Il 2025 si apre con una pressione fiscale molto pesante sui contribuenti italiani. In pochi giorni, tra il 16 e il 30 giugno, l’erario incasserà oltre 59 miliardi di euro da imprese e professionisti. Questa tornata di pagamenti segna uno dei momenti più delicati per la liquidità delle aziende, già in difficoltà a reperire risorse per far fronte alle richieste dello Stato. La situazione si complica ulteriormente a causa delle scadenze ravvicinate e della distribuzione del carico fiscale sul sistema produttivo.
La scadenza del 16 giugno e le tensioni di liquidità per le imprese
Entro lunedì 16 giugno, i titolari di impresa devono versare circa 34 miliardi di euro, una cifra che rappresenta quasi l’80% dell’incasso totale delle tasse previste per il mese. Questa somma comprende diverse voci chiave: 14,4 miliardi derivano dalle ritenute Irpef sui lavoratori dipendenti e collaboratori familiari, 13,2 miliardi arrivano dall’Iva, 5 miliardi dall’Imu e 1,3 miliardi dalle ritenute Irpef sui lavoratori autonomi. Sebbene gran parte di queste somme siano pagate dalle imprese come sostituti d’imposta o su fondi già incassati, il vero problema è la liquidità.
Le imprese devono mettere in campo subito queste risorse, nonostante i ritardi nei pagamenti tra aziende private aumentino e le banche riluttino a concedere nuovi finanziamenti, soprattutto alle piccole realtà. Il rischio è che molte attività si trovino in difficoltà nel mantenere il proprio equilibrio finanziario, mentre lo Stato attende puntuale i versamenti senza margini di ritardo. Il ruolo dell’impresa si conferma così cruciale: oltre a produrre e vendere, deve garantire il flusso immediato di denaro per coprire le obbligazioni fiscali e contributive.
Scadenze del 30 giugno e alcune novità sui rinvii fiscali
A poca distanza dal 16, c’è un’altra scadenza pesante il 30 giugno, considerata da sempre tra le più difficili dell’anno. Nella stessa giornata arriveranno altri 17 miliardi di euro, frutto dei versamenti di Ires , Irap , Irpef e addizionali regionali e comunali Irpef . Il governo ha deciso di rinviare al 21 luglio senza maggiorazioni il pagamento di alcune imposte per i contribuenti forfetari e per le partite Iva sottoposte agli Indici di Affidabilità, ma questo non alleggerisce troppo la pressione fiscale complessiva del mese.
Queste due scadenze insieme porteranno nelle casse statali quasi 60 miliardi entro fine giugno, una cifra enorme che pesa sul sistema produttivo, specie sulle micro e piccole imprese. L’urgenza di disporre subito di questi capitali mette in luce le difficoltà di chi deve fare i conti con i ritardi nei pagamenti o con condizioni di credito restrittive da parte degli istituti bancari. L’appuntamento di giugno racconta così un quadro di forte tensione fatta di numeri, scadenze e liquidità in bilico.
La pressione fiscale in italia rispetto all’europa e le difficoltà nelle procedure
Il 2025 conferma che l’Italia si posiziona tra i paesi europei con il carico fiscale più alto. Nel 2024 la pressione fiscale si è attestata al 42,6% del Pil, dietro solo a paesi come Danimarca, Francia, Belgio, Austria e Lussemburgo. I principali competitor commerciali europei restano comunque più bassi: Germania al 40,8%, Spagna al 37,2%. La media europea si ferma intorno al 40,4%. Questi dati pongono l’Italia in una condizione di particolare gravosità fiscale.
A questo si aggiunge la complessità amministrativa nel pagare le tasse che pesa molto sui contribuenti, in particolare sulle imprese. La Banca mondiale rileva che in Italia una media impresa con circa 60 addetti impiega mediamente 30 giorni l’anno per compilare tutte le dichiarazioni fiscali, con 238 ore spese tra raccolta dati, compilazione e pagamento. Il confronto con altri paesi europei è netto: in Francia bastano 17 giorni, in Spagna 18, in Germania 27. La maggior parte delle imprese italiane deve fronteggiare una burocrazia faticosa e lunga, con effetti diretti sulla gestione delle risorse e sull’organizzazione interna.
Evasione fiscale e recupero di somme
Lotta all’evasione fiscale: nel 2024 l’Agenzia delle Entrate ha portato a casa un risultato da record, recuperando 33,4 miliardi di euro. Il ministro dell’Economia ha segnalato che nel 2021 l’evasione è scesa a 82,4 miliardi, rispetto ai 108,4 del 2017. Di questi, circa 72 miliardi riguardano tasse non pagate, mentre 10,4 miliardi si riferiscono a contributi previdenziali evasi.
Le misure di controllo come la fatturazione elettronica, lo split payment e l’invio telematico dei corrispettivi hanno reso più difficile sottrarsi al fisco. Questo ha portato alcuni evasori, gruppi storici e professionisti delle frodi, a regolarizzare la propria posizione. I dati mostrano un miglioramento, ma il lavoro resta impegnativo. Per ottimizzare ulteriormente i controlli si punta a sfruttare i sistemi informativi capaci di identificare le frodi più rischiose, tra cui l’uso improprio di crediti inesistenti, la falsa residenza fiscale e l’occultamento di patrimoni all’estero.
Distribuzione territoriale dell’evasione e differenze regionali
Se si guarda al territorio, la Lombardia registra la maggiore evasione in valore assoluto con 13,6 miliardi di euro, seguita da Lazio e Campania . Tuttavia, il confronto per abitante racconta una storia diversa. La Calabria, con il 20,4% di evasione sul gettito potenziale, è la regione con il tasso più alto, seguita da Campania , Puglia e Sicilia .
Il territorio più rispettoso delle norme sembrerebbe la Provincia Autonoma di Bolzano, con un tasso di evasione dell’8,6%, meno della metà della media nazionale che si attesta al 12,5%. Queste differenze fanno emergere zone del Paese dove la responsabilità fiscale è più sentita e altre in cui rimangono criticità importanti per le Finanze pubbliche. L’attenzione rimane alta sui controlli specifici e mirati per limitare i danni di fenomeni come l’evasione contributiva e fiscale.
Il contesto con cui imprese e cittadini si confrontano in queste settimane riflette un sistema fiscale che pesa molto sul tessuto economico nazionale e su quello delle regioni più fragili. L’equilibrio tra riscossione e supporto economico resta tema centrale per le prossime sfide dell’Italia.
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