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sindacati schierati, tra pragmatismo, riserve e richieste di garanzie


Nel giorno in cui la politica si divide per celebrare l’intesa firmata al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per il rilancio di Acciai Speciali Terni, le sigle sindacali più politicamente connotate si posizionano con sfumature e nuances diverse nel giudizio sull’Accordo di programma.
Da una parte l’UGL, storicamente vicina al centrodestra, saluta l’intesa come un passaggio strategico per il polo siderurgico umbro, grazie all’impegno del governo Meloni che ha voluto e firmato l’intesa. Dall’altra la Cgil, collocata a sinistra, che riconosce il valore dell’accordo ma sottolinea limiti strutturali e di metodo, con il coinvolgimento sindacale solo nell’ultima fase e con un risultato più modesto rispetto agli annunci. 
Su una posizione più “barricadera” l’USB, che rimarca il ruolo determinante delle lotte operaie e mette in guardia sul concreto rispetto degli impegni assunti, soprattutto sulla sicurezza sul lavoro.

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UGL: “Punto di svolta per la riconversione industriale e ambientale”

Per l’UGL di Terni, rappresentata dal segretario provinciale con delega alla siderurgia nazionale Daniele Francescangeli e dal coordinatore AST Antonello Martoni, l’Accordo di programma segna “un passaggio cruciale nel percorso condiviso di riconversione industriale e messa in sicurezza ambientale del polo siderurgico umbro”.

L’intesa, sottolineano i dirigenti sindacali, si fonda sul piano industriale presentato da Arvedi ai sindacati il 2 maggio scorso: “Un piano che prevede un investimento di 557 milioni da attuare entro il 2028, con una seconda fase da 573 milioni subordinata all’andamento del mercato”. Centrale, in questa visione, è il ruolo del MIMIT per il sindacato di centrodestra che “supporterà l’investimento tramite il contratto di sviluppo per Tutela Ambientale, con un’agevolazione richiesta pari a 96,5 milioni di euro, attualmente all’esame di Invitalia”.

Dal punto di vista ambientale, l’accordo “include impegni concreti per la riduzione delle emissioni e la messa in sicurezza del sito, con un coinvolgimento diretto del Comune di Terni”. Importante anche l’impegno della Regione Umbria “nel favorire l’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili attraverso le grandi derivazioni idroelettriche, con impatti positivi sui costi e sulla sostenibilità”.

L’UGL rileva infine “garanzie occupazionali per il mantenimento degli organici, la possibile stabilizzazione dei lavoratori somministrati e l’avvio di percorsi di formazione e riqualificazione professionale”. Per monitorare l’attuazione dell’accordo – Francescangeli e Martoni ricordano – è previsto un comitato esecutivo presso il MIMIT.

CGIL: “Tappa importante, ma servono nuove garanzie per lavoro e sviluppo”

Differente, più articolato e critico, il giudizio della CGIL di Terni, affidato alle parole del segretario generale Claudio Cipolla. “C’è ancora molto da fare – esordisce – l’accordo non soddisfa appieno le aspettative nate dagli annunci iniziali”.

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La critica della CGIL si concentra su due fronti: il metodo e i contenuti. “I sindacati – spiega Cipolla sono stati coinvolti solo nella fase finale e a titolo informativo, senza possibilità di incidere su un patto territoriale più ampio”.

Il segretario sottolinea come “non siano state fornite soluzioni concrete su nodi fondamentali come le infrastrutture e i costi energetici, ma solo impegni generici”. Nonostante ciò, la CGIL riconosce l’importanza degli investimenti su sostenibilità e ambiente: “Positivo è il focus sull’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni, così come la volontà di rendere la fabbrica più compatibile con il territorio”.

Ma le ombre non mancano. “Non c’è ancora un vero piano di sviluppo. Le progettualità più significative sono rinviate al 2029 e condizionate da dinamiche di mercato ancora incerte”.
Per la CGIL l’intesa rappresenta comunque “una tappa importante che apre un nuovo capitolo”: quello della “concreta attuazione del piano industriale, della centralità del lavoro, della stabilizzazione degli occupati e del rafforzamento del tessuto produttivo locale”.

Cipolla conclude con un appello alla responsabilità dell’azienda: “AST dovrà misurarsi sul serio con un nuovo modello di relazioni sindacali, riconoscendo il ruolo dei lavoratori nei processi di sviluppo”.

USB: “Accordo figlio delle lotte, ora vigilanza su investimenti, sicurezza e bonifiche”

L’Unione Sindacale di Base, il sindacato che si colloca fuori dagli schemi dei due schieramenti maggioritari, con un approccio di sinistra-sinistra, si mette in posizione di attesa e verifica. “L’accordo di programma è stato illustrato nei suoi capisaldi, ma prima di un giudizio complessivo attendiamo il testo integrale”, spiega la sigla in una nota.

Per l’USB, è evidente che l’intesa rappresenta il risultato di tre anni di mobilitazione del territorio e dei lavoratori, con costi sociali e ambientali rilevanti. “Il piano da oltre un miliardo, diviso in due fasi, prevede interventi sulla decarbonizzazione, riqualificazione degli impianti e abbattimento delle emissioni. Tuttavia – sottolinea il sindacato – molti punti restano condizionati da variabili di mercato e da un uso massiccio di risorse pubbliche”.

Il nodo centrale resta la verifica puntuale delle promesse: “Sarà fondamentale capire quanti fondi saranno realmente allocati, con che tempistiche saranno realizzate le bonifiche, e quali strumenti saranno attivati per la sicurezza sul lavoro, anche alla luce della tragica morte di Sandor Mendoza”.

L’USB rivendica inoltre “la necessità di tornare a parlare di contrattazione di secondo livello e di un’organizzazione del lavoro che garantisca dignità e salute”, chiedendo un ruolo attivo dello Stato, non solo da facilitatore ma da garante degli interessi collettivi: “Il bene comune non può essere delegato al solo interesse privato”.

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