd (Samil), uno dei principali gruppi globali del settore con 129.000 dipendenti e un fatturato annuale di 12 miliardi di euro. La trattativa in corso prevede un’acquisizione senza esborso diretto: Samil assumerebbe circa il 20% del debito di Marelli e sottoscriverebbe un aumento di capitale da 700 milioni di euro, destinato a rafforzare la struttura patrimoniale e sostenere le esigenze operative più urgenti.

Nel frattempo, cresce la preoccupazione per il destino degli stabilimenti italiani del gruppo. I sindacati Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione Quadri hanno chiesto l’apertura di un tavolo istituzionale presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, segnalando un peggioramento delle condizioni operative nei siti produttivi di Melfi, Sulmona e Caivano, fortemente legati a Stellantis. “Marelli resta il più grande produttore di componentistica auto in Italia e dà lavoro a quasi seimila dipendenti. La sua difesa è importantissima dal punto di vista industriale e occupazionale. È urgente un intervento del governo oltre che delle Regioni interessate”, hanno concluso. L’evoluzione della crisi e delle trattative sarà oggetto di attenzione nei prossimi mesi, anche alla luce del possibile impatto sull’indotto e sul posizionamento dell’Italia nelle nuove catene del valore dell’automotive globale.

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