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DISPERSIONE & ABBANDONO SCOLASTICO/ Oltre il Pnrr, le azioni da fare per non perdere altri ragazzi


A fine anno scolastico le agenzie ministeriali Invalsi e Indire tracciano giustamente una fotografia dei giovani italiani iscritti negli istituti del nostro Paese e il risultato è ogni anno più preoccupante. Abbandono e dispersione sono una malattia che attraversa tutto lo stivale, pur essendo scesi al 9,8%, avvicinandosi alla media europea del 9% che dobbiamo raggiungere entro il 2030.

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L’anagrafe scolastica ci dice che nella scuola superiore di primo grado il tasso di abbandono è dello 0,42%, nella superiore di secondo grado sale al 2,88 % e nel passaggio tra cicli è del 0,70%. Sono gli istituti professionali che denunciano la perdita più alta (5,3%), seguiti dai tecnici (3,7%) e dai licei (1,3%).



Sono Calabria, Sicilia, Sardegna e Campania le regioni più in sofferenza e per quanto riguarda la dispersione sono purtroppo ancora troppi i giovani studenti che pur ottenendo il diploma non raggiungono i livelli minimi di competenze di base e li perdiamo di vista: non sono occupati, né iscritti all’università perché non raggiungono il livello di base delle prove di italiano, matematica e inglese.

Non è una questione di numero di studenti che frequentano classi di 20 o più alunni, anche in classi meno numerose gli studenti hanno difficoltà e sono le città del Nord dove vi sono le maggiori difficoltà di apprendimento, come Milano e Torino, dove gli abbandoni sono tre volte le medie regionali e vi è un collegamento disastroso tra gli studenti stranieri, i prezzi delle abitazioni e il costo della vita che incidono moltissimo.

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Sicuramente l’inverno demografico è una causa inarrestabile del crollo degli iscritti dall’infanzia che porta poi alla chiusura degli istituti, con effetti economici e sociali comparativamente evidenti nell’andamento storico: nel 2015-16 gli studenti iscritti erano 7 .056.90, ora sono 6.609.919 e dunque ne abbiamo in meno 446.871; gli studenti italiani calano del 8,8% e i coetanei stranieri del 19,1%; nelle scuole dell’infanzia calano del 14,4% e nella primaria del 13,5%.

Tiene l’iscrizione nella fascia della scuola secondaria con aumento di italiani e stranieri. Diminuiscono le sedi scolastiche in maggioranza al Sud, e ovunque i circoli didattici. Dunque, abbiamo una molteplicità di questioni da affrontare che fanno a capo soprattutto alla povertà educativa esplosa ultimamente e sempre più in aumento.

Così con i fondi del Pnrr almeno 20.000 minori fino a 17 anni riceveranno un sostegno educativo. I progetti si concentrano sui seguenti settori: interventi per bambini da zero a sei anni volti a rafforzare le condizioni di accesso ai servizi di asilo nido e materno e a sostenere la genitorialità; interventi per bambini dai cinque ai dieci anni volti a garantire efficaci opportunità educative e prevenzione precoce dell’abbandono scolastico, del bullismo e di altri fenomeni di disagio; interventi per bambini di età compresa tra gli 11 e i 17 anni che mirano a migliorare l’offerta di istruzione e prevenire il fenomeno dell’abbandono scolastico precoce.

Gli avvisi pubblici ammontano a 50.000.000 di euro ciascuno, i progetti relativi agli enti del Terzo settore durano almeno un anno e fino a due. Le azioni si svolgeranno nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ma anche al Nord.

Bisogna promuovere l’allargamento di responsabilità pedagogica all’intera comunità territoriale, nei confronti di quei soggetti che vi appartengono e a vario titolo svolgono compiti educativi. Questo si trasforma nella promozione di un modello di learnfare sociale fondato sul diritto all’apprendimento. Ed è vero anche che i contenuti didattici non sono adeguati alle nuove sfide che ci troviamo ad affrontare e per primi gli insegnanti soprattutto di medie inferiori e superiori devono aggiornare le loro competenze, perché diversamente se non sanno trasmettere nuovi insegnamenti non riescono nemmeno d interessare i ragazzi che poi come vediamo lasciano i percorsi formativi intrapresi.

Un esempio per tutti. Gli Istituti professionali sono scuole di istruzione secondaria superiore che offrono una preparazione tecnica e professionale, con l’obiettivo di formare studenti per l’ingresso nel mondo del lavoro o per proseguire gli studi universitari. La durata del corso è di 5 anni e si concludono con il diploma di istruzione superiore. Ma insegnano i profili professionali che le aziende cercano?

Le fondazioni ITS Academy sono istituti ad alta specializzazione tecnologica, realizzati nel modello di “Fondazione di partecipazione”, che si occupano di formazione terziaria professionalizzante non accademica. Queste fondazioni, gestite da scuole, enti di formazione, università e imprese, offrono percorsi di studio che si concentrano sulle esigenze del mercato del lavoro in aree tecnologiche strategiche. Ne abbiamo sul territorio un numero adeguato?

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