Nel mio condominio siamo ai ferri corti con il General
Contractor che doveva eseguire lavori meritevoli del 110% e che
invece, per difficoltà finanziarie, ci ha mollati a metà strada.
Sono in corso trattative legali che temo sfoceranno in una causa
civile che coinvolgerà non solo la società costruttrice, ma anche i
professionisti da essa indicati. Qualcuno deve infatti rispondere
dei danni che abbiamo subito, trovandoci oggi con una palazzina
mezza fatta che vale meno di prima.
Nel frattempo, abbiamo nominato un consulente tecnico, che
ha evidenziato un elemento preoccupante: il contratto d’appalto e
il computo ad esso allegato prevedevano lavori di efficientamento
energetico (caldaie, cappotto e infissi), per un totale di circa
700 mila euro. Nell’asseverazione di cui al 1° SAL, inviata
all’ENEA nel 2022 e già oggetto di sconto in fattura, è stato però
dichiarato (con tanto di computo metrico giustificativo) un importo
totale di circa 500 mila euro, inferiore dunque a quello stimato
inizialmente e indicato nel contratto.
Visionando in dettaglio detto computo complessivo, allegato
al medesimo SAL, risulta che l’asseveratore ha espunto alcune
lavorazioni, come gli infissi, prevedendo cioè di non farli,
probabilmente per ridurre i costi, date le difficoltà finanziarie
dell’impresa. Non escludo che vi possa essere stato un accordo tra
il GC e il professionista, ma se anche fosse è privo di validità,
perchè noi condòmini non abbiamo mai autorizzato una simile
variazione.
Mi chiedo se tale difformità tra le previsioni di progetto
(e il conseguente importo lavori) e quanto ufficializzato con
l’invio del SAL ad ENEA possa essere sanata, e se l’incongruenza
possa determinare problemi qualora venga rilevata nell’ambito della
causa che purtroppo stiamo per intentare.
La risposta dell’esperto
L’asseverazione che, nell’ambito delle pratiche agevolate con
bonus edilizi, viene presentata all’ENEA, rappresenta un atto
giuridicamente molto forte, nel quale il tecnico attesta,
consapevole delle proprie responsabilità penali, la correttezza dei
dati riportati. Pertanto l’asseverazione deve essere redatta
prestando attenzione non solo agli aspetti meramente tecnici, ma
anche a quelli contrattuali, contabili, e agli equilibri delicati
che regolano l’appalto.
Ciò perché, se qualcosa in corso d’opera va storto e
l’asseverazione contiene dati inesatti, può diventare molto
difficile “chiudere il cerchio”, con conseguenze a volte
irreversibili sia per chi l’ha firmata, sia per il committente.
La questione sottoposta dal gentile lettore, particolarmente
complessa, riguarda un caso in cui i progetti iniziali, descritti
da una CILAS, prevedevano lavori che poi, in corso d’opera,
qualcuno ha deciso di variare in diminuzione.
Si tratta di una situazione che, preferibilmente, doveva essere
regolarizzata prima di presentare il SAL, che altrimenti risulta
“imperfetto”, date le incongruenze tra opere previste nei progetti
e opere dichiarate nell’attestazione a SAL.
Tuttavia, apportare varianti alla CILAS a fine lavori è lecito,
come previsto dal DL 11/2023 (art. 2-bis), e quindi difficilmente
l’amministrazione può sindacare su un credito derivante da una
pratica formalmente “viziata” da una incongruenza all’epoca del
primo SAL, purché risulti regolare a fine lavori, grazie alla
presentazione di una variante.
Ipotizzando quindi che la modifica di cui si discute non sia
tale da inficiare il raggiungimento dei requisiti indispensabili
per accedere al Superbonus (ad esempio il doppio salto di classe
energetica), tutto si risolverebbe presentando una variante alla
CILAS, con la quale i minori importi riportati nell’asseverazione a
SAL (incongruenti rispetto a quelli iniziali), trovano un riscontro
tecnico.
Nel caso dell’esempio, se all’inizio era prevista la
sostituzione degli infissi e poi si è deciso di escluderla, la
variante dovrà darne atto specificando l’inessenzialità dell’opera
per l’ottenimento del bonus, depositando una nuova relazione ex L
10/1991.
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