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La politica commerciale di Trump danneggia tutto il mondo


I dazi imposti da Donald Trump rallenteranno molto l’economia globale nel 2025, colpendo in particolare gli Stati Uniti e una gran parte dei Paesi in via di sviluppo. Non sarà una recessione, ma molto probabilmente si andrà verso il decennio di crescita più debole dagli anni Sessanta. L’avvertimento arriva dalla Banca Mondiale, che nel suo ultimo rapporto “Global Economic Prospects” attribuisce le colpe principali proprio alla guerra commerciale voluta dagli Stati Uniti. Il presidente americano ha imposto dazi generalizzati del dieci per cento sulle importazioni e del cinquanta per cento su quelle di acciaio e alluminio. Hanno inoltre minacciato dazi reciproci su decine di partner commerciali e aumentato i dazi sulle importazioni cinesi al 145 per cento, prima di abbassarli per aprire a nuove trattative.

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I numeri più importanti che inquadrano il danno provocato dalla follia commerciale Trump sono questi: la produzione globale rallenterà al 2,3 per cento nel 2025, rispetto al 2,8 per cento dell’anno scorso; in calo anche rispetto alla crescita del 2,7 per cento prevista a gennaio. «Senza una rapida correzione di rotta, il danno agli standard di vita potrebbe essere profondo», ha scritto il capo economista della Banca Mondiale, Indermit Gill, nel report.

Il dato positivo, spiega ancora Gill, è che «se le aliquote dei dazi globali venissero dimezzate, la crescita globale aumenterebbe di 0,2 punti percentuali nei prossimi due anni». Questo perché la cooperazione in economia è ancora la migliore tra tutte le opzioni possibili. Ma Donald Trump sembra non averlo capito, condannando gli Stati Uniti a un ulteriore ritocco al ribasso rispetto alle stime di gennaio della Banca Mondiale. La produzione statunitense è destinata a rallentare all’1,4 per cento quest’anno, dal 2,8 per cento del 2024. Si tratta di quasi un punto percentuale in meno rispetto alla stima di gennaio. La crescita della Cina, ad esempio, dovrebbe subire un rallentamento dal cinque al ​​4,5 per cento, in linea con le previsioni di gennaio.

L’impatto della guerra commerciale si sentirà molto anche nelle economie dei Paesi in via di sviluppo: deprimerà la crescita in quasi due terzi delle economie in via di sviluppo nel 2025, dal momento che il loro «miracolo economico», così lo definisce la Banca Mondiale, era stato guidato proprio dalla globalizzazione e da quei processi di apertura economica e politica che in questo momento sono in regressione: il Pil pro capite nei Paesi in via di sviluppo è quasi quadruplicato negli ultimi cinquant’anni, facendo uscire più di un miliardo di persone dalla povertà estrema.

Quest’anno però i Paesi emergenti e in via di sviluppo registreranno una crescita del 3,8 per cento, in calo rispetto al 4,2 per cento del 2024, portando il ritmo dell’espansione a oltre un punto percentuale al di sotto della media degli anni 2010. Anche il reddito pro capite crescerà del 2,9 per cento, oltre il punto percentuale in meno rispetto alla media registrata tra il 2000 e il 2019.

Molti di questi Paesi hanno introdotto negli ultimi anni alcuni dei dazi più elevate al mondo, e il report suggerisce un abbassamento delle barriere doganali per contribuire a stimolare la crescita economica. Nonostante questi problemi, si prevede che la crescita nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo continuerà a superare l’espansione nelle economie avanzate per il 2025. Mentre sono i Paesi a basso reddito quelli in cui la crescita rimane relativamente lenta, dove l’espansione non sta avvenendo con sufficiente rapidità per compensare le perdite economiche subite durante la pandemia e le sue conseguenze.

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«Le economie emergenti si trovano ad affrontare una sfida politica ancora più ardua rispetto a quella affrontata durante la crisi del Covid-19 di cinque anni fa, dato l’impatto imprevedibile dei dazi sulle loro economie e il rischio di flussi di capitali avversi», aveva detto il mese scorso Gita Gopinath, primo direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, al Financial Times.



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