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Magneti Marelli presenta istanza di fallimento. A Torino in bilico 1.600 lavoratori


di
Christian Benna

Microcredito

per le aziende

 

Il colosso della componentistica (ex Fiat) era in trattativa per la vendita a un gruppo indiano

Trema l’indotto auto torinese, dove non passa giorno, ormai da mesi, senza una notizia di nuova o prolungata cassa integrazione nelle fabbriche, di chiusura di siti industriali (ieri, 11 giugno, si è fermata per sempre la Te Connectivity di Collegno), delocalizzazioni (Magna a Rivoli), vendite (Officine Vica a un gruppo cinese) o di mancata reindustrializzazione (Lear di Grugliasco). 

Fondata nel 1919

Mercoledì 11 giugno, Magneti Marelli, la principale azienda italiana di componentistica per auto, quasi 10 miliardi di ricavi, fondata nel 1919 da Giovanni Agnelli ed Ercole Marelli, un secolo nell’orbita di Fiat, e poi ceduta nel 2019 da Fca ai giapponesi di Ck e infine al fondo Usa (attuale proprietario) Kkr, ha dichiarato istanza di fallimento, il Chapter 11, secondo la normativa americana che protegge le aziende in bancarotta.




















































La specializzazione

La società specializzata in illuminazione e interni auto, che a Venaria ha due stabilimenti e un centro di ricerca, quasi 1.600 addetti ( su 6.000 i lavoratori italiani), è gravata da oltre 4 miliardi di debiti e da tempo era in trattativa (con gli indiani di Motherson) per un nuovo passaggio di mano. 

Conto e carta

difficile da pignorare

 

La procedura di vendita

Mercoledì 11 giugno è stata presentata ufficialmente l’istanza di fallimento al Tribunale del Delaware. Il Chapter 11 permetterà comunque all’azienda di recuperare ossigeno nei giorni della grande crisi dell’auto. Infatti L’80% dei finanziatori della società ha firmato l’accordo di ristrutturazione del debito, che consentirà a Marelli di rafforzare la posizione di liquidità. E con ogni probabilità si potrà riavviare la procedura di vendita dal fondo Kkr a un nuovo gruppo industriali. 

I sindacati

I sindacati sono sul chi va là in attesa che si proceda con il cambio di proprietà. Soprattutto a Torino. «L’avvio della procedura fallimentare era un passaggio obbligato per la ristrutturazione del debito — spiega Enrico Dettori della Fim Cisl —. Ora vogliamo capire quale sarà l’evoluzione dell’azienda. Nonostante la crisi dell’auto, Marelli in Italia è un’azienda sana e innovativa. Va tutelata». 

Confronto con l’azienda

Oggi le parti sociali apriranno un tavolo con i vertici dell’azienda. E il 19 giugno è previsto un incontro al Mimit. Il timore è che un nuovo cambio di proprietà non protegga le eccellenze oggi presenti nei territorio. Oltre ai due stabilimenti di Venaria, Torino ospita il centro di ricerca e sviluppo del gruppo, che è sempre stato il faro dell’innovazione del più grande produttore di componentistica italiano. Magneti ha sofferto la crisi di Nissan di cui è il principale fornitore. Tuttavia, secondo Toni Inserra, della Fiom Cgil, il problema di Torino resta Stellantis. 

«La crisi dell’indotto è legata all’ex Fiat. Finché non si capirà il ruolo di Stellantis in Italia e in Piemonte, difficilmente la filiera potrà tornare a prosperare». E aggiunge: «Siamo preoccupati, e non solo per 1.600 lavoratori torinesi di Marelli. Il settore sta andando fuori strada».  
In un comunicato congiunto Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr, si sono rivolti al governo: «Abbiamo chiesto e ottenuto dall’azienda, come sindacato, un incontro urgente. Riteniamo però molto importante, anzi fondamentale, l’apertura di un tavolo di confronto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, al quale abbiamo già formalmente chiesto di attivarsi per seguire da vicino la vicenda».

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12 giugno 2025 ( modifica il 12 giugno 2025 | 07:37)

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