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scontro sulle risorse blocca l’intesa


La trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali, relativo al triennio 2022-2024, resta in una fase di profondo stallo: ancora nulla di fatto tra Aran e sindacati dissenzienti.

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Nonostante i numerosi incontri, l’ultimo dei quali si è concluso senza risultati concreti, non si intravede una soluzione vicina. Il nodo centrale continua a essere la carenza di fondi economici adeguati.

Trattativa in fase di impasse: la distanza tra sindacati e Aran

Il tavolo negoziale, avviato nel maggio 2024, ha ormai superato le quindici riunioni senza compiere passi in avanti. Le posizioni restano distanti: da un lato la Funzione Pubblica CGIL e la UIL FPL chiedono risorse aggiuntive rispetto a quelle già stanziate, ritenute ampiamente insufficienti per rispondere alle esigenze del comparto. Dall’altro, l’Aran – l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni – fa sapere di non avere margini per ulteriori aumenti, in linea con le indicazioni ricevute dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo.

Le proposte del Governo: deroghe e incentivi per pochi enti

Il decreto sulla Pubblica Amministrazione, recentemente convertito in legge, ha previsto alcune novità per il settore degli enti locali. Tra queste, la possibilità per i comuni con conti in ordine di superare il tetto al trattamento accessorio, arrivando a un incremento contrattuale fino al 9%, ben oltre il 6% previsto per gli altri comparti. Tuttavia, questa flessibilità è accessibile solo a una ristretta cerchia di enti considerati “virtuosi”, cioè capaci di sostenere autonomamente gli aumenti.

Un’opportunità che, secondo il presidente dell’Aran Antonio Naddeo, rappresenta un intervento “senza precedenti” nel panorama della contrattazione pubblica. “Il contratto per il personale degli enti locali è una priorità – ha dichiarato – ma va rispettato il quadro economico stabilito dalla legge. Continuare a difendere posizioni inconciliabili – ha aggiunto – non aiuta né i lavoratori né l’amministrazione pubblica. Serve un atto di responsabilità collettivo per trovare un compromesso utile a tutti.”

Le vacanze contrattuali in atto e i rischi per il personale

Nel frattempo, l’assenza di un accordo ha fatto scattare i meccanismi legati alla cosiddetta “vacanza contrattuale”, ovvero l’erogazione parziale di aumenti in attesa del rinnovo ufficiale. Per i dipendenti degli enti locali sono oggi in vigore tre livelli di vacanza: quella ordinaria e quella maggiorata per il triennio 2022-2024, e una terza per il periodo 2025-2027, che prevede un incremento dell’1% a partire da luglio 2025.

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Ma l’impasse ha conseguenze anche più profonde: tra i rischi concreti c’è il blocco di alcune innovazioni già concordate. Rientrano tra queste il rafforzamento del dialogo sindacale, l’introduzione del buono pasto anche per chi lavora da remoto, nuove modalità per le progressioni verticali e interventi per riorganizzare le carriere all’interno degli enti.

La posizione dei sindacati contrari: “Non firmeremo un contratto al ribasso”

Le organizzazioni sindacali FP CGIL e UIL FPL, che rappresentano la maggioranza dei lavoratori nel comparto, hanno preso una posizione netta: “Dopo mesi di confronto inconcludente – scrivono in una nota congiunta – non possiamo accettare un accordo che si limita a una somma simbolica. Il contratto nazionale deve riconoscere la dignità del lavoro svolto ogni giorno nei servizi pubblici locali”.

Secondo i sindacati dissenzienti, i 25 euro netti al mese attualmente proposti sono una cifra irrisoria, inadeguata rispetto all’aumento del costo della vita e alla mole di lavoro svolta. Criticano anche il meccanismo del decreto PA, che lascia agli enti la facoltà – e non l’obbligo – di superare i tetti salariali, creando così un sistema diseguale che rischia di trasformarsi in una “lotteria retributiva” basata sul bilancio di ciascun comune.

Le richieste sindacali: aumenti strutturali e fondi certi

Le richieste di CGIL e UIL restano chiare e invariate: aumento del fondo complessivo del 5,78%, riallineamento dell’indennità di comparto, rimozione totale dei limiti al salario accessorio. “Qualsiasi miglioramento normativo – sottolineano – ha un costo. Senza finanziamenti adeguati, è impossibile applicare concretamente le innovazioni previste.

I sindacati chiedono anche di sbloccare e utilizzare le risorse non spese del contratto precedente (2019-2021) e, in alternativa, anticipare le somme già stanziate per il triennio 2025-2027. “Abbiamo dimostrato senso di responsabilità e spirito costruttivo – concludono – ma senza un impegno concreto da parte del Governo, il contratto resterà fermo. E la responsabilità sarà tutta di chi continua a difendere un quadro economico chiaramente insufficiente.





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